Interview with Efrem Colombi

Title

Interview with Efrem Colombi

Description

Efrem Colombi recalls his care-free childhood, initially in the Bergamo countryside and then in Milan. Emphasises his life-long radical anti-Clericalism and recounts how he ran away several times from Catholic boarding schools because of his rebellious attitude. Mentions some bombings from which he escaped unharmed and recalls the 20 October 1944 Milan bombing, describing its effects on the Gorla and Precotto neighbourhoods. Recollects aircraft suddenly appearing on a surprisingly crisp day; his primary school was destroyed; he and his friends arriving out of curiosity among scenes of devastation, the appalling sight of a body being pulled out from debris, and hundreds of white coffins at the funeral. Recalls anecdotes of the Milan working class in the 1940s and describes wartime episodes: a hand grenade found in the Martesana canal that exploded close to barracks; his Jewish name prompting anti-Semitism; life at a holiday summer camp and as an evacuee; his mother throwing away his junior fascist uniform after the collapse of the regime; daily life in a ‘Casa di ringhiera’ (tenement with communal balconies); coming back home on an American tank at the end the war. Stresses the importance of family; gives an account of how his mother remarried when his father was declared missing in action, only to reappear after the end of the war; recounts anecdotes about friends and relatives. Curses allied air forces because they never apologised, but sympathises with aircrew, being too young to be aware of the consequences of their action. Links his strong atheist stance with the sight of young, innocent victims.

Creator

Date

2017-02-28

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01:17:45 audio recording

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Contributor

Identifier

AColombiE170228

Transcription

ZG: E' partito?
EP: Aspetta.
ZG: L’intervista è condotta per l’ International Bomber Command Centre. L’intervistatore è Zeno Gaiaschi, l’intervistato è Efrem Colombi, e nella stanza è presente Erica Picco come assistente di Zeno Gaiaschi. L’intervista è in [omitted] a Milano ed è il 28 febbraio 2017. Va bene possiamo cominciare. Allora innanzitutto le faccio, qual è il ricordo più più remoto che ha?
EC: Il più remoto ricordo che ho della guerra è l’unica volta che ho visto mio padre in divisa eeeh dell’esercito italiano in Africa, con il cappello rigido e il capello rigido che mi portava sulle spalle in giro per Gorla no? A fare, perché erano stati mandati in licenza, no? E quello è il ricordo più, più vecchio che ho, della guerra intendiamoci. Eeeh da lì poi dopo mio padre praticamente è scomparso dalla mia vita, perché ha fatto tutto il periodo di guerra, dall’ dall’, è iniziata nel ’29 no la guerra no? ’29 è rientrato che era il ’48, ’48 – ’49, non me lo ricordo perfettamente, eeeh ed è deceduto nel ’53, quello son sicuro perché. Quello è il ricordo più vecchio che ho del periodo di guerra.
ZG: E invece il ricordo più vecchio che ha prima della guerra?
EC: Ah prima della guerra i ricordi più belli sono quando mi trasferivo eeeh a Caravaggio, paese d’origine di mia madre, no? E vivevo in campagna con gli altri bambini, no? E non so, andavo con mio zio a raccogliere il fieno, a raccogliere il grano quando tagliavano il grano perché era una grande cascina no? Eeeh mi ricordo che la mattina la prima cosa che facevo mettevo la testa nel bidone del latte, bevevo il latte fresco appena munto, e cose del genere, queste cose che fanno i bambini piccoli no? Poi c’era una piccola roggia vicino alla cascina dove abitavamo, andavamo sempre d’estate a fare il bagno e via discorrendo. Mentre un’altra cosa che ricordo perfettamente, questo invece a Milano no? In piazza, eeeh si chiamava piazza della Repubblica, la piazza dei piccoli alberi, eeeh dei Piccoli Martiri no? E c’era una fontanella, una vedova, noi la chiamavamo vedova, no? Che d’inverno faceva ghiaccio perché acqua usciva l’acqua no? E noi ci divertivamo prima di andare a scuola a far la scarnighetta diseven, dicevano a Milano no? A fare la scivolatina e qualche volta andavamo in classe col col, col sedere bagnato [laughs] cose del genere, insomma le uniche cose che che si potevano fare. Poi il nostro gioco preferito era, io lo posso dire in milanese ‘el giug de la rela’ cioè c’era un, un pezzo di legno fatto a oliva smussata, no? E con un bastone la dovevi battere, una specie di di, lo sport americano, il baseball, no? Solo che non era una palla che veniva lanciata, eravamo noi che la facevamo saltare, e la colpivi, colpivi il legno, legno con legno e volate, gli altri dovevano stare attenti perché se lo beccavano in faccia erano, beh giochi fatti da noi no? E quindi quelli lì son ricordi che non puoi non, non puoi dimenticare insomma perché la la l’infanzia è stato il più bel periodo della mia vita sino a, alla quarta elementare, quando mia mamma dalla storia dei bombardamenti così mi ha mandato in collegio, e lì è stata la mia rovina. Perché erano collegi clericali e io son tutt’altra parte adesso [laughs], son di tutt’altra parte, ma tutt’altra, tutt’altra proprio perché ho vissuto, io c’ho un carattere molto forte, so sono un ribelle, sono in quei casi lì molto ribelle no? E ho fatto tre fughe dal collegio, collegio era a Treviglio e venivo a Milano a piedi, da Treviglio a Milano un bambino di quarta, quinta elementare ve lo immaginate voi a fare quaranta chilometri a piedi poi venire a casa, mia mamma mi menava e mi riportava indietro no? Mi picchiava e mi portava indietro. E quindi sono proprio eeeh storie di vita che non te le puoi dimenticare, perché sono cose che veramente mi hanno segnato la vita. Io ritengo di essere una persona molto fortunata perché mi sono salvato dal bombardamento di Milano di via, di via Curtatone al numero 11, l’unica casa che han colpito era la casa dove abitavamo noi. Che noi, i bambini, io e mio fratello maggiore che è morto purtroppo, no? Eravamo a Lignano Sabbiadoro perché mia mamma ci aveva mandato via col suo secondo marito no? Eravamo a Lignano Sabbiadoro e indovina dov’è caduta la bomba? Nella nostra camera da letto, è scesa come quella della scuola fino in fondo e ha bruciato il negozio di mia madre, quindi se eravamo poveri in canna proprio, non avevamo più niente. E siamo ritornati a vivere a, in via Luigi Bertelli dove viveva mia nonna e mio zio e quindi per tutta la casa siamo andati lì poi mia madre ha fatto tutte le sue cose e ci siamo trasferiti in via Livraghi che è qua la vedete qui di fronte, ed è da lì che io ho visto il, i cento e rotti aerei che passavano per andare a bombardare, e la prima bomba è caduta a centocinquanta metri da noi, tanto è vero che io ho urlato a mio padre ‘Spostati!’ perché il, lo spostamento d’aria aveva gonfiato la cler del negozio di mia madre no? Sembrava una un palazzo incinta, no la glag [?], per lo spostamento d’aria no? E mio fratello minore che purtroppo anche lui è morto, era in fasce in quel periodo no? E si è salvato perché mio padre spostandosi così ha gonfiato la cler ma lui no invece lui si è salvato. Perché noi eravamo tutti sdraiati per terra in un fossetto che c’era lì, lì c’erano tutte campagne no? C’era la Brera di là, la Pirelli di là, qui c’era la ferrovia che venivano a mitragliare le locomotive ma poi in giro c’erano tutti prati. L’unico prato un po’ usato era lì all’angolo di via Fortezza che c’erano due mitragliere tedesche antiaeree, qui passavano a diecimila metri, e una mitragliera eeeh o due italiane no che comunque non han mai, non han mai fatto disastri, non han mai colpito nessuno perché quelli passavano se ne andavano, bombardavano e andavano, questo è.
ZG: Eeeh faccio un passo indietro e torniamo un attimo ancora prima della guerra, allora innanzitutto una precisazione: piazza dei Piccoli Martiri prima si chiamava piazza della Repubblica?
EC: Della Repubblica, sì.
ZG: Ah non lo sapevo, eh i suoi genitori quindi che lavoro facevano? Suo padre che cosa faceva prima di partire per il fronte?
EC: Allora mio padre, quando ho saputo io, penso che abbia, faceva il muratore almeno lui si è dichiarato muratore, perché dopo le racconto anche perché so che si è dichiarato muratore. Mia madre lavorava alla Pirelli, nel reparto, so anche il reparto: reparto impermeabili.
ZG: Ehm però ha detto che poi sua madre aveva un negozio giusto?
EC: Sì poi mia madre eeeh si è licenziata, si è liquidata, no? E ha aperto un negozio di, di una posteria in via Livraghi al numero 6. Poi eeeh questa dopo il bombardamento del ’43, perché prima avevano un negozio in via Curtatone al numero 11. Dopo da lì la guerra ha bombardato, mia madre è riuscita a ristabilire la sua finanza credo perché una volta con cento euro, centomila lire compravi una casa, intendiamoci. Quindi lei era molto brava nel suo lavoro, poi qui c’era vede dove qui, tutto qua era tutto distrutto. Qui c’era una fabbrica, la Mezzena e quella là era la famosa Jucker non so se avete sentito parlare di Jucker, no eh? Eeeh questa qua l’han demolita per fare una abitazione e poi son falliti. Eeeh tutti gli operai alla mattina non c’erano le mense, passavano da mia madre a prendere il panino, la il gorgonzola, la e la bologna e mangiavano quello no? Magari si portavano la mezza bottiglietta di vino roba del genere e durante l’intervallo, ecco perché mia madre ha sempre lavorato molto, perché qua c’erano un sacco di attività, c’erano i, stabilimenti questi qua che lavoravano l’acciaio era già un’azienda molto importante no? La Jucker era una un’azienda di elettrotermica non so eeeh, poi c’era la, c’era anche l’Antoni che costruiva frigoriferi che adesso diventata una potenza a livello mondiale in fatto di refrigerazione industriale no? Eeeh ed erano ragazzi che giocavano con me in via Livraghi, i figli no? Quindi eeeh era un periodo molto attivo, poi dopo io mi sono perso tante, tanti passaggi, perché appunto alla la quarta elementare mi, ero a Bisuschio Viggiù da lì non potevo fuggire perché ero praticamente in montagna in, non voglio dire in fondo al mondo, io dicevo un’altra parola no? Eeeh e da lì sono riuscito a venire via perché un fratello di mia madre che è quello che vede là, in quella fotografia là, che era un uomo di due metri, una persona d’oro, no? È venuto su a trovarmi eeeh qua stava a visita eeeh domenicale era vicino Varese no? Arrivavano col treno no? E mi ha visto molto amareggiato mi ha detto ‘Ma cosa c’hai nini?’ ‘Eh io guarda qua non sto bene poi quel prete lì, quel quel prete lì mi ha picchiato’. Non glielo avessi mai detto, non glielo avessi mai detto. Dice ‘Ma perché ti ha picchiato?’ gli ho detto ‘Guarda eravamo fuori a fare la passeggiata con gli altri bambini no?’ perché ogni tanto si esce dal, e dovevi stare in fila, non potevi uscire dalla fila no? Era estate, era caldo, io avevo una sete de, boia, ho visto una fontanella, un bambino cosa fa? Vede una fontanella e va là a bere no? No, io non potevo uscire dalla fila, mi han dato una pedata nel sedere che se non mi ha spaccato a metà era proprio. Beh mio zio l’ha preso e l’ha attaccato al muro, gli ha detto ‘Mio figlio, mio nipote viene via da qua ma io a te’ non so cosa gli avrebbe fatto perché l’aveva attaccato al muro così eh, era un uomo di una forza terrificante, veniva da una famiglia contadina, non ce n’è di balle. E quindi siamo venuti a Milano, mia madre disperata mi ha portato a Treviglio dai Salesiani. Salesiani, un’altra categoria, dal padre Beccaro dov’ero, no? Era un’altra categoria ma lì era anche lì, con un carattere come il mio non puoi adattarti a fare quello che dicono loro, cioè io cantavo e praticamente eeeh ero sempre impegnato ai canti di Chiesa, no? Quindi io so tutte le litanie, so tutte, mia moglie ogni tanto si incazza perché magari ti vengono i ritornelli no? E maga alla mattina sono allegro in doccia eeh, mi metto a cantare e mi dice ‘Ma no!’ [laughs]. Insomma sono cose, sono cose che succedono a noi a noi, a noi esseri umani noi cristiani, a noi esseri umani. Eh va beh e da lì eeeh non stiamo parlando della guerra, stiamo parlando della mia vita, allora lì io praticamente andavo sempre a giocare con i liceali. Ero in, in quinta elementare, dovevo fare l’esame d’ammissione per la prima media, no? Eeeh io con gli altri bambini non riuscivo a giocare perché erano tutti dei bigotti e fai, perché quello lì era non un collegio normale, era un, aspetta mi deve venire il nome, non quello che dico io, dove formano i preti, io lo chiamo pretificio lo chiamavo [laughs] eh non so come si chiama, sì so il nome ma adesso non mi viene spontaneo dirlo no? E quindi io non non riuscivo a parlare, a giocare con i miei coetanei no? E giocavo con quelli leggermente più grandi o di terza media o di liceo, addirittura liceo no? E mi ricordo che si giocava a ‘Palla a avvelenata’ no? Una palla, una specie di palla da tennis e tu devi scegliere uno e colpirlo da lontano no? E quindi erano botte tremende perché quelli là erano più grandi ma io ero più svelto da scappare no? Ed ero io che fregavo loro, no per dire no? E quindi mi divertivo da morire no? Eeeh però in classe eeeh praticamente io sono uscito dai collegi non voglio dire semi analfabeta ma quasi, perché io ero solo e sempre in, in sala cante, eeeh cantorum a cantare appunto, ho cantato in duomo, anche mio fratello minore, cantato, cantavamo in duomo, abbiamo cantato in tutte le chiese di Milano quando ero in collegio qua a Milano e quindi vi lascio immaginare, no? Poi un carattere come il mio che appena gli dai un po’ di libertà cominciava ad andare dove, dove poteva andare, dove voleva andare, ho finito le scuole alla sera a Milano, quando sono andato in, in libertà definitiva, eeeh e da lì, no? Sono scappato tre volte, due volte mi han tenuto, la terza volta a mia madre gli han detto ‘No guardi suo figlio non va bene per noi, se lo porti da un’altra parte’ no? E mi ricordo, lo sai cosa gli ho detto? Non so se si può dire. Siccome questo qua era è monsignor, no non era monsignor Bicchierai era un altro. Beh era un prete di quelli che contavano no? Perché i salesiani sono sempre che contavano no? E gli ho detto ‘Perché suo figlio diventerà una persona molto cattiva e un bestemmiatore’ un bestemmiatore mi ha detto. Allora io l’ho guardato in faccia e ci ho detto, eeeh non chiamavo i preti ‘padre’ io, massimo ‘reverendo’ no? ‘Reverendo si ricordi che i primi a essere presi a pedate, a pedate nel culo (perché a me mi davano le pedate nel culo) quando andrete su sarete voi, non noi, voi!’. Poi dopo io non credevo però mia madre, mia madre se poteva si sarebbe dileguata no? Allora eeeh questi qua mi han dato l’immaginetta no? E mi han portato via. Mi han portato via e sono andato nel, al san Gaetano di via Mac Mahon, c’è ancora, anche quello lì, va beh lasciamo perdere. Eeeh però li ho finito le commerciali perché dalle medie mi hanno portato, che ho perso l’anno, mi hanno portato da un altro collegio, che non c’erano le medie, c’erano le commerciali no? E quindi ho finito lì i tre anni di commerciali pur avendo perso un anno.
ZG: Eeeh senta invece, lei si ricorda di quando è scoppiata la guerra?
EC: Io ho sentito il discorso di Mussolini ‘Italiani! L’ora delle’ le parole non me le ricordo perché io non sono fascista, sono di tutt’altro stampo. Però hai visto che ero vestito da figlio della lupa no? Quello era un, un obbligo che avevi, poi avevo il padre che era militare, era le, le uniche cose che facevano il partito fascista, era quello di tirare i giovani verso di loro no? E quindi ti facevano fare le marce, ti portavano a fare le gite, no? Io non ho fatto in tempo a fare tutte quelle cose lì però alcune cose all’inizio, tipo premilitare, no? Ti dicevano come era il moschetto, com’era il fucile eeeh ma più di tanto non potevi, insomma sette anni, sei anni sei sette anni, otto anni, dopo invece quando cominci a essere più grande lì già la famiglia di mia madre, di mia nonna erano tutti socialisti tanto è vero che son dovuti eeeh andare via dal paese perché avevano avuto problemi con, con i fascisti dell’epoca no? E siccome questi qua erano uomini belli robusti, no? Questi menavano non c’è niente da fare no, e allora ha dovuto andare via se no magari, non dico che facevano la fine dei fratelli Cervi però erano dunque, nove, sette maschi e due femmine, sette maschi due metri lui è stato campione d’Italia di sci, era era un vero atleta no mio zio, no? Poi facevano canottaggio, ecco lì c’è il mio secondo padre anche no, poi c’è stato mio zio paterno che è stato addirittura campione europeo di canottaggio. Quindi lì c’era gente che faceva ginnastica perché c’era questa famosa Canottieri no, questa, e dove veniva, era un dopolavoro della Magneti Marelli adesso qua è in disarmo qui era il dopolavoro della Magneti Marelli, questi qui erano pieni di barche e se tu vedi le fotografie no? Vedi che vanno in barca no, eeeh quindi ripeto, la vita finché l’ho fatta in questo borgo, è stata la più bella cosa che potevo fare io, per il resto.
ZG: Il discorso di Mussolini come lo aveva sentito, via radio?
EC: No l’ho sentito, credo di averlo sentito in piazza del duomo, forse eh non son sicuro, però noi noi la radio, sì l’avevamo, l’avevamo già noi la radio no? Perché dopo mi ricordo sentivo radio Londra, su perché io abitavo in via Livraghi al 6 era al secondo piano su in alto no lì? Era una strada in terra battuta non è che passasse molta gente, no? Passavano i i fascisti, a quelli lì tipo metronotte loro, no? A far spegnere le luci per i bombardamenti e quindi non me lo ricordo perfettamente, ma poi l’ho visto tante volte sul computer, ti dirò, so quello no? Sulle scene che faceva lui lo sapevo eeeh, ‘Libro e moschetto’ me lo ricordo che l’ho visto, ma il discorso poi sai alla nostra età di bambino, me ne fregava di quello che diceva lui. Però le raccolte oceaniche c’erano eh, io le ho viste perché oltretutto facevano uscire gli operai dagli stabilimenti quando potevano, dopo quando gli operai han capito com’era l’antifona non andavano più, ma mio ricordo che il mio secondo padre Vascon [?] diceva che alla Pirelli, il capo eh li mandavano a chiamare e li mettevano e andavano con la tuta, l’abito da lavoro.
ZG: E quando era scoppiata la guerra suo papà era già, era già partito?
EC: Sì, sì, sì, sì.
ZG: Sua madre, quindi lei è rimasto solo con sua madre.
EC: Sì io mia madre, la nonna, noi abitavamo in questa, in questa casa che ti ho fatto vedere, no? In fondo, era l’ultima casa in via Lugi Bertelli al 12, no? Quindi noi avevamo l’orto, il grande orto, la pianta di noci, l’uva, l’uva americana, quella eeeh, quindi, avevamo la pompa, non l’acqua corrente, avevamo la pompa no? Sai cosa facevo io la mattina quando andavo a scuola no? Allora eh quando ero piccolo fino alla terza elementare così, uscivo e mia nonna piantava i cipollotti, io prendevo una cipolla, di quelle lì bianche no? Andavo alla pompa la lavavo e andavo a scuola mangiando la cipolla [laughs].
ZG: E fratelli o sorelle ne aveva?
EC: Eh sì. Adesso mi è rimasta solo una sorella minore però un fratello, avevo un fratello maggiore Colombi anche lui, Domenico del ’29, nato nel ’29, poi sono venuto io nel ’33 poi è venuto mio fratello Giorgio, undici anni dopo dal secondo padre Vascon e poi una sorella minore, Milena a quattro anni in meno, quindici anni di diversità da me e vive e vegeta, vive in Brianza nella sua villetta.
ZG: Quando lei abitava in via Luigi Bertelli la guerra era già scoppiata? Si ricorda?
EC: Eh sì, nel ’39, io sono, questa fotografia qua è del ’39, quella lì, vestito da da ‘figlio della lupa’, no? Qui il ‘figlio della lupa’ quanti anni avevo, quello che è ’33, sì sei sette anni, ’39. Questa è del ’39 sia questa che questa di mia nonna. Le mie donne, le donne della mia vita, una.
ZG: Però dopo via Bertelli si è trasferito, giusto?
EC: Allora da via Luigi Bertelli siamo andati in via ehm, Curtatone. È durato poco perché nel ’43 ce l’han tirata via. Poi io ero in collegio, mia mamma ha cominciato a fare i suoi movimenti quando sono venuto a Milano lì in fuga no? Sono andato da mio zio che abitava a Gorla ancora, no? Anzi anzi Villanuova si chiamava, fra Precotto e Gorla c’era una frazione che si chiamava Villanuova. E andavo da lui poi lui mi accompagnava a casa così mia mamma non mi menava no? [laughs] Eeeh e quindi da lì siamo andati, siamo venuti in via Livraghi numero 6. Poi lì la guerra è finita e ci siamo trasferiti in un’altra casa, perché io son stato sempre un po’ un nomade, no? Eeeh, vuoi sapere anche quella via lì? No, beh abbiamo cambiato lì siamo andati, eeeh poi da lì siamo andati in via Amadeo al 46 poi da via Amadeo al 46 a viale Forlanini 50/4 eeeh poi fortunatamente mi sono sposato, mi sono fermato [laughs]. Abbiam cambiato due volte noi, da via Casoretto siamo andati in via Vipacco e poi fortunatamente siamo riusciti a comprare casa, dopo una vita di lavoro.
ZG: L’episodio del ’43 è stato il primo bombardamento che lei ha vissuto?
EC: No, perché ero a Lignano Sabbiadoro io. Io il primo bombardamento che ho vissuto vero [emphasis] è stato quello del ’44 perché ero in via Livraghi che stavo giocando con i miei amici no? A mattina presto noi giocavamo no? Perché io ero in transito dovevo entrare in un altro collegio, questo qua a Milano, il Don Guanella no? E allora cosa succede, quella mattina lì erano le undici, undici meno cinque, undici e dieci non lo so: le undici no? A un certo punto fai 103 aerei li senti no? Senti il wrooom perché li senti da lontano no? Io alzo la testa e vedo il cielo coperto, una giornata di sole, di una, di una pulizia a Milano che vedevi la Grigna eeeh da da qua eh? La vedevi da via Livraghi vedevi la Grigna, perché non c’erano tutte le case che ci sono adesso no? Eeeh e da qua vedevi il monte Rosa, guardando di là perché non c’è, c’era solo la ferrovia no? E non c’erano i palazzi che ci sono adesso, c’era la Pirelli ma la Pirelli era bassa no? E quindi vedevi sino al monte Rosa, quando era, quella era una giornata che io non lo so com’è venuta fuori a ottobre no? A Milano era sempre bello comunque non c’era come adesso la, lo smog, l’aria circolava, no? Io alzo la testa e vedo questa roba qua e mentre sto guardando [pause] hanno sganciato le prime bombe e sai dove sono cadute? La prima bomba è caduta in via Pelitti, la casa è stata diroccata sino a un sette, otto anni fa dopo l’hanno l’hanno riattata no? Ma è ancora lì eh? È iniziato lì, li bombardamento no che io ha detto a mio padre ‘Spostati’ eeeh e mi ricordo la scena della trave di quella casa di campagna lì no? Perché era un cortile da contadini, qua c’era il frumento eh? Io a maggio quando andavo ad aspettare le ragazzine che uscivano dalla chiesa, che dovevano attraversavano da Precotto per venire in via Livraghi, no? C’erano i covoni a maggio, c’erano i covoni tagliati del del frumento ci nascondevamo per per saltargli addosso, giocare, eravamo bambini no? Ecco per dirti no? E quindi mi ricordo questa trave, hai presente il rallentatore no? C’era questa trave che saliva così in alto, mentre bruciava no? Saliva eh poi a un certo punto wrrrrom è andata giù. Non so, ci sono stati fra qua e Gorla quasi 600 morti compresi i bambini naturalmente. Allora cosa succede? Che le donne tutte spaventatissime no? qua e là, mia madre che non sapeva più dove andare eeeh ‘I bambini dove sono?’ no? Poi noi c’eravamo tutti no? E gli altri anche, questi qua non hanno colpito eeeh Villa San Giovanni, hanno colpito Precotto, è partito da Precotto no? Allora noi la cosa bella che abbiamo fatto noi bambini quei tre o quattro squilibrati come me no? Ci siamo messi a correre, ci siamo messi a correre verso il bombardamento, perché il bombardamento andando di là, ma poi gli aerei sono andati via e si è fermato tutto no? E allora io ho visto tutta la scena. Allora ho visto la scuola, l’asilo di Precotto bombardato e c’erano già due o tre operai fra i quali mio zio Cesare, fratello maggiore di quello lì che era il, non il capomastro me era quello che curava la manutenzione del del Paolo Pini no? Eh perché Paolo Pini era per per per non per le, i traumi, era per i malati di polmoni così, era una specie di sanatorio eh una specie no? E lì eeeh siccome le bombe hanno iniziato lì no? Hanno colpito la Fibra, che era uno stabilimento che lavorava la fibra no? La terra, la la fibra, lo l’asilo, poi ha attraversato ha preso il viale Monza che c’era il tram praticamente rovesciato in mezzo al prato perché di là c’era prato no? E anche lì ci sono stati un sacco di morti poi mi ricordo arriviamo davanti al Finzi, al, al Finzi c’era un cavallo, morto, indovina come era trafitto? Da un palo della luce, una morte deve a ver fatto quel cavallo lì no? E noi incoscienti sempre avanti no? Perché dopo mentre corravamo no? Le mamme, le nonne ti fermavano le donne ti dicevano ‘Dove andate, aaah!’ E una uno qualcuno deve aver detto che avevano colpito la scuola di Gorla, la mia scuola, allora sono andato là, e sono andato là e ho visto che praticamente c’era rimasto in piedi solo la parte eh dunque sud-est, la parte sud-est è rimasta in piedi perché ha colpito, colpendo la scala, ha portato via tutta la parte sud – ovest no? Ed è rimasta esposta e in alto c’era la classe dove io andavo, andavo a scuola e lì si vede nelle fotografie no? E poi c’erano già arrivati i, i pompieri perché c’è i pompieri erano in via no Benedetto Marcello, sì, c’avevano da fare mezzo, mezzo corso Buenos Aires, non c’era neanche una macchina in giro a quell’epoca lì, c’erano i pompieri poi c’erano quelli della UNPA lì, i militari che che non erano militari eran eeeh, che stavano scavando, poi non ti dico cosa c’era lì, mamme che urlavano eeeh perché cominciavano a tirare fuori i primi, i primi cadaveri no? Quindi ti lascio immaginare. Voi le avete mai viste quelle scene lì? Ah le avete viste: le cartelle appoggiate al comune, ah, eh.
ZG: E lei diede una mano a scavare?
EC: Eh?
ZG: Lei diede una mano a scavare?
EC: Eh io ero lì che scavavo con, perché dopo è arrivato mio zio Pino, lo zio Cesare che da lì è venuto lì, c’erano tanti, tante, tante persone che poi dopo i bambini li han cacciati, mio zio poi mi ha mandato via perché quando cominciavano a vedersi gli altri bambini morti ci hanno mandati via. Io devo averne visti uno o due, i primi uno o due non di più. Poi [coughs] la moglie di mio marito, io mio zio eh mi ha portato via, sono andato [coughs] in via Luigi Bertelli, e la casa è rimasta intatta, chi è stato danneggiato è questa qua [coughs] questa, è la Canottieri della parte di là, [coughs] di qui invece non aveva fatto nessun danno, perché era una bomba uno due bombe sole lì no [coughs], sono state sfortunati.
ZG: Vuole prendere un bicchiere d’acqua?
EC: Sì no fermati un attimo che vado a bere.
ZG: Riprendiamo l’intervista dopo la pausa.
EC: Eh. Allora, eeeh per rammentare che cosa succedeva in Italia a Milano no? L’8 settembre del ’43, mia madre viene a prendermi in collegio e mi porta a casa, e mi ricordo la scena guarda ‘na roba incredibile. In collegio avevo la divisa, no? Mio fratello maggiore era nello stesso collegio però a Varese e lui faceva il tamburino, quindi tu figurati un bambino con la divisa, era era, era la gioia più immensa che potevano avere i bambini in quell’epoca lì, no? il fascismo dava quello no? E io mi ricordo che mia madre no? Arriva in collegio, prende la mia, questo la la, questo vestitino lì da da Balilla, ‘figlio della lupa’ lo avvolge e dove lo mette? Nella buca della spazzatura. Guardi, non è una storiella: vedo mia madre che butta quella cosa e io sono sempre uno che ragionava no? Non dico niente, vengo a casa, l’8 settembre, mia madre comincia a dirmi ‘Tuo padre non c’è più, eeeh abbiamo ricevuto un telegramma no? Che è disperso e non si trova’ e io dentro di me dicevo ‘Eh mio padre, io non l’ho mai visto’ in casa mia girava sempre un sacco di giovani uomini no? Che erano amici di mio zio Pino che tremavano quelli, tipo quelli della Moto Guzzi, quattro senza, e quindi questa gente qua mi mi compensava della mancanza di mio padre no? Va beh comunque eeeh a ottobre, non so se ottobre non mi ricordo, va in secca il naviglio Martesana no? E noi ragazzini no? Furbi, andavamo dentro con la forchetta a prendere le anguille, no? Mentre invece in quel periodo lì non andavamo ad anguille, andavamo a raccogliere quello che i militari avevano buttato via no? Quindi ti trovavi il moschetto, ti trovavi la baionetta, trovavi le le, perché i soldati scappavano si facevano dare dalle donne i vestiti borghesi no? E buttavano via tutto no? Allora io davanti a questa qua, no qua non si vede, c’è un leone, dopo ve la farò vedere com’è no? C’è un leone, nell’acqua che c’è ancora, che adesso io vogli a tutti i costi andare a rompere i maroni a, al sindaco perché voglio che lo rimettano dov’era, no? Eeeh cosa succede che mio fratello maggiore che era più grande era in acqua sotto, tanto così d’acqua, tiravano su i cosi e li buttavano non so, trovavano eeeh un moschetto lo buttavano su noi poi andavamo dallo straccere, straccivendolo a darlo no? E ci dava qualche, qualche soldo no? [coughs] La mia fortuna è che avevamo fatto un corso premilitare tedesco, eeeh, mio mio fratello maggiore che era un po’ un tontolone, no? Bravissimo ma un tontolone raccoglie una bomba a mano una SRCM dopo io so come si chiama perché ho fatto il il militare. Questa bomba qua io la conoscevo perché si chiamava ‘Balilla’ però era una SRCM no? E questa bomba a mano tutta d’alluminio era rossa con un guscio di alluminio che serviva da sicura no? Quando tu staccavi questo, la lanciavi, questo si staccava e innescava la miccia no? Io sapevo che durava la, l’innesto durava non lo so quanti secondi, tre o quattro secondi, roba del genere, come mi è arrivata nelle mani, io l’ho lanciata dall’altra parte del naviglio ed è scoppiata pensa te. La Canottieri era occupata dalla Decima Mas. Cosa succede, che vengono fuori due vestiti da militare no? Che saranno stati alti uno e cinquanta con i pantaloni che toccavano terra, ragazzini proprio no? Io avevo fatto un attentato, mi prendono e mi portano dai carabinieri, mi portano dai carabinieri e i carabinieri mi conoscevano perché eran di lì, sai i carabinieri non è che sta un giorno in un posto sai ‘Cosa t’è fat nini?’ ‘Mah io niente’ e loro disen ‘No questo ha fatto un attentato alla Decima Mas’ e gli han detto ‘Ma voi siete matti!’. Purtroppo dopo l’8 settembre in, con i carabinieri c’erano anche due della SS. Cercate di immaginare cosa può essere successo in quella stanza lì. Allora io ero uno che aveva tirato una bomba a mano contro il muro che c’è qua no? Poi vi faccio vedere dove, proprio davanti alla porta di casa mia no? Scoppia la bomba questi escono mi prendono mi portano là dicendo che ho fatto un attentato. Era palese che noi non stavamo facendo così. Eeeh questi qua fanno dei eeeeh, ti fanno dire nome e cognome e io mi chiamo Efrem ed Efrem è un nome ebreo. Il tedesco che parlava italiano ha detto ‘Ma tu ebreo?’ ‘Come ebreo? Io non sono ebreo’ ‘ Tu ebreo, no ebreo’ questo qua, gli ha detto ‘No, questo lo tenete qua, fermo no?’ Arriva a casa mio zio quello che dicevo prima che mi ha salvato la vita due volte no? Che lavorava, deportato in Germania perché lui lavorava alla Caproni, al reparto aerei, l’avevano deportato in Germania a lavorare no? Ed era una persona che si faceva volere bene, soprattutto dalle donne no? Perché era un bellissimo uomo no? Eeeh questa è una storia che è venuta fuori poi non so se era tutta vera no? Sembra che lui sia riuscito a venire in licenza perché si era el la la la figlia del padrone di questo, di questa ditta, azienda s’era innamorata di lui no? E allora gli ha chiesto questo eh gli ha fatto venire, mio zio arrivava col tram a Gorla, scende, mette giù la valigia di cartone, no? Davanti c’è il tabaccaio dove loro andavano a giocare a carte così no e dicono ‘Peppino, Peppoun guarda che il tu neut el nini a l’è andè dai carabiner’ ‘ Cus’è?’ ‘E l’han purtà via’. Allora mio zio cosa fa, prende, va dai carabinieri, i carabinieri lo conoscono ‘Uei Cerrotti cosa c’è?’ ‘Dov’è il me neut?’ e io lì seduto dentro ‘Eh ma perché l’è lì? Perché va no a ca, sa l’ha fat’. Allora lui gli spiega cosa ha fatto no? Ma non aveva visto lui i tedeschi dietro, mio zio no? Eeeh a un certo punto ha detto ‘Eeeh maresciallo!’ non so se era maresciallo o ‘No no il me neut al port via’ [unclear] no perché i tedesch, quali tedesch?’ Si gira e vede questi due qua. Allora gli ha detto due o tre parole in tedesco perché lui lavorando in Germania ha detto no? ‘Io adesso porto via mio nipote’ e glieli traduce no ‘E voi state zitti perché mio nipote non è un ebreo’ ‘Voi siete tedeschi, noi siamo italiani ma lui non è ebreo, volete vedere che non è ebreo?’ mi tira giù le braghette, gli fa vedere il pistolino ‘Vedete che non è circonciso?’ Poi questi qua han detto ‘Se questo qua mi mette una mano addosso mi ammazza no?’ allora mi ha preso e mi ha portato via. Questa è una scena che io non dimenticherò mai per tutta la mia vita. Quindi tenete presente cosa cosa cosa vuol dire la famiglia. Io oggi come oggi no? Sto bene solo quando vedo i miei figli vedo, i miei nipoti e poi vedo anche tutto il resto della famiglia, a me manca non dico il patriarcato, il matriarcato, mi manca il il, la società che c’era in via Luigi Bertelli all’8, al 6, perché tu entravi nel cortile, no? Io non andavo mai a casa subito, perché mia madre non c’era perché andava a lavorare, entravo l’8, all’8 era una casa di ringhiera con il balcone lungo tutta la strada che vedi lì no? La strada che vedi non è di qui, di qui c’era solo finestre e di là c’era tutta una balconata, e c’erano tutte le mamme e io avevo dieci zie, venti nonne perché tu alla sera mia madre veniva a casa, andava dentro sapeva tutto quello che avevo fatto no? Quindi era proprio un nucleo che a Milano uno dice ‘Boh strano’ e invece lì era proprio un paese legato a una grande città, perché noi per arrivare in città dovevamo andare a Loreto per dire no? Eh ma era una cosa che, ecco perché a me mancava tanto quando ero in, collegio per me era come essere in riformatorio una roba del genere perché è una prigione non puoi muoverti, non puoi andare di qui non puoi fare. Qui uscivi da casa e andavi dove volevi, saltavi dentro nel naviglio a nuotare, andavi alla bocciofila a vedere i nonni che giocavano bocce, tutte quelle cose lì no? Te le godi, te le vivi no? Io mi ricordo mia nonna, non c’era tanti soldi no? Mi diceva ‘Nini, va da la sciura Pina a tor el rosoli’ andavo col bicchierino, sai quei bicchierini piccoli no? E mi dava il coso da portare a mia nonna perché non è che c’era la bottiglia in casa dovevi andare all’osteria, l’osteria era nell’angolo di via eeeh di via lì via Bertelli con via Dolomiti, proprio lì, c’era l’osteria poi iniziava l’8, il 10 e il 12, tre tre numeri c’erano lì no? Guarda una roba, eh insomma cosa fare, peccato non poter tornare indietro.
ZG: Senta invece eeeh se le va torniamo un attimo al discorso del.
EC: Non ho capito.
ZG: Se le va torniamo un attimo al discorso dei bombardamenti.
EC: Sì, allora eeeh i bombardamenti, finito quel bombardamento lì no giusto, eeeh mia madre ha preso, mi ha impacchettato un’altra volta e mia ha mandato a Treviglio e lì è iniziata la mia seconda vita tribolata no? Eeeh quindi io di bombardamenti sentivo i bombardamenti intorno a Treviglio, che c’erano i campi di aviazione eeeh come si chiama quel paese lì, si han bombardato anche fuori fuori Milano, no? Sentivamo i caccia, roba del genere ma lì figurati c’erano colonne di marmo grandi così. E va beh niente lì ho fatto dunque, quando son venuto via io? Era, l’ultimo bombardamento che ho sentito io era quello lì del ’44, poi del ’45 ce ne sono stati ancora ma noi eravamo sfollati, eravamo [uclear] eravamo a Caravaggio [counghs].
ZG: Quindi, a lei quindi non è mai capitato di dover correre in un rifugio?
EC: No, mai.
ZG: Ehm, senta invece, eeeh tornando alla sua famiglia, sua madre quindi nel ’43, è convinta, si è convinta che suo marito, suo padre fosse morto.
EC: Sì, sì.
ZG: Anche se invece poi è tornato a casa.
EC: Sì.
ZG: Eeeh quando è che poi si è risposata?
EC: Ah non lo so, so che si è sposata che io ero ancora piccolo. Penso si sarà sposata nel ’44 roba del genere no? So che io mi sono rifiutato di entrare in comune al matrimonio di mia madre perché io non lo condividevo e mi ricordo, ero seduto fuori sul marciapiede e mio zio Luigi ‘Dai nini vieni dentro è la tua mamma’. ‘No no, io di papà ne ho uno solo’ sai i bambini, e non non ho né assistito né ho voluto assistere. E di fatti non, non è che io abbia avuto un buon rapporto con questo uomo ma mai avuto problemi però non, non so forse dentro di me sentivo che mio padre c’era ancora, per dire no eh, non ho avuto un buon rapporto anzi poi mia madre ha avuto altri due figli di questo qua no? E mio padre è arrivato dopo che mia madre ha avuto altri due figli, per dire no? Ma mi ricordo che comunque eh la, il mio cruccio era che io sui documenti mi chiamavo Colombi ma ero figlio di N. N.. Io mi dicevo, quando io ho cominciato a capire qualcosa ‘Come faccio a essere figlio di N. N. se mi chiamo Colombi no?’ Sai all’epoca, a proposito, mia mamma è riuscita a sposarsi sai perché? Perché lei risultava nubile, perché lei si è sposata a Caravaggio, quando eeeh Mussolini ha fatto l’accordo con la chiesa il, il come si chiama lì, non il concordato una roba del genere no? Con la chiesa i preti dovevano mandare al comune di residenza le la notizia che questa qua si era, mia madre si era sposata regolarmente in chiesa a Caravaggio, questi non hanno trasferito niente a Milano, mia madre non è che si è sposata perché aveva voglia di sposarsi no? Risultava nubile no? Perché quelli non avevano trasferito allora non gli hanno negato si sposarla in comune no? Si è sposata in comune basta tutto lì. Poi è venuto fuori il papier che sul giornale siamo finiti che ‘Reduce torna trova la moglie con altri dei figli’ beh era una, era una stupidaggine perché mia madre non ne aveva di responsabilità no? Mia madre le han dato il marito disperso, il marito non ritorna non c’è e quindi non c’è no? Quanta gente è data per dispersa e invece è morta in Africa, è morta in Russia, e via discorrendo, no? Queste cose qua succedevano in tempo di guerra no? Mia made da buona ex-contadina anche lei con, non so se è arrivata alla quinta elementare o roba del genere no? Eh eh si è risposata e ha avuto altri due figli ha fatto una vita pseudo normale anche lei perché sai noi abbiamo avuto dei problemi quindi, tutto lì.
ZG: Senta invece il suo rapporto con la religione invece è cambiato con le spedizioni ai collegi?
EC: Sì, io non sono un credente perché sono stato battezzato cresimato, tutto quello che vuole no? Ma io mi chiedo dio in cielo in ogni luogo non so ti racconto eeeh, e dico ma e quando cade una bomba con la sfiga che hanno avuto quei duecento lì perché io vorrei vedere io Gesù Cristo dietro un a duecento bare di legno bianco fare il cavalcavia di Greco per andare al cimitero di Greco, io c’ero li ho viste eh? E quei bambini del Vietnam che bruciavano con con il napalm quelli lì cosa fanno quelli lì? Quelli che muoiono adesso i, non dico i cristiani giù perché adesso fra tra di loro, ma i musulmani che van dentro tagliano le gole di qui di là, se c’è questo dio così potente perché permette queste cose qua? Eh me lo devono spiegare loro. Di fatti quando io parlo con, parlavo con un prete vincevo sempre io, vincevo sempre io. Perché quando uno ti dice ‘Io so come sono nato, va bene? tu mi devi spiegare come la Madonna può essere vergine se ha avuto un bambino, spiegamelo [emphasis]!’ ‘Eh ma lì è stato lo spirito santo’. A Milano cosa dicono? Ma va a cagà! Capito? Eh ma questi sono i segreti della, il no, come li chiamano no i segreti, i, non i vengono neanche le parole, i dogmi, quelle robe, va beh i misteri della chiesa. Si va bene è sceso dal cielo e io gli ho detto ‘Va bene allora siccome io sono cattivo se è così potente che io lo insulto, che non lo insulto io, se vuole mi può fulminare anche adesso qua davanti a voi se vuole così, dio in cielo e in terra in ogni luogo faccia pure, no? Mi dia uno schiaffo vediamo. Quindi io la religione so che c’è rispetto tutti, allora, sa chi è il mio dio? Tu che sei davanti a me, lei è la mia madonna perché è davanti a me perché io rispetto gli altri e voglio essere rispettato io sono una carogna, non toccarmi la famiglia perché io l’ho dichiarato che se qualcuno tocca qualcuno della mia famiglia o gli fa del male io lo accoppo, tranquillo eh? Perché ho la capacità di fare anche quello, però siccome sono un essere umano, non faccio del male a nessuno, non ho mai fatto del male a nessuno, nessuno si è azzardato a fare del male alla mia famiglia perché io rispetto tutti, perché non dovrebbero rispettarmi no? Questo, ecco perché ti dico no? Che non sono religioso, non ho un credo, mia moglie c’ha il Budda, fa yoga siamo, ma io rispetto anche loro, e rispetto tutti gli altri, non rispetto i mussulmani che ammazzano. Io c’ho un amico qua che è pachistano e ha due figli, questo qua è venuto qua a fare, è maestro e qui fa il facchino andare ai mercatini quella roba lì no? Qua è venuto libero un appartamento, e lui aveva bisogno di un appartamento. Io ho convinto le due proprietarie perché erano le figlie di un professore, di un maestro che c’era qua no? Eeeh a dargli la casa a questo qua, un giardino più in là di lì, la scala di mezzo no? Questo qua i musulmani i figli, a un certo, a la moglie a una certa ora devono guardare la televisione loro no? E fanno i loro riti religiosi no? E io li rispetto, per l’amor di dio, però io gli ho fatto avere la casa, hai capito? E questo non lo devi scrivere però, ti faccio vedere una cosa. Ti dico come ho conosciuto mia moglie e vedrai che ti metti a ridere.
ZG: Riprendiamo di nuovo allora. Senta allora io le faccio le ultime due domande, allora, lei sapeva chi è che le aveva bombardato la casa nel ’43 – ’44?
EC: Io credo che siano bombardieri americani guidati da inglesi, che non si sono mai pentiti e io li odio perché erano dei ragazzini, hanno messo dei ragazzini sugli aerei. Io avevo dei documenti poi non so che fine hanno fatto no? Questi sono ventiquattro venticinque anni no? [coughs] che quelli gli han detto ‘Guardate che avete sbagliato avete fatto la vostra bella scemata no?’ Stavo dicendo un’altra parola no? Questi qua no no come se avessero non so tirato giù un pollaio di galline, non so, una roba del genere no? Ma io sono sicuro perché non, è difficile che io prenda prenda eeeh, se se non sono convinto, sono convinto che son stati i piloti inglesi, eeeh dei giovani, molto giovani no? Che gli danno in mano il B-24 che non sanno neanche manovrare [unclear] lì sotto un circuito, no lì han sbagliato, a schiciar al butun, ve lo dico io. Quindi eeeh poi è venuto l’americano lì alla, alla piazza Piccoli Martiri, all’anniversario del, di quando c’era Pisapia, che anche lì io non vado mai, sai perché? Vado dopo, perché io vado solo a trovare, o a salutare la mia maestra e i bambini, praticamente io li conoscevo tutti meno quelli della prima elementare. Tutti. Quindi io su 184 ne conoscevo più di 150 diciamo, le maestre le conoscevo tutte, una era addirittura la sorella dell’architetto eeeh aspetta eh, che è quello che mi ha fatto lo svolgimento di questa casa che abitava in via Dolomiti e l’è morta niente anca lì. Ma, quindi vi lascio immaginare, io tutti gli anni, quando c’è il, eh mia mamma è morta il 25 dicembre, a Natale, quindi io Natale figurati se festeggio il Natale, è morta mia madre no? Il 20 ottobre c’ho questi qui, il 2 di agosto han bombardato eeeh Bologna e io mi sono sposato il 2 di agosto. Quindi la mia, le mie, le mie, i miei riferimenti sono tutti falsati da, da guerre, manifestazioni. Veramente è terribile se tu ci pensi bene, no? Io quando andavo a Bologna che mio figlio studiava a Bologna no? Andavo a Bologna, arrivavo all’università, alla stazione, dicevo pensa che potevo esserci anch’io qua dentro no? Perché non è possibile far morire 60, 70 persone così perché tu sei, sei un fascista, ma dai! E poi son fuori tutti, non so, almeno non dico di impiccarli in piazza ma mettili pignin [?] la, la cella e butta via la chiave e gli dai da mangiare se vuoi, mi sono spiegato? Non puoi, non può succedere che un mondo va avanti così, adesso c’è gente in galera che dovrebbe stare fuori perché magari ha fumato uno spinello o magari vendeva la la maria fra di loro perché poveretti questi qua non sanno cosa fare no? Noi non possiamo, io e mia moglie non possiamo più andare in piazza del Duomo in giro così no? Perché non siamo capaci di non dare niente, no? E però vieni aggredito addirittura adesso, perché questi qua cosa deve fare? Andate a vedere che cosa fanno in Argentina o in, sì, in Brasile, i ragazzini 13, 14 anni aggrediscono in pieno giorno la gente per strada. Noi vogliamo arrivare a quel livello lì?
ZG: Ehm, si ricorda invece di quando la guerra è finita?
EC: Sì, c’ho c’ho un ricordo molto particolare, quando è finita la guerra io ho fatto l’ultimo tratto di, della Padana seduto sulla sovra cingolo di un carrarmato, perché ero scappato dal collegio. Allora io scappo dal collegio, arrivo alla, all’uscita del, di Treviglio no? E c’erano le pattuglie già dei partigiani. ‘Oh dove vuoi andare?’ ‘ Vado a casa’ ‘No, non puoi andare perché c’è ancora la guerra di là’. E vai e non vai e vai e non vai io riesco a sgattaiolare boh fuori dal posto di blocco, erano quattro scalmanati no? E c’era un furgone fermo un Citroen, mi ricordo perfettamente, pieno di coperte, questo qua dev’essere andato in qualche caserma o ha comprato o ha fregato. E allora gli dico ‘Dove va?’ ‘Eh vado a Milano’ ‘Mi dà un passaggio?’ ‘Eh oh non c’è posto’ ‘Eh ma io vado anche sopra’ e sono andato sopra. Arriviamo a Cernusco sul Naviglio vengono giù due caccia a mitragliare, il camioncino sbanda dentro, una volta sulla padana una volta non c’era come adesso il guardrail, no, c’era il fossetto no? Vado dentro nel fossetto, per fortuna ero nelle, sopra le coperte e sono andato giù colle coperte. Da lì io non potevo fare niente questo qua si è messo a, incazzato parolacce così, no? Contro gli americani gli sparavano e sono, sono arrivato a Vimodrone, sì Vimodrone, e passano dei cingolati americani che stavano venendo qui a Milano, no? Stavano venendo a Milano e io sai noi i bambini, no? Vanno lì mi hanno dato, mi ricordo, un pezzetto di cioccolato o una stecchetta di cioccolata, poi io gli ho fatto segno, volevo venir su no? Allora questo qua mi ha preso e mi ha tirato su, io son piccolino poi ero bambino no mi ha fatto salire su lì sono arrivato alla Gobba e son saltato giù, sono andato a prendere il naviglio e son venuto a casa, no? Perché le strade io le conosco, io da Treviglio venivo a Milano lungo il Naviglio a piedi, è sempre stata la la, quindi io non mi perdevo mai quando venivo anche da da Caravaggio, Treviglio così no?
ZG: Ehm senta, perché si è convinto che nel bombardamento del ‘44 a pilotare fossero gli inglesi?
EC: Perché io ho letto delle [coughs], letti al computer adesso non ce l’ho più [coughs], ho visto tutte le fotografie aeree fatte dalla, dalla RAF no? Che spiegavano, questa è la Breda, questa è la Pirelli. Allora io dico, eeeh lì per me è stato uno dei tanti, dei molti bombardamenti di rappresaglia ordinati dal Churchill, perché Churchill voleva mettere in condizioni eeeh la popolazione di reagire nei confronti dei tedeschi, no? Perché ormai l’esercito italiano non c’erano, e quindi questo qua ha fatto lo stesso sistema che ha usato al suo paese in Inghilterra, per non far colpire la parte importante, lì castello della regina qua e là metteva sotto sotto V2 la periferia di Londra, questo l’han detto anche loro, no? Quindi questo qua non gliene fregava niente dei civili, questo qua voleva che questi qui eeeh, e comunque per me, per me, erano inglesi, perché io ho letto che questi qua non hanno mai, eeeh non si sono mai dichiarati pentiti perché era era una azione di guerra e loro la dovevano fare.
ZG: Senta e adesso invece il suo giudizio è cambiato, adesso il suo giudizio è cambiato su, su chi ha fatto quei bombardamenti?
EC: Beh giudizio, eeeh un ragazzo di 25 anni che va a bombardare una città, non sa neanche lui quello che sta facendo, secondo me. A meno che uno non sia un estremista come quelli lì che hanno infilato i grattaceli di di New York, no? Ma cosa gli vuoi dire a quelli lì? I manicomi non ci sono più, questi qua son gente malata, questi qua invece erano ragazzini che dovevano, dovevano eeeh esprimere tutto il loro, il loro potenziale fisico e mentale, per combattere la guerra che per loro giustamente era giusta perché chi ha sbagliato, per fortuna che è andata così, noi ci abbiamo, i russi quanto ci hanno lasciato? 60 milioni di morti? Oh, no ma ti rendi conto, mi sono spiegato? Quello là, quello sì che era matto no? Hitler, e quindi cosa vuoi combattere contro questa gente qua, poi gli americani gli facevano un aereo al giorno, cosa vuoi, cosa vai contro a questa gente qua, che ha, questo qua adesso vuole, il matto qua di adesso, vuole mettere 54 miliardi di, in più di dollari per l’armamento, perché deve espandere l’armamento atomico. Oggi ho sentito che la Cina gli ha subito risposto 150 milioni, la Cina, in più, l’esercito più potente del modo la Cina eh, gli americani devono stare attenti perché quelli lì li tagliano a fettine eh. Perché beh, non so, ma vi rendete conto di cosa è un cinese militare o un giapponese? Han trovato uno dopo cinquant’anni nella giungla che era convinto ancora di essere in guerra ohi questo qua, eh non so, non so se mi sono spiegato. E quello lì vive male ancora adesso eh perché lo so, io l’ho visto quando l’hanno trovato [laughs] poveretto, e lui l’imperatore, l’imperatore ma l’imperatore. Noi per fortuna avevamo un imperatore, un po’ più, meno alto di me, eh la mia, la mia maestra era alta come la regina, la la moglie del del, era una persona veramente, guarda io non riesco mai a dimenticarlo, è troppo importante, sì io lo so dove abita, e non, dove abitava no? Ma non, non riesco a capacitarmi come mai certa gente deve morire in quella maniera lì, questa qua era una donna che, che poteva, va beh mia nonna è morta perché aveva preso una brutta malattia, no? Mia madre anche mia moglie purtroppo siamo tutti e due in cura in via Veneziani, lei per un melanoma e io per la mia gamba, però io sono arrivato a 84 anni grazie alla, a mia madre, a mia moglie che è una donna, io augurerei a tutti di trovare una moglie come mia mia moglie, eccezionale. Eeeh quelle lì sono scelte, per esempio lì la scelta l’ho fatta io perché mia moglie era minorenne quando io l’ho conosciuta, no? Allora una sera sono al bar e io non sono, non andavo mai al bar volentieri perché però gli amici la sera andavano al bar, e allora vado al bar e c’era lì questo mio carissimo amico che si chiama Serio eeeh Toni no? Eeeh il telefono del giro femminile era al bar no? Allora la Giovanna mi chiama mi dice ‘Ehi Efrem c’è una telefonata per te’ ‘Va bene’ vado lì ‘Ciao sono Mirella, dai vieni i miei genitori sono andati in montagna, vieni’ dice, ‘Eh guarda’ e il mio amico mi dice ‘Dai digli se c’ha un’amica che andiamo insieme no?’ Gli dico ‘Dai non posso venire perché sono qua con gli amici qui e là’ ‘No ma io, c’ho una mia vicina di casa, glielo dico, aspetta un attimo’ va di là, questa qua ‘Sì sì vengo’, solo io potevo fare quei bidoni lì. Allora va beh a piedi, filobus, dovevamo andare in piazzale Lodi, piazzale Lodi eh in via al, come si chiama credo al, va beh alla, un quartiere che adesso è abbastanza decaduto, no? Dopo piazzale Cuoco c’è quel cavalcavia scendi vai dalla parte di là, come si chiama quel, maledetta l’età, non c’è niente da fare. Va beh allora prendiamo il filobus e andiamo, il filobus una volta passava sotto, adesso invece l’hanno rimesso sopra no? Avevano fatto un cavalcavia, un sottopasso che si riempiva sempre d’acqua si capisce che un bel giorno han detto, mettiamolo a posto, no? Eh va beh andiamo e nel passare faceva la via del palazzo del ghiaccio, che non mi, non mi ricordo il nome, via via mah, e vedo i Platters a Milano io ero appassionato dei Platters e dico ‘Eh Toni, io non vado, andiamo giù a vedere i Platters’. No, sì, no, sì, no, sì, no insomma totale lo convinco e andiamo, scendiamo, e io vado dentro nel palazzo proprio dove fanno il ghiaccio, non dove facevano gli spettacoli e pattinaggio no? Perché lì dentro anche lì avevo, alla mia età avevo 25 anni avevo una ragazzina che mi, mi vede ‘Oh ciao Efrem cosa fai’ ‘Guarda, son venuto eeeh a chiedere se tuo padre mi fa passare perché voglio andare a vedere i Platters’ ‘Sì, sì’ fa ‘Ti porto io’. Insomma eravamo in prima fila, io e questo qua seduti a vedere questo spettacolo. A un certo punto fanno l’intermezzo no? E cosa fanno i ragazzini, specialmente quelli balordi come me, no? Si guardano in giro, no? E io vedo una ragazzina che per me era un sogno, no? Ed era con un cappottino rosso, perché faceva freddo tra l’altro lì dentro, no? L’ 11 di [pause] 11 maggio, so che lei, lei lo segna, va beh. La vedo e dico ‘Ah che bella, tusa lì’ ‘Ah ma io quella lì la conosco’ ‘Come la conosci?’ ‘È L’ex fidanzata di un mio amico, e così, così, se vuoi te la presento’. ‘Va bene’ andiamo là me la presenta ‘Adriana’ ‘Efrem’. Lei sentendo il mio nome ha ricollegato a una storia che avevo io a Lecco dove abitava una sua collega di lavoro che questa qua gli raccontava no? Che alla domenica noi andavamo su con la macchina in quattro o cinque facevamo un giro a Lecco e io filavo con la figlia del pasticcere lì di Lecco così no. ‘Eh ma Efrem Efrem lo conosco’ Quando ha sentito Efrem, lei un cervello della madonna c’ha quella lì, è la memoria storica, no? Eeeh ha collegato immediatamente il discorso di Lecco, no? Allora i ragazzini, perché eran tutti ragazzini, no? Io 25 anni, lei ne aveva, eeeh c’abbiamo nove anni di differenza fai conto no? Gli altri ragazzini come han visto che ero interessato e mi guardavo in giro, erano tutti del cortile di casa loro no, in via Casali, in via Canaletto no? Tutti ragazzi del della stessa casa diciamo no? Si dileguano, vanno il, la accompagno e le ho detto ‘Andiamo a mangiare una pizza’ Quella no, niente, l’accompagno davanti a casa e le ho detto, mi son fatto dare l’appuntamento per il giorno dopo no? Il giorno dopo va bene qua e là, eeeh io sono uno che non molla mai l’osso, no? Insomma in totale dopo dopo cinque o sei giorni le ho detto ‘Io a te ti sposo, vuoi diventare, voglio che tu diventi mia moglie no?’ e lei mi ha detto di sì. Aspetta non è finita. Io a quell’epoca venendo da una famiglia di panettieri così, no? Lavoravo alla Motta, ai, ed ero ai forni, quelli grandi dove si facevano i panettoni, quelli grossi no? E facevo 12 ore di notte di lavoro, dico 12 ore di notte con un quarto d’ora di intervallo, e alla sera c’era una ragazza che mi veniva a portare il caffè perché noi a un certo punto facevamo un quarto d’ora di riposo per mangiare, ma poi durante il lavoro nei forni quando il forno sta cuocendo sai il tempo di calcolo e allora andavamo dietro, potevamo prendere il caffè, quella roba lì col capo reparto, no? Questa veniva a portarci il caffè, la Carlina, eh va beh [uncleiar] questa qua e aveva qualche anno lei più di me, io ne avevo 26, 25 e lei ne aveva 35, però mi faceva un filo spietato, no? Va beh ‘E allora dai perché non ci sposiamo’ e io le ho detto ‘Carla la prima persona che saprà quando io mi sposo sarai tu e ti presenterò la mia sposa’. Sai cosa ho fatto io un giorno? Gli dico all’Adriana ‘Mi vieni accompagnare eh in al lavoro’, che veniva sempre ad accompagnarmi, no? Ci fermiamo un attimo al bar che ti presento una persona. Seduta al bar c’era la carlina che mi aspettava no? Adriana è arrivata lì chiediglielo se non è vero, e gli dico ‘Carla vedi questa signorina qua? Questa diventerà mia moglie’. Vedi che te, e quindi quindi mia moglie ha fatto il diciassettesimo anno, siamo andati in ferie per la prima volta quell’anno lì, no? E sono andato al paese di suo padre che io adoravo suo padre e mi ha preso subito a ben volere, e lui era chef sul Settebello, il treno che faceva il servizio dei ministri no? Era un fenomeno il Fornara, e mentre invece mia suocera dopo un po’ non mi poteva più vedere, e io invece l’ho affrontata in casa con suoi figli maggiori che l’Adriana aveva due figli maschi maggiori e una figlia femmina maggiore di lei no eravamo eeeh. E io mi sono portato come testimone, guarda che ci vuol tutta eh, mio fratello minore, Giorgio no? Sono entrato in casa e gli ho detto, lei può fare, che non c’era il padre no, perché il padre era in viaggio no, lui lo sapeva no andavo a prenderlo no in ufficio, al, in stazione, così no, ‘Lei può fare tutto quello che vuole ma io e sua figlia ci sposiamo, chiaro? E qui c’è anche un testimone, mio fratello’. Quegli altri due no? Che erano il fratello maggiore di mia sorella di, mia moglie e il il marito della sorella maggiore di mia moglie che poi è sparito dalla circolazione, ha piantato lì tutta a famiglia, no? Eh ve beh eeeh non si sono azzardati nemmeno a dire beh, mi sono alzato, l’Adriana è venuta fuori, ci siamo baciati e dal giorno, io dal maggio 2000 e quello che è del 2000 ’68, sì, ’68, io ho mancato di vedere mia moglie la settimana che sono andato in barca e quando andavo in, a Bologna in servizio per la compagnia di assicurazione dove lavoravo no? Io ho finito gli studi, sono andato a lavorare per una compagnia di assicurazione e andavo in trasferta perché ero di, ero il collegamento di tutti i periti di assicurazione quelli delle automobili no, perché eeeh, se no noi siamo sempre stati insieme, andiamo sempre fuori insieme, non ho mai mancato, tutti gli altri sono, tutti quelli del giro che conosciamo noi, solo suo fratello in mezzo è ancora sposato, gli altri tutti divisi, tutti [emphasis], e non è che noi stiamo insieme perché c’abbiamo voglia, stiamo insieme perché stiamo bene insieme, perché noi, io, l’ho sempre detto, io non ho avuto una famiglia praticamente, sono stato in mezzo ai preti quella roba lì, no? Guai guai a chi tocca la mia famiglia, perché io per me la famiglia è la mia Chiesa il mio, quello che vuoi, le cose belle son queste, no? Tu devi vedere adesso forse tra un po’ arriverà mia nipote, devi vedere mia nipote quando vede me, la gente del cortile si meraviglia perché lei passa sotto con la carrozzina sotto mi vede alla cosa, fa dei numeri dice ‘Nonno’ non parla ancora con due mani, poi mi manda, è una roba, l’altra invece che è più grande la prima nipote che ho che adesso è su in montagna a fare lezione di snowboard, no perché loro vivono a Bressanone no? Eeeh quindi lì le montagne ci sono, e oggi mia mia nuora è su con le le due i due, il il primo maschio di sua sorella e sua figlia a lezione di snowboard no? Eeeh tu la devi vedere questa qua, è una signorina già fatta perché oramai ha dieci, undici anni ma però questa qua eh ragazzi eh insomma se tu pensi che come compagni ha tutti i i, gli studenti di mio figlio, no? Le studentesse di mio figlio, no? Una le insegna pattinaggio, l’altra la porta in bicicletta, stravedono, ah dovreste conoscerlo mio figlio voi.
ZG: Sì, io la ringrazio e l’intervista la concluderei qui.
EC: Sì, sì guarda io.

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Zeno Gaiaschi, “Interview with Efrem Colombi,” IBCC Digital Archive, accessed April 19, 2024, https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/collections/document/398.

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