Interview with three survivors of the Po valley bombings

Title

Interview with three survivors of the Po valley bombings

Description

The informants remember wartime hardships endured near Pavia and Piacenza. Several stories recalled: a farmhouse being thoroughly searched for partisans, children questioned, people injured by shell splinters, a makeshift dugout used as shelter, improvised lighting at home, strafing, Germans looking for deserters and American troops giving away crackers to the children. They tell how the menacing presence of 'Pippo' forced them to relieve themselves inside on the floor. Mentions the bombings of Milan as seen from the countryside where they were.

Creator

Date

2017-04-13

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Format

00:13:33 audio recording

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Contributor

Identifier

AAn00974-170413

Transcription

FA: Sono Filippo Andi e sto per intervistare le signore [omitted]. Siamo a Vellezzo Bellini è il 13 aprile 2017. Ringraziamo le signore per aver permesso quest’intervista. La sua intervista, le vostre interviste registrate diventeranno parte dell’archivio digitale dell’International Bomber Command Centre, gestito dall’Università di Lincoln e finanziato dall’Heritage Lottery Fund. L’università s’impegna a preservarvi e tutelarvi secondo i termini stabiliti nel partnership agreement con l’International Bomber Command Centre. Signora [omitted], vuole,
Interviewee: Eccomi.
FA: vuole raccontarci cosa si ricorda del tempo di guerra, in particolare dei bombardamenti avvenuti nella sua zona, dove abitava?
I: Eh, mi ricordo sì, che da quel particolare lì che noi abitavamo in una cascina che era in direzione del Ponte d’Olio, era il ponte più, un punto più preciso per i bombardamenti, venivano proprio di sopra della cascina e tiravano, e bombardava sempre il Ponte dell’Olio perché lì era, non so cosa c’era, che per loro era un punto più di riferimento. Poi va bene, prima di arrivare al ponte c’era un paese che si chiamava Orzinuovi, era un paese di molti partigiani, fascisti e via discorrendo. Mi ricordo bene quel periodo lì, ecco. Poi mi ricordo quando sono venuti alla cascina per cercare un partigiano che hanno fatto la rivoluzione per tutta la cascina quale che lui, benissimo, era scappato, era scappato fuori in una campagna dove c’era la, diciamo la produzione del tabacco. Lì c’è stato un po’ di trambusto, un po’ di difficoltà di tutti, anche con la famiglia perché venivano in casa e buttavano per aria tutto per vedere se delle volte erano o nel letto o nel mucchio del granoturco, vedere se era sotto, non so perché, come faeva a capì, e invece casa non c’era niente. Poi per proteggere, anche per vedere se ghe c’era qualcheduno che diceva la verità, portavano i ragazzi, i ragazzini come me d’otto anni dietro, perché dicevano che se non si diceva la verità mi avrebbero picchiato. E allora noi non è che potevamo dire la verità perché non era in casa nostra, era il figlio d‘un nostro principale che, lui benissimo era a casa ma noi non è che possiamo dire lui era a casa. Nel frattempo lui ha fatto in tempo a scappare. È scappato fuori, loro sono andati in casa, non hanno trovato niente e la roba è stata finita lì. Poi, sì, lì al paese ci sono state tante cose, tanti bombardamenti. C’era sto signora lì che l’hanno perfino pelata, perché era una partigiana, le dava fastidio non lo so, era perché era ricca, non lo so, lì l’hanno pelata tutta.
FA: Si ricorda qualche bombardamento in particolare?
I: Bombardamenti particolare no, perché diciamo lì alla nostra cascina non è mai successo niente, vedevamo solo a passare che buttavano le schegge, dicevano le schegge, i nostri genitori dicevano le schegge, magari erano bombette, non lo so. Diciamo proprio bombardamenti lì no. Sono stati al paese e sul Ponte dell’Olio. Noi, essendo vicini, si vedeva ma non che abbiamo visto proprio.
FA: Vi arrivavano i rumori, insomma.
I: Sì, sì.
FA: Lo spostamento d’aria.
I: Lo spostamento d’aria e così via. Però vedendo proprio da buttare giù. Poi quando c’è stato finito la guerra sono passati tutti con i carri armati i tedeschi e na davan de mangià.
I: Americani.
I: Erano gli americani na devana, passavan con i carri armati, eh quanti, e li davano giù quel pane che sembravano gallette.
I: Gallette le chiamavano.
I: ecco, il pane che si chiamano gallette e lì è stato quando la guerra è stata finita. L’abbiam finita nel ’45, ecco.
FA: Ok, va bene. Eh, signora [omitted], lei invece abitava alla cascina Brunoria.
I: E infatti, lì vicino a Pavia, proprio. E quando hanno bombardato, cosa lo chiamavano, il Ponte dell’Impero, quello lì lo chiamavano? O no?
FA: Quello di cemento?
I: Quando hanno bombardato Pavia, cos’era il Ponte dell’Impero, lo chiamavano?
FA: Sì, dell’Impero, sì. Di là c’era quello della ferrovia.
I: Che e poi mi ricordo che erano i primi di settembre no, noi eravamo, io, mia sorella e mio fratello eravamo nei campi a spigolare le patate.
I: Ah sì.
P: E niente, mia mamma è venuta a cercarci, no, perché in linea d’aria eravamo lì ad un paio di chilometri eh dal ponte, o forse neanche. Adesso non mi ricordo più però.
FA: Mi pare di sì.
I: Ecco. E niente, mi ricordo il fatto che una scheggia no, ha proprio preso mia mamma qui sulla spalla. Non c’era il sangue però c’era via la pelle, si vedeva proprio la carne rossa. Quel fatto lì la vedo ancora adesso, però c’è l’ho davanti agli occhi ancora ecco.
FA: Quindi si ricorda dove eravate più o meno. Quindi eravate lì nel.
I: Eravamo lì vicino alla cascina, fuori, fuori appena dalla cascina ecco.
FA: Quindi è arrivata fino, fino a lì.
I: Sì, sì, sì, eh, le schegge delle bombe, sì, sono arrivate fino a lì, ecco. L’altro, proprio dei bombardamenti no, non mi ricordo, ecco.
FA: Perché comunque c’era una certa distanza, ecco.
I: Sì. Anche. Ma quello lì c’è stato anche quello più che mi ricordo più grande, come bombardamento, no, che hanno buttato giu il ponte lì.
FA: E poi è andata, ma è andata in ospedale o?
I: No, no, eh sì, non c’era neanche, non c’era neanche la bicicletta per andare in ospedale. Niente. No perché difatti non è che era grave, era via solo un po’ di pelle che si vedeva, la carne rossa, eh.
FA: Graffiata insomma.
I: Sì, ecco, così. D’altri fatti, ecco proprio di bombardamenti proprio no, non mi ricordo neanche, magari me l’hanno raccontato anche i genitori, ecco.
FA: Lei invece, signora [omitted], dove abitava?
I: Io abitavo a Samperone, vicino alla Certosa. Lì hanno lanciato una bomba però non c’è stato nessun morto, praticamente, perché è caduto in campagna. Però io, di fronte a me, alla distanza di cento metri, avevo l’accampamento dei tedeschi e in casa mia mio papà era in guerra, però mia mamma aveva in casa il papà e un fratello che doveva essere militare. Quindi eravamo molto, molto, molto osservati. [phone rings] Quindi eravamo un po’ sotto pressione perché avevamo in casa questo zio.
FA: Esatto.
I: E dall’accampamento, la nostra porta dava proprio sull’accampamento dei tedeschi. Quindi loro ci vedevano in casa. Infatti un mattino mio zio è sceso dalla camera, si è messo lì per mettere le scarpe e l’han visto. Quindi hanno fatto irruzione in casa, cercavano il marito, a mia mamma dicevano il marito. Lei li faceva vedere le lettere e via, dicendo che il marito era, loro hanno visto e mio papà perché aveva in casa anche il papà,
FA: Ah già.
I: Ma loro han capito che poteva. Quindi sono andati su in camera, hanno con le baionette trafitto tutti i letti,
FA: Insomma hanno fatto un disastro.
I: un macello, non l’han trovato. Non l’han trovato poi hanno fatto, c’erano i camion che portavano via quelli che c’erano a casa non trovando per loro un uomo c’era, hanno portato via mio nonno. Però essendo vecchio il giorno dopo l’han fatto venire a casa. Ricordo dei bombardamenti per noi era come se fossero lì, erano quelli di Milano, quando bombardarono Milano, che eravamo fuori nei rifugi, sembrava proprio però non eravamo proprio lì.
FA: Dove, dove vi rifugiavate?
I: Eh, c’era un campo che avevano fatto un rifugio sottoterra, sì. Andavamo tutti lì fuori in campagna, avevano fatto un rifugio, c’era un campo. Per dire, uno era qui, poi c’era come una collinetta, l’altro era più là, lì sotto avevano scavato, fatto i rifugi e noi, quando suonava l’allarme, scappavamo tutti lì.
FA: E si ricorda come era costruito il rifugio, cioè, avevan scavato e han fatto un
I: Sì, sì, proprio scavato e noi andavamo tutti lì.
FA: E han messo le travi in legno.
I: No, no, una buca.
I: Una buca.
FA: Era giusto un buco.
I: Un buco. Era sostenuto perché era un campo alto e uno basso.
FA: Ah, ok.
I: Cioè, essendo quello lì più alto, fatto la buca e noi riuscivamo.
FA: Un terrapieno.
I: Ecco, dentro e uscire fuori.
FA: Ho capito. E l’allarme, si ricorda dov’è che era l’allarme, era in paese, a Samperone?
I: L’allarme, suonava l’allarme, dire da dove suonava non lo so. E c’è stato un bombardamento sulla statale, da Samperone alla statale, lì da Pavia c’è un chilometro e mezzo. Hanno bombardato un camion, però io non mi ricordo. C’è stato un bombardamento col camion.
FA: Ehm, un’ultima domanda. Cosa vi ricordate di Pippo?
I: Pippo era tremendo.
I: Pippo, posso dire, noi tre bambini, con l’accampamento fuori, ci faceva fare la pìpì in casa, per terra sul pavimento. Perché quand’era sera, bisognava che ci fosse tutto buio, noi avevamo l’accampamento lì, non potevamo aprire la porta, andare fuori a fare la pìpì, dovevamo farla in casa sul pavimento. I bagni in casa non c’erano, si andava fuori. E l’accampamento è come, ecco, questo è la porta, e lì dove c’è la mura, c’era l’accampamento.
I: Non c’era la luce però. Io non avevo la luce.
I: No, la candela. E magari la spegni.
I: No, no, io mi ricordo che avevamo la luce, sì, sì.
I: Una piccola lampadina.
I: Io mi ricordo che c’avevamo la lampadina. La lucerna non mi ricordo.
F: No, no, no, io la lucerna che mettiamo sul tubo e sotto c’era il petrolio, no.
FA: Esatto
I: Quando si sentiva Pippo, mia mamma [backgroud noise] la ciapava un strass nero , no la n’andava in gireva insima[unclear]
FA: e lo copriva.
I: E lo copriva. Lui andava.
I: Ma noi, noi la luce l’ho mai vista da [background voice]
I: Ricordo io, la luce l’avevamo, per quel che mi ricordo.
F: Noi facevamo con la lucerna. Con la lucerna, disevan la lucerna, c’era il petrolio. Poi avevo un tubo di sopra perché c’era fumo no. E niente, eran quello lì. Mio papà gaveva mis du caden se no comel fai. El leva tacà su li, era una lucerna.
I: Io dei tre ero la più piccola
F: non ho mai visto.
I: di tre figli ero la più piccola.
FA: Va bene allora. Va bene, vi ringraziamo allora per.
I: Niente. Bene. Poi se va bene.

Citation

Filippo Andi, “Interview with three survivors of the Po valley bombings,” IBCC Digital Archive, accessed April 26, 2024, https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/collections/document/717.

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