Interview with Celsa Agosto

Title

Interview with Celsa Agosto

Description

Celsa Agosto reminisces about her wartime experiences and talks about a relatively quiet existence until her father was enlisted. Her neighbourhood was then bombed, and a day after a reprisal stormed the town. After that Celsa never came back until the end of the war.

Creator

Date

2018-01-06

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00:19:57 audio recording

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Contributor

Identifier

AAgostoC180106
PAgostoC1801

Transcription

Sono Stefano Usai per l’International Bomber Commando Center, stiamo intervistando a Dogliani in [omitted] la signora Celsa Agosto in data 6 gennaio 2018.
SU: Signora Celsa mi racconti un po’ come vivevate prima della guerra e durante la guerra la sua famiglia.
CA: Prima della guerra eravamo una famiglia tranquilla di cinque persone, mio papà lavorava in una fornace e mia mamma faceva la casalinga, noi andavamo a scuola, tutto normale. E poi la guerra c’ha, come posso dire, fatti venire pieni di paura, no - non eravamo più tranquilli. Perché si sentiva alla radio che bombardavano da tutte le parti. Poi anche mio papà è andato a milit - è andato, l’hanno richiamato, e noi bambine si capisce, la vita è cambiata con la guerra. Perchè poi non si trovava niente da ma - poco niente da mangiare e ci aggiustavamo con, con quel poco che avevamo. Perché finché c’era mio papà, un uomo è più portato andare a cercare se c’era qualcuno che aveva del grano da vendere, per potersi togliere la fame ecco, in poche parole. E mio papà andando via anche mia mamma era preoccupata. Mi ricordo che una notte abbiamo sentito qualcuno nel cortile e ci siamo spaventate perché sapevano che mio papà non c’era, ci siamo spaventate. Mia mamma è andata via con qualcosa per - ha acceso una candela mi ricordo che non avevamo neanche una pila per vedere se c’era qualcuno, poi abbiamo visto nessuno. E la guerra - con la guerra non eravamo più tranquilli come prima, ecco.
SU: Il giorno del bombardamento, voi eravate in città? Dove vivevate voi a Dogliani?
CA: Vivevamo sempre nella casa lì in Castello. E mi ricordo che mio papà e mia mamma e mia sorella più grande sono andati in campagna a lavorare e io e mia sorella più piccola, lei aveva sette anni e io tredici. Eravamo lì in cucina, era un pomeriggio caldo di luglio e abbiamo sentito un forte rumore. Beh ma [?] cosa succede? E abbiamo capito che era un aereo, allora tutte contente siamo andate nel, sul terrazzo per vederlo, perchè non è che si vedevan stan [?] tutti i momenti un aeroplano qua da noi. Io sono sta - rimasta un po’ perplessa un po’ anche un po’ di paura per veder - perchè ho visto come passava più basso delle case, non so, era, era un presentimento? Non so cosa sia, comunque dopo pochi secondi abbiamo sentito dei forti boati, come posso dire? E abbiamo capito, subito capito che stavano bombardando. Allora siamo scesi in strada io e mia sorella piangendo, perchè avevamo paura d’altronde. E abbiamo visto tutta la gente che correva disperata per mettersi al riparo perché era una cosa che non si aspettava assolutamente che venissero a bombardare Dogliani che è un paesino. Sapevamo che in città a Torino, tutte le parti bombardavano. Ma Dogliani era proprio l’ultimo pensiero che venissero a bombardare. Siamo andati lì nella strada, c’erano tutte le signore con giù i bambini, uomini, tutta gente che cercava di andarsi a rifugiare da qualche parte e noi abbiamo fatto altrettanto, siamo andati giù da una stradina dove c’era, che ci portava dove c’era, tanta. Come si dice? Tante erba - c’erano tanti boschi, non mi viene più in mente, dove c’era anche tanta erba alta. Potevamo nasconderci lì. Io mi ricordo che camminavo quella stradina, c’erano tutte pietre, io camminavo scalza perché correndo ho perso le ciabatte. E poi, ognuno pensava un po’ per, a salvarsi e io e mia sorella, piccole così, a un certo punto, ci siamo trovati in un bosco sole, da sole, perchè gli altri erano andate più da un’altra parte e noi andavamo così senza, non sapevamo neanche dove rifugiarci, siamo andati in un bosco e ci siamo nascoste il più possibile perché ave - avevamo, avevamo paura. Perché mitragliava. Perché questo qui che ha bombardato, quando lo abbiamo sentito la prima volta che ha bombardato dopo un po’ ne ha buttate due altre bombe. E allora adesso cosa vuole questo? Vuole uccidere anche noi che siamo scappati? Passava su, proprio sopra noi, abbastanza, e mitragliava. E così la gente era tutta nascosta, nelle, in quelle ripe lì, dove c’era tanta vegetazione, quello che volevo dire prima. E dopo, perché gli aeroplani hanno bombardato, perché Dogliani è diviso in due, Dogliani Castello e Dogliani Borgo. Noi abitavamo in Castello e lì non hanno bombardato, invece Dogliani Borgo l’hanno bombardata in due punti, uno nella piazza centrale, che c’è sempre tanta gente che va e viene, c’erano dei bambini che giocavano, poi, c’era anche un defunto che era mancato il giorno prima e c’erano parenti e amici che andavano a fare le condoglianze ai suoi amici e lì che avevano perso i suoi famigliari, la sua familiare, una signora, che era morta il giorno prima del bombardamento. E lì sono rimasti qua, hanno bombardato proprio quella casa, che attorno lì, attorno alla piazza, quelle case lì le hanno bombardate diverse e quella lì, dove c’era quella morta lì, c’era tanta gente e sono quasi morti tutti lì. Lì è dove ci sono stati, adesso non mi ricordo, quaranta e più mi pare, persone, ecco adesso quello no - non lo so. Ma si può? Ma. È così. Noi quando abbia - dopo quell’aeroplano, che mitragliava, e a un certo punto se ne è andato e allora pian piano siamo usciti tutti da questi nascondigli e siamo andati di nuovo in Castello lì, dove eravamo prima e c’era anche mio papà, mia mamma, mia sorella disperati che ci cercavano. Anche lu - loro molto spaventati. Io gli ho detto che papà guarda che, io questa notte qua non dormo perché ho troppa paura. E lui, mi [?] ha detto ‘vabbè cercherò qualcuno che’, aveva un amico che abitava in campagna e gli ha chiesto se potevamo andare a dormire, almeno io e mia sorella, loro non avevano tanta paura, mio papà e mia mamma come - io ero quella, la più spaventata ero io. E quelle, quella gente lì, quella famiglia molto disponibile ha detto, venite tutti a dormire qua che c’è posto. Siamo andati a dormire da quella famiglia. Li eravamo più tranquilli, se non che, al mattino di buon ora, adesso non ricordo l’ora. La campana della torre civica si, ha, si è messa a, suonava, disperazione - proprio a, che c’era, che voleva annunciare che c’era pericolo, pericolo, forte pericolo, non so, non ricordo più che se lo ha detto. Comunque, noi abbiamo guardato verso Dogliani e li a Torino vedavamo tutto fumo. Lì abbiamo poi saputo dopo che era bruciato diverse case e in una casa c’erano due signori sono bruciati vivi. E gli altri, perché non sono più riusciti a uscire fuori dalla casa e quelli che sono riusciti a uscire, i tedeschi, perché c’erano adesso non mi sono spiegata bene, perché quando abbiamo sentito suonare la campana qualcuno ci ha detto guardate che ci sono i tedeschi che arrivano da Monchiero. Erano loro che avevano dato fuoco alle case e quelli che sono riusciti a scappare dalla casa che stava bruciando i tedeschi li hanno uccisi lì, non mi ri - pare sei o sette sono morti così, di borghesi lì. E poi allora noi eravamo in quella cascina e mio papà e altri papà che erano, perchè c’era anche gente - anche altra gente che è venuta a dormire in quel cascinale, hanno detto noi ce ne andiamo di qua perché se ci trovano qua magari ci prendono per ostaggio, gli uomini erano ancora giovani loro. E allora gli uomini, papà, sono scappati da quella cascina, sono andati a nascondersi in campagna sono fuì, e c’hanno detto scapè, scappate anche voi perchè se arrivano qua i tedeschi possono bruciare la cascina e fare del male anche a voi. Allora noi bambini con le nostre mamme siamo andati, ci siamo nascosti nei filari dove potevamo, più lontano possibile da quella cascina perchè se venivano i tedeschi lì se eravamo lì vicini ci vedevano e non so cosa facevano. Siamo stati un bel po’ lì, camminavamo in quei filari ce na [?] non si sentiva più niente. E noi credevamo che i tedeschi se ne fossero andati, invece a un certo punto abbiamo sentito che dalla strada che era lì sottostante, che c’erano dei camion carichi di tedeschi, fascisti, non so, di quella gente lì e allora ci siamo messi tutti a pancia in giù, tutte le mamme ‘coricatevi!’ Seduti lì per, per non farci vedere. Loro si sono fermati, si sono messi a mitragliare proprio in quella direzione, [emphasis] oh ci hanno visti, ci hanno visti e ci uccidono tutti. Invece no, no. Si vede che no, non so se veramente ci avessero visti o com’è, lì non ci sono stati, siamo stati tutti salvi. Ma tanto lì è stato un momento anche molto brutto per noi, perché pensavamo proprio che ci avessi, che ci avessero visti e poi ci facessero del male. Ci, ci uccidessero. Dopo pian piano si sono incamminati, sono andati verso Farigliano, sono andati via. Noi pregavamo, abbiamo fatto tante di quelle promesse che poi abbiamo mantenuti, siamo andati in un santuario a piedi anche i bambini più piccoli sono venuti. Però Dogliani era proprio spaventata, perchè raccoglievano, non so come dire, troppo brutto da dire, i morti lì in mezzo alle macerie. C’era una bella ragazza, che io conoscevo bene, ero, allora io ero una bambina, ed è morta, un’altra ragazzina di dieci anni, poi tanta gente, mi pare quarantasei che ce ne fossero stati. Adesso non ricordo bene. Delle cose brutte ecco, si son, io non ho visto, ma quelli che lo raccontavano, sa quando bombardano? E poi lasciano.
SU: E quindi la città era stupita, sorpresa di aver.
CA: stupita, sorpresa, sorpresa.
SU: subito un bombardamento
CA: molto sorpresa. Qualcuno diceva ma quello che ha, ha bombardato o che ha mandato un terzo a bombardare, dice che l’ha fatto perché avevano ucciso sua suocera. E sua suocera è una che al giorno del mercato, io non la conoscevo, veniva a vendere la roba lì in piazza, e loro dicevano, i partigiani, ma non so adesso, che era una spia. Allora, per quello che sono venuti a bombardare, perché a Dogliani c’erano i partigiani, ce ne erano tanti di partigiani a Dogliani e dintorni.
SU: Dopo quanto in città diciamo è tornata, la città è tornata a vivere in maniera normale, prima della fine della guerra? O quando una volta è stata dichiarata la fine della guerra in maniera ufficiale?
CA: Beh questo, non sono neanche proprio come dirle, perchè, io ero una bambina, magari forse mio papà, un adulto, parlavano tra uomini ma più o meno, poi ci siamo tranquillizzati abbastanza. Però io non son più venuta a Do - nella nostra casa in Castello, io non so perché avevo troppa paura - na fifa - proprio, avevo troppa paura e allora mia papà ha affittato, perchè finché era d’estate andavamo a dormire da quei signori che c’hanno ospitato, e ma mio papà e mia mamma dormivano in una casetta piccola mezza diroccata che ave - dove c’era la campagna che mio papà lavorava. Ma d’inverno, perché fa freddo non si poteva stare lì, allora mio papà ha affittato due camere, sempre in campagna da, dai signori e io finchè non è finita la guerra non sono più venuta in Castello. No, no, è stata una cosa molto dolorosa né, perché a quell’età lì non sei ancora capace a ragionare, hai solo paura.

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Citation

Stefano Usai, “Interview with Celsa Agosto,” IBCC Digital Archive, accessed March 28, 2024, https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/collections/document/7763.

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