Interview with Osvaldo Gramegna

Title

Interview with Osvaldo Gramegna

Description

Osvaldo Gramegna (b. 1937) remembers the bombings of Turin. Mentions civilians initially fleeing along the railway during alarms and explains how, in hindsight, it was foolish behaviour. Anecdotes of his evacuee life at Casalgrasso: ineffective civil defence practices; how Germans planned to set the town ablaze, and the enormous value of a sowing machine, which his mother considered 'even better than a husband'. Provides an account of the bombing of the Lingotto marshalling yard (4 June 1944) mentioning its poor accuracy and the technical reasons for that.

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00:06:44 audio recording

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Contributor

Identifier

Memoro#4237

Transcription

OG: Osvaldo Gramegna e sono nato fisicamente il 31 dicembre del 1936 e anagraficamente il 1 gennaio del ’37. [part missing in the original file] Poi è subentrata la guerra. Ho visto i primi bombardamenti, le fughe nei prati e con il senno di poi dico ‘come eravamo stupidi a fuggire nei prati lungo la ferrovia che poteva essere uno dei punti da bombardare!’ perché nei bombardamenti si va sempre a cercare di interrompere le vie di trasporto oppure le fabbriche, ecco. Comunque non c’era altro spazio che fuggire fuori dalle case, nei prati che allora ce ne erano molti, lungo la ferrovia Torino-Genova, Torino-Pinerolo.
UI: E Lei se le ricorda anche?
OG: Me le ricordo anche se ero piccolo perché erano scene scioccanti, anche le fughe nelle cantine, nei rifugi. Poi mi padre pensò bene, grazie a dei lontani parenti, di trasferire la famiglia, io, mio fratello e mia madre a Casalgrasso, qui vicino, oltre Carignano. Però lui veniva sempre a lavorare alla FIAT con il tram, c’era un tram che da via Genova zona Molinette andava fino a Saluzzo e passava attraverso la via, Piazza Benghesi [Bengasi], verso via Genova, Piazza Benghesi [Bengasi] poi via Cuneo andava su di là. Ho trascorso tre anni, tre o quattro anni là non senza problemi perché mi ricordo un bombardamento mentre ero a scuola nel castello di Casalgrasso e la maestra anche lì poco furba ci fece andare a casa durante un’incursione aerea. Secondo me avrebbe dovuto nasconderci in cantina perché dei ragazzi che vanno in giro per il paese mentre c’è una, un’operazione in corso e più rischioso che stare in classe. Però lì quando c’è la paura, quando c’è la confusione, si fa come si può. E mi ricordo pure un previsto incendio del paese da parte dei tedeschi. Allora quando fuggimmo nei campi intorno al paese con le masserizie che si potevano avere. Innanzitutto la macchina da cucire per le donne allora era un’affare, era meglio del marito perché riuscivano a, mia madre si portò dietro quella macchina da cucire fino a 96 anni anche se da 30 anni non la usava più. Ma erano le cose moderne che si aveva allora, non c’era né frigo né lavatrice né niente. Dopo questo periodo grazie alla FIAT che con un camion venne a prenderci e ci portò nei pressi di Torino.
UI: [part missing in the original file] Ma perché questo quartiere fu molto bombardato, vero?
OG: Questo quartiere
UI: Questa zona della città, il Lingotto.
OG: Ecco, sì, è stato bombardato anche per errore. Per esempio il bombardamento che si vede in quel libro che abbiamo visto prima che c’ha lui lì, ecco, quel bombardamento lì, il 4 Giugno del 1944, che ha colpito molto la zona di Piazza Benghesi [Bengasi], via Passo Buole, buttando giù tutte le case, la chiesa, fu un bombardamento, come è scritto in quel libro lì, diretto allo smistamento ferroviario [emphasises] del Lingotto. Cioè tutte le fascie di binari che c’è dietro allo stabilimento Lingotto, dalla stazione fino diciamo così
UI: a Piazza Carducci.
OG: a piazza Carducci, questo bombardamento del 4 Giugno ’44 era diretto allo smistamento. Però una nube copriva lo smistamento e questi aerei, che allora non avevano i radar, avevano l’ordine di arrivare fino a lì e tornare indietro perché erano partiti dall’Africa. Erano avvantaggiati perché attraversavano il mare mentre quelli che arrivavano dall’Inghilterra, dovendo passare territorio nemico, erano più soggetti al rischio dell’antiaerea, mentre questi, arrivando dal mare, dalla Libia o dal Marocco, è scritto lì adesso non ricordo, attraversando il mare erano meno esposti all’antiaerea. E allora mi pare che erano partiti in 1400 aerei diretti a tutti gli smistamenti ferroviari d'Italia, Ventimiglia, Bologna, Parma, Bussoleno, cioè tutti i centri che interrompevano i trasporti. Nel nostro caso 140 aerei erano diretti qui a questo smistamento. Una nube copriva lo smistamento e non hanno visto il luogo dove dovevano buttare le bombe, però arrivati qui loro dovevano allegerirsi comunque delle bombe per tornare indietro e le hanno buttate dove capita capita e hanno, non colpito il bersaglio ma hanno colpito i civili, le case e compagnia bella
UI: 140 aerei.
OG: 140 aerei, scritto là in quel libro. Erano partiti in, ma bisogna pensare ad aerei dell’epoca, no
UI: beh, sì.
OG: Che avevano poca autonomia, quindi, non potevano fare 10000 km ma solo 3 o 4000. E poi avevano delle bombe antiche, molto pesanti, per cui, e, avendo poca autonomia, arrivati sul bersaglio dovevano anche poter tornare indietro altrimenti, se stavano lì a gironzolare, consumavano la benzina, poi non ce l’avevano per tornare alle loro basi.

Citation

“Interview with Osvaldo Gramegna,” IBCC Digital Archive, accessed March 28, 2024, https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/collections/document/336.

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