Interview with Livio Ponte

Title

Interview with Livio Ponte

Description

Livio Ponte remembers his wartime life in Monfalcone. He describes the frightening moments when the alarm sounded, usually at night and people rushed to the shelters for safety. He mentions different attitudes: his parents going to a shelter whereas he and his brother preferred to go to the castle, where a natural cave had been adapted. He mentions pastimes and daily life under the bombs, how "Pippo" used to fly over Monfalcone and recollects people in constant fear of the Germans. He mentions a German soldier who said Hitler was a national disgrace for Germany. He describes how he used to spend school holidays at his grandparents place at Aris, a village in rural Friuli, because it was supposed to be a safer place. He describes a shot-down aircraft.

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Date

2016-09-01

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00:24:34 audio recording

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Contributor

Identifier

APonteL160901

Transcription

PC: Livio mi racconti eeeh quello che è il suo primo ricordo, la prima cosa che le viene in mente se le parlo dei bombardamenti aerei.
LP: Allora la prima cosa mi ricordo il rifugio di Monfalcone che era diciamo dov’è la piazza adesso e finiva attraverso la Monte circa mezzo chilometro, non è vero? Era come dire, una grande, come una galleria che era, che era tutta in cemento armato e lì durante gli allarmi delle, delle sirene quando c’è venivano gli apparecchi o anche passavano che comunque avvisavano, no? E si andava tutti in rifugio. Oppure ero ragazzino e anche che correvo bene, e andavo sulla Monte, sulla Monte, nella Monte che poi l’avevo già esplorata prima ancora, no? Perché la conoscevo come le mie tasche, si aveva trovato lavoro [?], una caverna, bella e l’abbiamo addobbata, se così si può dire, come rifugio, e ogni volta che veniva questi allarmi io andavo con mio fratello o qualcun altro in queste grotte, no? e magari i miei genitori andavano nel rifugio, no? Che poi era vicino ma in genere si passava per il sottopassaggio che c’è ancora però dopo c’era, mi ricordo, avevano scavato una grande fossa, non è vero? E poi avevano fatto una strada che portava appunto all’uscita o all’entrata come che si vuole, di questo rifugio, che si congiungeva con questa parte qui. E praticamente io mi ricordo che ero a San Michele che giocavo e quando venivano gli allarmi anche di giorno, con la paura si andava veloci come gazzelle, non è vero? In questi rifugi, no? Già d’accordo con i miei genitori che loro pensavano a loro e io pensavo a me, non è vero? E così diverse volte, anche d’inverno, anche di notte alle volte ho voluto portare anche i miei genitori perché avevamo messo a posto la caverna, era bella anche e siccome alle volte durava, durava parecchio tempo l’allarme, si portava via qualcosa chi di leggere, se c’era una torcia oppure si parlava, si discuteva così. E poi quando era terminato freddo caldo che sia la stagione, si tornava a casa, ricordo che c’erano momenti di grande trepidazione, di grande paura perché io sono per natura sensibile e, e sono pigro e dormo molto, dormo molto, succede che suonava l’allarme in piena notte, mia moglie, mia mamma mi chiamava e io nella confusione non sapevo neanche quello, e correvo come una gazzella, la, perché mi diceva mia madre ‘Vai avanti intanto tu’ perché mia madre aveva anche una bambina piccola che doveva accudire no? E così si passava il tempo, quando andavo nella galleria guardavo, la galleria era bella eh, anche illuminata, grande, capiente e aveva dei, stanze, noi dicevamo come dei bunker no? Che vedevamo militari specie tedeschi e noi si, si stava attenti come si doveva parlare che con quelli là non si scherzava tanto, no? E lì si era accucciati alle pareti, no chi aveva qualche scanietto, secondo il momento l’ora così, e così tutti in questi anni abbiamo fatto appunto queste, queste, queste cose, no? Io ho visto alle volte ci son stati dei bombardamenti a ore abbastanza chiare e, e correvo su per il monte e dall’alto vedevo le fortezze volanti che buttavano giù delle bombe no? Però in genere qualche bomba, non so se per fatalità è caduta proprio sulla bocca, dov’è la piazza adesso no? E meno male perché il rifugio era fatto anche con intelligenza, aveva cemento armato, grande così poi spesso, non è vero? E, ed era lungo un quattro metri più o meno o cinque cioè con tutta la bocca, la bocca del rifugio, però poi aveva un secondo, secondo come dire muro di cemento armato che quello era importante perché attenuava il colpo d’aria no, e insomma eeeh o se si sentiva i, le bombe i colpi [coughs] e quand’era finito, e quand’era finito non è vero? Si venivan le sirene e si lasciava andare. Io ricordo che quando è stato quel bombardamento, il peggiore loro tendeva, tendevano a bombardare cantiere, perché in cantiere costruivano cose anche di guerra, no insomma guerra, guerra è guerra, grazie.
LP: Ecco, e dunque io ero come chierichetto non è vero? E mi chiamavano, io e anche altri ragazzini, a portare la croce la parola, non è vero? E se ci hanno portato all’albergo degli operai ed erano distrutti, quello che ha colpito che poi un po’ si rideva anche, c’era un uomo particolare che lo chiamavano adesso non so un nome un po’ spregiativo no? Eeeh che lui ubriaco fradicio non aveva bevuto niente mente i suoi compagni che erano là vicino sono quasi morti tutti perché sono stati mi pare un ventitré ventiquattro o ventinove decessi, morti, no? E dopo ci sono stati ancora non tanti bombardamenti no, però venivano spesso a, probabilmente a fotografare erano, e lo chiamavano il Pippo, Pippo non è vero? E e quando che veniva, veniva lo stesso messo l’allarme e tutti nel rifugio e io secondo i tempi, andavo sulla rocca, anche di sera perché con mio fratello, perché eravamo, conoscevamo la rocca come le nostre mani, tasche, no? Eeeh cosa devo dire molto? Poi quando quando ne [?] veniva il ricordo, c’erano i soldati che si stava attenti di evitarli possibilmente perché si aveva paura praticamente, perché c’erano i tedeschi praticamente e, e tutti e le, e questi erano severi e ricordo che quando, quando marciavano o erano in fila o erano in diverse squadre si aveva proprio un po’ di paura almeno noi ragazzini in particolare ma so che tutta la gente cercava di evitare. Praticamente si viveva un po’ con la paura e si viveva come si poteva a quei tempi. Nel frattempo anche in certi periodo specie d’estate quando avevamo le vacanze della scuola, della scuola andavo dai miei nonni perché in Friuli per essere più tranquillo ma anche là le cose non erano tanto esatte perché a Udine avevano, anche là, era un punto di osservazione, no? E, e mi ricordo che mia madre aveva affittato un appartamentino in un paesetto accanto, siccome i miei nonni erano, avevano, erano pieni di generi, cioè il figlio si sposava e portavano in casa la moglie, nascevano i figli insomma erano in tanti, erano in venti, venticinque, no? E non c’era spazio e allora aveva affittato un appartamentino e là veniva, veniva ogni tanto, non so mia madre aveva fatto conoscenza, no? Paesetto piccolo, no? Con un soldato tedesco, no? Che gentilmente ci portava qualche aiuto economico, no? Perché il mangiare era piuttosto, un po’ ridotto, no? E, e ricordo che mentre a volte parlavano mia madre si faceva delle domande a questo a questo tedesco e lui le diceva ‘Che resti fra di noi signora perché se va fuori vengo fucilato, ma Hitler non è vero? Eeeh sta rovinando la Germania’ insomma era contrario, no? Mi ricordo di questi casi qua, e poi anche là ci sono state, arrivati i tedeschi erano un po’ dappertutto erano, erano, erano anche molto attenti così, poi anche sono stato sfollato anche qui vicino a.
CB: A Muraro.
LP: Dove?
CB: Muraro.
LP: A Muraro sì. Che è vicino Gradisca, Sagrado, no Gradisca, no? E lì mi ricordo che c’erano anche lì gli allarmi e una volta hanno abbattuto l’antiaerea un apparecchio e tutti andavano a vedere dove, son andato anche io che ero ragazzino, no? E l’apparecchio, è morto il pilota, e l’apparecchio che aveva divelto dei dei dei fili dell’alta tensione, e un uomo mi ha dato un colpo in testa che mi fa ancora male e mi ha detto ‘Va via di qua, no te vedi che se te lo tocchi te resti fulminà!’. Mi ricordo, era, l’ho ringraziato e dopo via dritto, non è vero? E così man mano che dopo si avvicinava il tempo di di tornare a scuola, si tornava a scuola però in questo frattempo, no? Se eravamo a scuola o non a scuola si doveva andare il sabato fascista a fare la ginnastica, era un po’ seccante però penso che abbia fatto del bene, ecco l’unica roba. Poi si faceva gli esami della ginnastica tutti insieme in certe giornate, tutte le classi nella nella, dove si gioca a calcio, no?
PC: Ho una domanda a farle, prima mi parlava eeeh del bombardamento quello che c’è stato a Panzano che ha colpito l’albergo operai e mi parlava della croce e della processione.
LP: Si.
PC: Cosa è successo quel giorno se posso chiederle?
LP: Sì, beh piano [?], era una confusione, perché era un sacco di gente, un sacco di personalità, no? E ricordo che erano dei camion e mettevano le bare sul camion e dopo le portavano al cimitero e e qui, lì erano un andare e vieni delle autorità che guardavano il fabbricato e parlavano eh ma più di tanto, di questo, eravamo un po’ a, a, io portavo la croce, no? Mi dicevano ‘Stai fermo qua’ e io dovevo eeeh sì e poi quando c’era il funerale e allora si andava, no? E così, mi ricordo che era una valanga di gente e, ed era tutta sì un trambusto, una confusione, mi ricorda un po’ il terremoto, il terremoto, non è vero? Perché c’erano feriti, c’erano come dicevo morti, no? E anche c’era tutti questi operai anche scioccati e insomma non è che sia poco. Poi sono stati altri bombardamenti per buttare giù le gru anche, perché insomma per evitare, ci sono stati mi pare un tre, tre bombardamenti, no? Però quello che ha fatto più disastro è stato quello là, no? Dopo il resto hanno qualche bomba è caduta in periferia e come dicevo una bomba se loro dicono per sbaglio, no? È caduta lì vicino che ha fatto un un bel tiro però ha retto il muro di di difesa, no? Perché lì erano tutte villette fra cui c’era Bratina, Bratina che è morto mi ricordo da non molto, Franco, i miei amici, Valentino, no? E dopo i suoi genitori aveva una sorella e avevano una oreficeria che ce l’hanno ancora, mi pare che la gestisca la figlia, no’
PC: Avrei ancora un’ultimissima domanda proprio, eeeh sempre proprio riguardante la galleria rifugio, perché lei mi ha raccontato quando andavate nella galleria che avevate scavato voi, avevate trovato il rifugio sul Carso.
LP: Era a gomito, a gomito.
PC: Quando andavate.
LP: Io vedevo dentro portavano anche bombe, e bombe, cioè bombe, le accatastavano là, insomma si era anche un po’ preoccupati, si diceva, no? Almeno, allora dopo in seguito si vede che hanno fatto lamentela, hanno fatto, l’hanno messo in una specie di stanza così perché insomma, bombe fuori, bombe dentro, no? Non è che sia l’ideale, ecco e c’erano i tedeschi c’erano le, anche le nostre guardie però di chi sia aveva più paura e oppure si era molto attenti era per tenersi perché noi eravamo ben visti, sì, e so che puntavano a buttar giù le le quelle navi che stavano costruendo ma anche costruivano sommergibili e anche apparecchi per guerra, eeeh, eeeh.
PC: D’accordo.
LP: Eeeh altro no perché il resto si svolgeva la vita, si stava più alla larga possibile da queste cose no? Però quando capitava dovevi eri dentro, in particolare eravamo spesso disturbati dagli allarmi magari passavano, passavano sopra se li vedeva erano alti dico dicevano dieci mila metri le fortezze volanti e allora si diceva ‘Beh meno male che vanno oltre’ no? Perché e questi di giorno no? Però quando suonava l’allarme tutti si correva noi, io andavo spesso sulla rocca perché dall’alto vedevo vedevo anche il cantiere.
PC: D’accordo io la ringrazio per l’intervista.
LP: Prego, eh di cosa.

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Citation

Pietro Commisso, “Interview with Livio Ponte,” IBCC Digital Archive, accessed April 16, 2024, https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/collections/document/330.

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