Interview with Rosanna Capretta

Title

Interview with Rosanna Capretta

Description

Rosanna Capretta (b. 1935) reminisces about the frightening sound of the sirens and describes how she and her family tried to cope by hugging each other in a corridor. Recalls food shortages, rationing cards, and black market. Describes disrupted transport, black out precautions and the time she spent queuing up. Describes the arrival of American troops who gave candies and sausages to civilians.

Spatial Coverage

Language

Type

Format

00:05:17 audio recording

Rights

This content is available under a CC BY-NC 4.0 International license (Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0). It has been published ‘as is’ and may contain inaccuracies or culturally inappropriate references that do not necessarily reflect the official policy or position of the University of Lincoln or the International Bomber Command Centre. For more information, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/ and https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/legal.

Contributor

Identifier

Memoro#9850

Transcription

Unknown intrerwiever: E invece della guerra cosa ricorda?
RC: Eh della guerra me ricordo no cose belle, cose bruttissime. Abbiamo patito tanto la fame, proprio tanta tanta tanta per poter mangiare dovevamo andare lontano nei prati a fare un po’ di di cicoria di erba così per poter poi fa’ ad anda’ avanti. Poi c’era l’assistenza dove passavano il mangiare, andavamo a pendere, ce andavamo allora ce davano la minestra e mangiavamo quella, quello che se poteva rimedia’ se rimediava perché non è che c’era tanta possibilità anche perché neanche si poteva comprare perché allora c’era la borsa nera e la roba costava cara e i soldi non c’erano se dovevamo adattare a, a quel pezzettino di pane che all’epoca ce staveno le tessere che ci davano la tessera più di un etto a persona de pane non, non ce lo davano, capito?
UI: Eeeeh aveva paura?
RC: Tanta, tanta tanta paura perché specie quando sentivo sonare le sirene era, era ‘na cosa inverosimile proprio perché lì la paura finché non sentivi quando risuonavano che poi dovevi sta’ attenta che dovevi stare con le finestre chiuse tutte eeeh, non solo con le finestre chiuse ma ce dovevi mettere anche la roba scura davanti perché non dovevano vedere neanche a luce da per strada perché se no pensavano che c’avevamo qualcuno in casa capito?
UI: E dopo, dopo la guerra, com’è cambiato il modo di vivere?
RC: Beh non è che è cambiato proprio tanto tanto tanto perché piano piano piano piano però non è che abbiamo passato sempre bei momenti perché ‘a fame ancora ce stava uguale e non è che ce l’avevamo, se dovevamo adattare a fa’ qualche lavoretto così per poter cerca’ de andare avanti a casa, capito? Non è che c’erano tante possibilità come facciamo conto adesso che ce stanno le donne che vanno a fa’ pulizie all’altre case, all’epoca invece queste cose giusto le persone ricche ce le avevano perché noi altri poveretti non è potevamo fa’ questo tipo di lavoro eeeh.
[part missing in the original file]
UI: Tornando alla guerra eh si ricorda il giorno in cui è finita?
RC: Sì mi ricordo abbastanza bene che quado sono entrati gli americani eeeh facevamo tutti una gran festa perché giustamente era finito quel periodo abbastanza brutto dico, noi altri ragazzini, ragazzetti quando vedevamo i camion per, quelli dei militari eh, gli correvamo appresso perché se ce davano qualche cosa da pote’, me me ricordo che all’epoca ce davano le caramelle o i viuste [wurstel] ce davano pure, si si quello si, e poi i, certo dopo piano piano abbiamo un po’ cominciato a rimette’ però quel periodo è stato bruttissimo, io me recordo che quando suonaveno specie ‘e sirene stavo proprio male male male. C’avevamo un piccolo corridoio, ecco questo mi ero dimenticata, c’avevamo un piccolo corridoio eravamo tutte e sei noi, tra mamma, papà e noi altri quattro figli, tutti a questo pezzetto de ingresso, tutti abbraccicati da spetta’ che finiva.
UI: Il momento.
RC: Eh quel momento eh che risuonaveno diciamo le sirene per poter, di fatti io quando viene l’ultimo dell’anno, io lo odio l’ultimo dell’anno, perché me ricorda troppo, i botti me ricordano troppo quei momenti no brutti ma bruttissimi che abbiamo passato tutti quanti, guardi. E poi non solo quello, pure il fatto di mezzi, ecco i mezzi ce stavano ma certe file facevamo per poterlo prendere perché arrivavano fino a un certo punto poi dopo dovevamo fare quasi un paio di chilometri a piedi per poter venire a casa e anche quando andavamo al lavoro che proprio una cosa incredibile quella, le file proprio dovevamo fare per poter prende’ i mezzi, se no quello ho detto non riesco neanche a spiegarme eh per quanto il dolore sia talmente grosso per quello che abbiamo, quello che abbiamo passato e di fatti io oggi come oggi dico sempre, non tanto, per una settimana da fa’ passare a questa gioventù di oggi, una settimana sola de quello che abbiamo passato noi tutti gli anni de, della guerra così capirebbero quello che effettivamente è la vita oggi.

Citation

“Interview with Rosanna Capretta,” IBCC Digital Archive, accessed March 28, 2024, https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/collections/document/311.

Item Relations

This item has no relations.