Interview with Margherita Franco
Title
Interview with Margherita Franco
Description
Margherita Franco (b. 1934) remembers listening to the declaration of war on the radio while her father kept working in the garden. She describes her mother preparing a bag with food and other necessities and hanging heavy curtains at the windows as part of blackout precautions. Margherita recalls the night Turin was bombed for the first time; how she woke up because of flares and target indicators, and then her parents brought her and her little brother down into the basement.
Language
Type
Format
00:06:25 audio recording
Rights
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Identifier
Memoro#887
Transcription
MF: La dichiarazione di guerra, il 10 giugno 1940, alla sera, al pomeriggio ci fu il proclama alla radio e allora tutti andarono a cercare una radio, erano ospiti di chi ce l’aveva, mio padre che aveva un grosso giardino qua dietro, che arrivava fino a dove adesso inizia la, l’Enel, la centrale elettrica, era lì che coltivava la sua terra, perchè lui faceva il giardiniere al comune e alle cinque quando veniva a casa coltivava il suo orto. Tutti affannati ad ascoltare questo proclama e invece lui di là non si mosse e mia mamma era preoccupata perché diceva, siccome qui c’era già capo casa diceva ‘Se mio marito non viene anche lui ad ascoltare la radio vuol dire che è contrario’. Infatti era così, tutti andarono ad ascoltare e mio papà rimase nell’orto a fare i lavori suoi. Viene a casa, la sera, vedo che mia mamma preparava una borsa con dentro metteva delle medicine, dei biscotti, dello zucchero, del pane, delle fasce, eeeh la, quando ha finito di prepararla la mette in un angolo vicino alla porta come fosse adesso quella borsa lì, e mio padre tra i denti disse ‘Hai fatto bene a prepararla però non dura molto vedrai, non c’è bisogno di quella borsa’. Ci mise a dormire, le finestre di allora erano piccoline come queste erano conservate con le stesse dimensioni, mia mamma ci mise a dormire, spense la luce e andò di là con mio padre, parlottavano sotto voce. Io non ero diciamo avevo tre anni e mezzo ma si vede che ero molto curiosa, non lo so, stavo molto attenta, soprattutto a mia mamma che io ero attaccatissima a lei. Vedevo che mettevano degli strati appesi alla finestra di camera da letto ed era proprio qui sopra al primo piano che prima era fatta a balcone, era un balcone lungo. Metti stracci fin che vuoi, spegni la luce e in camera dove dormivo io c’era sempre luce e lì mi ha messo un po’, parecchia paura, ho cominciato a pensare a qualcosa di, allora piano piano sono scesa giù, ho aperto questi teli e mi vedo proprio dritto alla finestra, poco più in là, un gran lampadario enorme, illuminatissimo, che illuminava il fiumicello la Bialera, quella che noi chiamavamo la Bialera, tutto giorno era, si vedeva l’erba tranquillamente i cespugli, i sassi, si vedeva tutto, allora a quel puto lì quando ho visto questa luce così forte ho cacciato un urlo fortissimo. Mio papà e mia mamma arrivano in camera, vedono questa cosa e hanno capito che quello era un bengala, io lo seppi dopo che era un bengala buttato dagli aerei francesi che già arrivavano in Italia coi cioccolatini. Allora, mi mi presero di colpo, presero mio fratello più piccolino di me, avvolti in una coperta, la borsa mia madre la prese su, e via in cantina. La cantina è qui sotto, qui c’era la scala che andava giù in cantina, profondissima era quella cantina, e siamo stati lì un bel po’ e intanto poi abbiamo poi sentito che arrivavano gli aerei con dei rumori strani, pieni, erano pieni di bombe, perché poi sono andati lì in piazza Galimberti a scaricare il tutto. E siamo stati lì due o tre ore, due o tre ore, ma tutti tutti gli inquilini siamo andati tutti qui sotto, in questa cantina e da lì abbiamo capito che la guerra era cominciata, noi bambini, no? Quella notte fu terribile perché ci furono tante vittime anche lì in piazza Galimberti, e dopo quelle tutte le sere c’era un bombardamento, tutte le sere c’era un bombardamento, non si dormiva mai, si andava in cantina anche se non suonava l’allarme, ormai noi lo sapevamo già, dovevamo andare in cantina, però quando tornavi su e sentivi gli aerei che ritornavano alla base ti mettevano un’ansia, molto forte, dei batticuori che proprio ti arrivavano alla gola, lì a letto tutti coperti e si aspettava che venisse giorno così almeno ci alzavamo e pensavamo di non essere più in pericolo perché di giorno all’epoca non non bombardavano, bombardavano solo di notte.
Citation
“Interview with Margherita Franco,” IBCC Digital Archive, accessed December 3, 2024, https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/collections/document/312.
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