Interview with Franco Nocchieri

Title

Interview with Franco Nocchieri

Description

Franco Nocchieri recalls his early years as an orphan in several different towns in the Province of Pavia. He describes the bombing of the Voghera railway station, which started while he was heading to school. He goes on to explain how he and his schoolmates used to cheer during air-raids, as they were free to skip school and play. He recounts his experience as live-in delivery boy at his stepfather’s tavern at Albaredo Arnaboldi, a vantage point from which he witnessed the daily attempts to destroy the Ponte della Becca, a bridge across the Po river. Franco describes his memories of ‘Pippo’, which he tried to watch every night, and mentions it dropping explosive devices disguised as fountain pens and toys. He describes the difficult coexistence between the local population and Axis troops, stressing the brutality of fascist militiamen. He also describes the fearsome reputation of a prison in the nearby town of Broni, known as ‘Villa Triste’, where many people disappeared. He remarks on his fearless attitude, except while listening to Radio Londra, which was a criminal offence at the time. Franco comments on the food shortages of the time and describes how the poor resorted to eating cats, which were considered to be a substitute for rabbit. He also recounts several wartime events, including: a narrow escape from the Ponte della Becca bombing; widespread fear inspired by so-called ‘Mongols’ (which were part of a German foreign division); a public execution; a friend killed by a bomb believed to have been dropped by ‘Pippo’; the strafing of a funeral procession, and the sight of Felice Fiorentini, a war criminal dubbed 'The Beast', being paraded in and around the province in a cage after the end of the war. He also mentions various stories from his time as a member of the Azione Cattolica Italiana, a Roman Catholic lay association.

Creator

Date

2017-02-02

Coverage

Language

Type

Format

01:05:47 audio recording

Rights

This content is available under a CC BY-NC 4.0 International license (Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0). It has been published ‘as is’ and may contain inaccuracies or culturally inappropriate references that do not necessarily reflect the official policy or position of the University of Lincoln or the International Bomber Command Centre. For more information, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/ and https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/legal.

Contributor

Identifier

ANocchieriF170202

Transcription

FA: Sono Andi Filippo e sto per intervistare Franco Nocchieri. Siamo a Gropello Cairoli in provincia di Pavia, è il 2 febbraio 2017. Ringraziamo il signor Nocchieri per aver permesso questa intervista. E’ inoltre presente all’intervista Carlo Intropido, amico dell’intervistato. La sua intervista registrata diventerà parte dell’archivio digitale dell’International Bomber Command Centre, gestito dall’università di Lincoln e finanziato dall’Heritage Lottery Fund. L’università s’impegna a preservarla e tutelarla secondo i termini stabiliti nel partnership agreement con l’International Bomber Command Centre. Signor Nocchieri, vuole raccontarci la sua esperienza durante il periodo, diciamo della Seconda Guerra Mondiale?
GN: Sì, sì, Allora, esperienza della guerra, vediamo un po’. Posso cominciare da Casteggio. A Casteggio c’è una zona che si chiama il Pistornile e là c’è, c’era, penso che ci sia ancora, un istituto o un orfanotrofio, giusto? Quando c’era la guerra io sono stato lì, da ragazzino, proprio, no. Il problema, il problema qui è, era la fame, lì si soffriva proprio la fame era fame, perché sia a mezzogiorno come la sera, patate in brodo. Una scodellina di alluminio, perché adesso non è di alluminio, no, tant’è che l’alluminio veniva su con roba bollente, no. Mezzogiorno, sera, patate, e noi altri ragazzini, era talmente la fame che scavalcavamo il muro eccetera eccetera e andavamo a rubare il fondo del, il crostone, così in dialetto, della verza, non il crostone dentro la verza ma quello proprio, per far la fame, per eh. E sì, poi qui, siccome poi, sì, era ormai iniziata la guerra no, c’erano ancora i materassi con dentro, come si chiama quel coso lì, del, del, le pannocchie, come si chiamava quelle cose lì? La, la.
CI: Il granturco.
FN: Del granoturco, la pannocchia. Allora i materassi erano fatti con quello, ecco.
CI: Ah.
FN: Lo sai, io non lo so, penso, cioè eh. Comunque. E poi in questo istituto c’era il problema della notte per le cimici. C’erano tante di quelle cimici che ogni tanto cercavano di pulire un dormitorio di cento ragazzini. Che, ogni tanto, cercavano di pulire e col martello picchiavano sui letti e volavano giù tutta una striscia di cimici [laughs] e veniva poi pulito con lo zolfo. Mettevano lo zolfo in mezzo a questo camerone, lo bruciavano e, e poi ritornavano, ecco questa era la vita di allora. Questo in grosso modo, no. Casteggio. Perché, e no, tu non puoi parlare perché se parlate così, mi fa le domande lui forse io vado più avanti no, perché sono stato lì, perché ero stato preso, adottato da una persona, che era un po’ matto, allora non si guardava tanto, adesso per adottare un bambino, per dire, c’è una burocrazia che ti, taccate al tram, beh sai una volta andavi al nido qui a Pavia e o bene o male prendevi un bambino e te lo portavi a casa. E io sono finito così uno che aveva poi, eh, che aveva l’osteria che poi racconto man mano vado avanti no, ecco. Ed ero andato a finire quel, quello lì di quell’osteria a Reggio, come lo chiamavano. Siccome era un donnaiolo, aveva l’osteria no e per liberarsi di me mi metteva negli istituti. Dopo mi veniva a prendere a secondo i suoi giri così. Beh, questo era la’, poi c’è, andiamo a Voghera, Voghera, qui incomincia sempre in un orfanotrofio cui ero e qui la scuola, una volta facevano, venivano promossi quelli che agli insegnanti davano il salame e invece io a Voghera mi avevano promosso in base ai bombardamenti, no. Cioè, ero in un istituto, proprio in fondo di Voghera, era una scuola professionale che era davanti alla stazione, giusto? Voghera. Non mi ricordo più come si chiama quella lì, niente. Eh beh, andavo in quella scuola. Però di scuola ne ho fatta pochissima perché come partivamo dall’istituto, eravamo quattro cinque ragazzi, beh, quando andavamo in istituto, quando eravamo a metà strada suonava l’allarme. E noi eravamo contenti, perché invece di, invece di andare a scuola andavamo in giro per la strada a giocare, ma però, quando suonava l’allarme, a scuola non si entrava. Quindi quasi tutti i giorni era così, di conseguenza, un giorno di scuola, un giorno sotto i bombardamenti. Perchè lì bombardavano per ore, non hanno mai preso la scuola, ma gli aerei hanno incominciato a rompere le scatole. E invitavano di andare nei rifugi ma io come ragazzino, noi ragazzini ci guardavamo bene dall’andare nei rifugi. Quando arrivavano gli aerei così, per noi era tutto un, eravamo quasi contenti perché vedevamo questi aerei [makes a noise] e che, questo Voghera. Naturalmente il problema della fame, a Voghera io non l’avevo perché nell’istituto bene o male si mangiava. Poi avevo una tessera del pane falsa, ma o bene o male con la tessera del pane, ma insomma, con il mangiare o bene o male ce la cavavamo, tempo di guerra. E poi, e poi dove incomincio, boh, dove, dove, ecco, allora. Io abitavo nel paese Campospinoso Albaredo, sai dov’è? Campospinoso Albaredo è stato proprio la mia vita fino a quando è finita la guerra, no. Dunque, di Campospinoso Albaredo posso dire per esempio quando arrivavano i tedeschi, che arrivavano con cannoni, mitragliatrici, su carri trainati da cavalli, ma tanto belli e grossi, e passavano e noi ragazzi tutti contenti perché vedevamo tutte ste cose qua. Poi, ah, nel paese, lì a Campospinoso Albaredo la fame non c’era proprio come paese perché le uova o bene o male c’erano. Poi c’era un macellaio che uccideva tutte le settimane la sua mucca poi c’era chi uccideva il maiale, l’unico problema sì a volte mancava la carne, lo zucchero però si salvava coi gatti, lì i gatti ne giravano ben pochi perché mi ricordo io che mangiavamo i gatti come si mangiava un coniglio in tempo di guerra. In tempo di guerra era un po’ spinoso beh! E i tedeschi non hanno mai mai mai mai disturbato per la verità eh, passavano poi avevano fatto una specie di accampamento ma lasciavano vivere. [pauses] Dunque più che i tedeschi davano fastidio i repubblicani, i fascisti, quello lì sì, i repubblicani, durante, io parlo perché ero dentro, in un’osteria no, qui facevano da mangiare eccetera eccetera, lì quando era mezzogiorno mi pare sì, c’era il giornale radio che parlava il Duce e bisognava alzarsi in piedi. Se uno non si alzava in piedi intanto che c’era il telegiornale erano guai seri. Potevi essere prelevato dai fascisti, prelevato e andavi a finire a Villa Triste Broni e lì, beh, lo sai, potevi sparire completamente, no? quello lì. Dunque, ah, sì. I tedeschi, i tedeschi, eh dunque, i tedeschi, c’era l’osteria, l’unica volta che hanno dato fastidio è che sono venuti lì a cena una sera, erano una qundicina o più, hann cenato, tutti armati eh! Han cenato lì eccetera, poi hanno incominciato a bere, si sono scaldati un po’, eh me lo ricordo proprio, ero un ragazzino insomma no, ecco, e a un bel momento si sono levati proprio tutti tutti proprio nudi come dio li ha creati, tutti eh, e hanno cominciato a cantare e bere, cantare e bere, così sono andati avanti per un po’, poi sono scesi in una, c’era una cantina grossa sotto nella osteria, sono scesi in quella cantina lì e hanno aperto tutti i rubinetti delle botti, io ero terrorizzato perché poi dopo il Risù cher era quello che mi aveva preso in adozione era andato a dormire e m’ha lasciato da solo. Io ero terrorizzato, non tanto per i tedeschi ma ero terrorizzato da questo Risù perché poi alla mattina le botte erano tutte mie, no? Comunque hanno fatto un disastro, se ne sono presi e sono andati. L’unica cosa, no, no, no, loro non hanno pagato, no no, hanno mangiato e hanno bevuto e tutto, continuavano a ballare per l’osteria, lì così nudi nudi, poi sono andati alcuni nudi hanno preso il loro fucile e se ne sono andati e buonanotte suonatori. Che avevano un accampamento lì. Però nel paese poi era arrivato il terrore, c’è stato un momento che era arrivato il terrore dei mongoli. Perché si diceva che erano arrivati i mongoli che prendevano le donne, via eccetera. E il paese c’è stato una volta che era stato terrorizzato per questo, che c’erano, che erano poi, erano arrivati alla frazione lì attorno, non mi ricordo più le frazioni, per andare a San Cipriano giù di lì, c’erano delle cascine e questi mongoli, che erano arrivati insieme ai tedeschi, li chiamavano mongoli, poi io non so se erano mongoli, quel che erano. Andiamo avanti. Il pericolo soprattutto in questa osteria era Radio Londra perché c’era il Risù così che non era un fascista, no, e lui riceveva, tramite Radio Londra, e poi trasmetteva ai partigiani, tutto di nascosto. Io ero lì e di notte lui accendeva Radio Londra e l’ascoltava, io ascoltavo, ma eh, però era, di quello io avevo paura, seppure come bambino in sostanza, capivo e avevo paura perché se ti prendevano mentre ascoltavi Radio Londra ti fucilavano sul posto lì, non c’era via di scampo. Dunque, poi andiamo avanti. I tedeschi quando poi c’è stata quasi il fine della guerra, i tedeschi si ritiravano no e come erano andati giù tornavano indietro coi carri coi cannoni e allora c’era un ordine quasi tacito di non disturbare e di lasciarli andare, a lasciare passare perché poi hanno cominciato i partigiani e dei partigiani avevamo paura che disturbassero queste colonne, no, allora anche quelli i tedeschi avrebbero reagito e allora come tacito passavano zitto lì eccetera. Mentre invece poi qui al Ponte della Becca tre o quattro cinque partigiani, quello sono testimone, hanno arrestato un cento o più di tedeschi perché si sono messi d’accordo mentre i tedeschi si erano raggruppati lì, prima del Ponte della Becca, a Campospinoso andando giù verso Pavia, Tornello, è il paese, Tornello, subito dopo Tornello si sono piazzati i tedeschi e quattro cinque partigiani hanno fatto del fracasso, cioè quattro cinque, uno qui, uno là, uno là, uno sparava, l’altro dava ordini, l’altro così, e invece erano solo quattro, cinque. I tedeschi si sono spaventati e si sono arresi quattro, cinque uomini, in sostanza, no. Andiamo avanti. Oh, poi arriva, ah beh sì, quando ero ragazzino c’era il Balilla [laughs] c’era il Balilla che il Risù, sempre quello che mi adottava, non ne voleva sapere, di fatti io sono stato uno dei fortunati che non ha messo su perché era obbligatorio mettere su la divisa con tutte ste’ cose, i ragazzini ci tenevano, non perché erano fascisti ma da ragazzini avere una divisa così, poi, invece io sono stato esonerato però io ero, c’era la sede dei fascisti era proprio a fianco della osteria dove, che l’osteria era responsabile di quel locale, un grande salone, che poi, finito la guerra è servito come balera insomma, no, e lì c’era una biblioteca con diversi fucili e la biblioteca io prendevo i libri, mi piaceva leggere, no, libri del Salgari allora eh, e poi i fucili, mi divertivo con i fucili, li prendevo, andavo fuori nell’orto, sparare così, racconto cose così, siccome hai detto di raccontare e io racconto quel che mi viene in mente, no, poi comincia la Radio Londra l’ho detto no? . Ecco, per cominciare la, i bombardamenti, ecco, qui sì, dunque. Bombardamenti io mi ricordo che incominciavano a arrivare i caccia quattro cinque caccia, facevano un bordello di quei bordelli, ma come quando passano quelli aerei supersonici, lì, i Tornado, ecco, era quel rumore lì, ne arrivavano quattro cinque insieme, tutti [unclear] e arrivavano all’improvviso no e giravano sempre intorno a il Ponte della Becca, prendevano verso Pavia ah, eh non mi ricordo più, beh, c’era un posto che era una polveriera, una polveriera grossa, adesso sono tutte case, non so se sai dov’è, allora, passi il Ponte della Becca, vai avanti, poi c’è la strada, beh insomma è un punto che c’è una grande curva che poi sono ritrovati arrivi a Pavia il [unclear], una volta era Darsu, una grande curva, la strada che va giù, una grande curva, orca, non mi ricordo più i nomi, prendi la cartina e vedi. Beh, adesso son tutti villette, case, lì c’era la polveriera, e questi caccia giravano intorno al Ponte della Becca e a quella polveriera lì perché lì i tedeschi avevano messo giù la contraerea e la contraerea, quando arrivavano i caccia, sparava ma poi un bel momento i caccia lo facevano tacere [laughs] mi sono spiegato, se no, sì, piombavano e bombardavano anche, no. Per esempio, il Ponte della Becca l’hanno bombardato un centinaio di volte, l’hanno mai buttato giù, lo foravano, l’hanno buttato giù i caccia l’ultimo giorno di guerra. E allora sono andati giù, hann buttato giù i piloni di là, un pilone e una volta sul Ponte della Becca io giravo con la bicicletta e avevo un’anguria di dietro. Venivo verso Broni e l’hann bombardato io c’ero sopra, l’hann bucato però non mi sono fatto niente. Ho portato a casa un anguria intera [laughs]. Ponte della Becca. Arrivano i caccia. Quando i caccia erano riusciti a fare tacere l’artiglieria, allora arrivavano i bombardieri. Arrivavano parecchi, no, quattro cinque qui, quattro cinque là, avevano un rumore poi anche strano, una cosa e lì lanciavano giù le bombe sul Ponte della Becca, sul, su quella polveriera lì e sul Ponte del Ticino e noi ragazzi dei genitori non ce ne siamo neanche accorti dalle case perché i caccia mitragliavano eh, non scherzavano mica, facevano di quelle mitragliate e noi invece fuori a guardare perché era, ci piaceva vedere, no. Erano tremendi quei, quelli lì, quei caccia lì erano americani, non so qual’è, però erano anche cattivi perché per esempio correvano dietro a chi andava in bicicletta. Se vedevano una bicicletta sulla strada, quella la facevano fuori. C’era uno lì che era un sordomuto che andava in giro con un carretto con i buoi, carro con i buoi no, ma lui non sentiva, andava tranquillo [laughs]. L’hanno fatto fuori, proprio. Erano tremendi eh! Sparavano, andavano di quà, li sentivi e vedevi proprio le mitragliate che se vedevano sulla strada era verso sempre le quattro, tre e mezza, le quattro, se vedevano qualcuno sulla strada, quello aveva finito di vivere. I caccia, i bombardieri no, i bombardieri buttavano giù le loro bombe poi le vedevi poi eh, poi se ne andavano e via. Tutti i giorni, più o meno tutti i giorni, ma per un bel po’ eh. La polveriera l’hann fatta saltare parecchie volte che poi da Campospinoso Albaredo si vedevano proprio le fiamme, che venivano su, le botte via eccetera no. Eh, sempre in fatto di bombardamenti, il Pippo, famoso Pippo, no, che, quello proprio l’ho vissuto in pieno io, il famoso Pippo, no, che arrivava lì, lì le luci, se vedevano un lumino era, era, [laughs], e il Pippo arrivava alla sera sempre a un certo orario e buttava giù, questo lo posso testimoniare bene, buttava giù degli oggetti come delle navi, ne avevo una io, navi in miniatura, ma belle eh, io ne avevo una, disinnescata me l’avevano, erano proprio anche fatte bene, oppure aeroplanini oppure penne stilografiche e naturalmente Pippo le buttava giù, no, oltre che prendere le luci, se vedeva una luce, un lucino, appena appena, si accendeva un fiammifero, quello lì lo vedeva, era tremendo e buttava giù sti oggetti e noi naturalmente da ragazzini incoscienti andavamo a raccoglierli. Poi siamo stati avvisati che. Comunque c’è stato, questo lo racconto perché mi è sempre poi rimasto anche in mente. C’è stato un ragazzino della mia età no, eravamo sempre in gruppo, no, e ha raccolto un bordello di queste cose qui. Non sapevamo ancora che avevano questo effetto e ha raccolto e si è messo nella testa di andare a pescare. Buttandole dentro secondo noi, no, buttandole scoppiavano. E difatti siamo andati in riva al Po e io non so qui e lì sempre ci siamo sparsi per venire ed il pesce così così, lui è rimasto da solo e buttava dentro queste cose qui. E poi un bel momento una è scoppiata, l’ha fatto scoppiare queste, l’han raccolto su col cucchiaio quel ragazzino lì. E’ scoppiato anche lui, tutto un. Bene. Disgrazia vuole che fanno il funerale a questo ragazzo, tutto una fila, il paese Campospinoso aveva, c’era una strada dritta che andava a Baselica, un paesino lì, una frazione, un paesino, allora era una frazione, dove c’era il cimitero. Su quella strada lì vuoi mica dire che arriva, che arrivi i caccia proprio mentre c’è il funerale un fuggi fuggi generale nei fossi hanno mitragliato la cassa perché poi non c’erano i carri, la macchina, quando facevano un funerale portavano tutto a spalla no, e quello che avevano, portavano in spalla sto ragazzino che poi c’era dentro della carne tutta maciullata l’hann messo giù, preso in mezzo alla strada, son scappati nei fossi, hanno mitragliato anche la cassa, l’hann forata in un modo, una mitragliata di quelle lì, no, quando sono andati via poi hanno continuato il funerale con tutta sta cassa rotta. Mah, niente. Ecco questa, la storia, questa era del Pippo. Dunque, ecco, quindi, maciullato durante il funerale. Ponte Becca, dunque, poi io non so cosa devo raccontare ancora, fame no, della Becca. Ah sì, io, per mangiare, io come ragazzino sempre su ordine di quel pazzo, io lo chiamo pazzo, mi mandava a prendere il formaggio ad Albuzzano. Albuzzano c’era uno che aveva, allevava maiali, aveva una specie, faceva del formaggio, il burro, e io, ecco da Campospinoso andavo in bicicletta ad Albuzzano. Però io ero sempre terrorizzato perché alla fine del Ponte della Becca c’erano sempre lì i tedeschi che fermavano tutti, chi era in bicicletta magari gliela portavano via e io passavo lì col zaino e [pauses] non mi hanno mai fe rmato né niente e che quando tornavo col zaino dietro, con il formaggio, specie di formaggio, il formaggio, il burro eccetera, quelle cose lì, avevo il terrore che mi fermassero, non tanto il terrore dei tedeschi quanto per il Risù, quello lì era il motivo che poi prendevo un bordello di botte perché avevo avevo preso tante, se la prendeva con me mica coi tedeschi quello lì, ecco. Non mi hanno mai fermato, sono sempre passato avanti e indietro, quasi tutte le settimane con la mia scorta di formaggio, me la sono cavata così. Andiamo avanti. Ecco, poi allora qui siamo già [pauses] per tenere, c’era andavo a Stradella con la bicicletta a prendere il ghiaccio perché allora per tenere fresca la roba c’erano dei piccoli frigoriferi, scatoloni, mettevi dentro il ghiaccio e sempre con il pericolo dei caccia eh, perché, però me la sono sempre cavata fuori. Poi, vediamo un pò, andiamo avanti, eh!, E poi comincia la, i partigiani. Dunque, nei partigiani, è successo che, era tutto su lì, Cigognola, sulle zone, , sulle colline di Broni, no, Cigognola, tutti quei posti lì, partigiani del paese, ero andato su a fare il partigiano, no, però l’inverno [laughs] faceva freddo e sulle colline non vivevo e allora sono ritornato al paese, c’era un segretario che si chiamava podestà, podestà, era una brava persona e invece di farli, arrestare è andato d’accordo con i tedeschi in modo che, hanno, c’era, hanno organizzato la Todt, si chiamava la Todt, per fare le trincee sull’argine del Po, che era divertimento per noi ragazzi perché ci andavamo dentro poi a giocare, no, e hann fatto la Todt tutti sti giovani sono andati lì se la sono cavata fuori, però poi sono saltati fuori i fascisti, quelli sono diventati pericolosi più, ma di un bel po’ più dei tedeschi che poi era venuto un po’ anche l’odio, sai com’è, no. C’è stato un giorno che io ero a Broni e tornavo verso il paese. Quando sono arrivato davanti al cimitero di Broni, quattro cinque partigiani, no, fascisti, fascisti, quattro cinque fascisti mi, m’hann fermato, ero ragazzino, mi hanno fermato e mi hanno detto: ’Vieni, vieni qui perché tu sarai testimonio di quello che facciamo’. E lì c’era la ferrovia, sotto lì c’era la ferrovia, c’erano, cosa sarà stato, una quindicina di giovanotti, vero, e quattro e quattr’otto li hanno uccisi tutti e io ho visto, proprio visto, no, che coi mitra, lo Sten, avevano lo Sten loro, una specie di mitra che era lo Sten, tutto vuoto così, li hann fucilati e ‘adesso tu vai in paese e avvisi che noi abbiamo fatto questo’ e io sono andato in paese e ho detto: ’guarda, i hanno fatto questo e questo’. E c’erano dentro dei giovanotti del paese di Campospinoso Albaredo quello, che quello mi è rimasto impresso anche quello. Dunque, poi, e poi basta [pauses] e adesso io più o meno io ho raccontato quello che mi è venuto in mente poi non lo so, adesso sta a voi farmi le domande.
FA: Come, vuole dirci come si chiamava quello che lei chiama Risù, di nome?
FN: Ah, beh è morto, sì, Bruschi Alessandro. Quello lì, sì, era tremendo quello lì, è stato proprio il mio carnefice sotto un certo aspetto, no, poi dopo io un bel momento quando sono arrivato a quindici anni non ce l’ho più fatta.
CI: Fiorentini non l’hai mai visto?
FN: Fiorentini?
CI: Fiorentini, la belva, quello che comandava?
FN: Ah, sì, sì, ecco, questo potevo, questo era di Varzi, quello lì, o no? Bravo, quello l’ho visto. Cioè l’hanno fatto passare per il paese di Broni anche dentro una gabbia con un carro tirato dai buoi fino a Pavia e lui era dentro e naturalmente quando passava per il paese chi con l’ombrello, chi sputava, chi, quello l’ho visto sì. Fiorentini deve essere stato. Sì, sì, sì, sì. Poi dopo tutto questo, questo Risù, quando sono arrivato a quindici anni, poi non ce l’ho più fatta perché lui, lui picchiava sempre, no, e allora mi sono ribellato e sono scappato, via. Lui ha chiamato i carabinieri, carabinieri sono venuti da me, ma io detto: ’quello non è mio padre, se mi portate indietro poi io scappo ancora’. E i carabinieri allora, si sono fatti vedere una volta, non mi hanno mica detto più niente. Poi dopo io ho fatto tutta un’altra vita che poi sono entrato nell’Artigianelli, ma la guerra era finita oramai. Io gli Artigianelli li ho fatti, sì proprio alla fine della guerra. Perchè dopo io sono andato, ho trovato tutti bei genitori lì, poi è stata lunga la faccenda, no, tutto lì.
FA: E quando bombardavano il Ponte della Becca, la polveriera, era di giorno quindi?
FN: Sempre di giorno, i caccia e i bombardieri, sempre di giorno, sempre nel pomeriggio, più o meno dalle tre e mezza alle quattro, praticamente tutti i giorni quelli arrivavano, prima i caccia che facevano un bordello che durava anche una bella mezz’ora e più, che andavano e poi tornavano, andavano [makes a droning noise] facevano poi non li sentivi più, poi tornavano e facevano diversi giri. Poi veniva un silenzio mortale perché poi dopo bisognava raccogliere i cocci, per dire, no, per vedere i disastri che facevano, no, e poi toccavano, e allora poi arrivavano i bombardieri che li sentivi proprio da lontano, facevano anche rumore [makes a droning noise] impressionava anche se, tra l’altro, no, e bombardavano quasi sempre sempre sempre. Come arrivavano i bombardieri dopo bombardavano. La contraerea veniva messa a tacere, vero, e allora i bombardieri arrivavano tranquilli, anche il Pippo, la contraerea non riusciva mai a fare niente perché puntavano quei famosi fari, no, un po’ ma non lo buscavano mai perché poi tra l’altro Pippo veniva, girava sopra a bassa quota. Si credeva sempre che era in alto, no, ma invece era sempre a bassissima quota Pippo anzi sì, se era un giorno o una notte con la luna così rischiavi di vederlo, se era buio buio non lo vedevi però se era lo vedevi proprio, sempre a bassa quota è stato Pippo. La gente ha sempre creduto che era in alto, chissà dove, ecco perché la contraerea non è mai riuscito a prendere quegli aeroplani lì che loro con i fari andavano in alto ma lui era in basso. Non so più cosa dire.
FA: E’ mai riuscito a vederlo lei?
FN: Sì, sì. Ah io, poi tra l’altro ero curioso, ero tremendo, ero un po’ il capogruppo di sti giovanotti, quei ragazzotti lì, no, e anche quando arrivava Pippo io scappavo fuori dall’osteria così e di notte per vedere eccetera, non stavo fermo un minuto, sono riuscito a vederlo sì, parecchie volte. Sempre di sfuggita eh. [unclear] Dava un senso che era sempre lì invece era dappertutto. Correvi da una parte lo sentivi di là, correvi dall’altra lo sentivi, era sempre, magari, magari erano anche in due o tre, di quei aerei, però dava il senso sempre di uno, il Pippo, così chiamato, così famoso, per noi ragazzi era una, era quasi una, ma ci piaceva anche per dire, non ci rendevamo conto del pericolo, per quello che.
FA: Non avevate paura?
FN: No non, io non ho mai avuto paura, no no no. Io l’unica cosa che avevo paura era Radio Londra, Radio Londra.
CI: Posso parlare?
FN: Parla!
CI: Tant’è vero che Pippo avevamo pensato che a un certo momento che non era uno, erano in tanti.
FN: Sì eh.
CI: Si trovano dappertutto. Lui lo conoscevano tutti, lo vedevano tutti in tutti i posti, sempre lo stesso orario.
FN: Sì, sì, erano tanti.
CI: A un certo momento, ma sono in tanti, non può essere solo uno.
FN: Per noi era.
CI: E’ qui, è là, era, è dappertutto.
FN: Cioè per noi, peri noi tutti, anche la gente così, era uno, difatti, Pippo era uno. Però chissà quanti erano in giro perché il rumore era sempre quello, in qualsiasi angolo dove andavi, sentivi sempre quel rumore lì, quindi erano in tanti. Però era uno. Come dire [unclear], loro facevano il loro dovere, no. Gli adulti avevano paura, ma noi ragazzi no, neanche dei caccia così, noi non avevamo paura. Per noi era un soprappiù, era vorrei quasi dire un divertimento, un divertimento perché era anche un po’ una novità vedere sti bolidi, quegli apparecchi, il baccano, poi le mitragliate, perché vedi, ci sono state parecchie volte che vedevi proprio le pallottole che viaggiavano davanti a te perché quelli lì. E c’era la lomba, ecco qui, lo sfollamento, Milano, i Milanesi che si scaricavano proprio a Broni, tutti quei posti lì, no. C’era la Lombarda, che era la società di corriere, era così famosa, le corriere che andavano a Carbonella doppie col mantice in mezzo, quelle sempre puntuali alle sei, non sono mai state bombardate né mitragliate, si capisce che forse c’era una specie di accordo perché partivano da Milano, venivano a Pavia e se, erano sempre un quattro cinque corriere, neh, doppie, alle sei Campospinoso Albaredo alle sei passavano, si fermavano all’osteria perché si fermavano a bere eccetera eccetera, no, cariche anche fin sopra, andavano a Carbonella ma quelle cariche di persone, uomini, donne, di tutti i colori, arrivavano e andavano verso Broni, Stradella, così, la Lombarda si chiamava, sai perché quello me lo ricordo! Però non sono mai stati mitragliati. Mitragliavano uno in bicicletta, per dire, mentre quelli lì non li hanno mai, mai, mai toccati. Si capisce che, come ho detto, o era un accordo o sapevano che erano sfollati perché gli aerei li vedevano quelli lì eh perché erano grossi così quelle corriere, non so se c’è ancora quella società lì a Milano la Lombarda, non lo so. Però era quella insomma. Fate domande voialtri vi rispondo.
FA: Invece quando era a Voghera che era più piccolo, andavano sulla stazione?
FN: Solo sulla stazione.
FA: Solo lì.
FN: I caccia. Solo sulla stazione, almeno io, per me era quello. Ma però mica sempre bombardavano. Passavano tutti i giorni praticamente perché noi partivamo lì da quell’istituto lì, sì, traversavamo, perché era proprio l’inizio dove c’era, non so se il prato con le carceri, le carceri, davanti c’era quell’orfanotrofio lì, traversavamo tutto Voghera, e suonava, quando eravamo a metà Voghera, a metà strada, suonava l’allarme, che noi l’aspettavamo, cioè noi ragazzini andavamo a scuola, speriamo che suona l’allarme, speriamo che suona, la scuola, suonava l’allarme e loro, sai, tutta la gente scappava nei rifugi. , Noi invece scappavamo, quel fiume, no il fiume, fiumiciattolo, era cioè la Staffora, quando era in piena era tremendo, la Staffora c’era, c’era, c’è ancora, no, scappavamo lì, giocavamo lì, a tirare sassi. E lì bombardavano o se non altro passavano per spaventare più che altro. Naturalmente le scuole venivano sospese e noi siamo sempre stati promossi lo stesso. C’era la maestra di italiano che era una sfegatata, una fascista, beh stavo dicendo, una [unclear], una fascista ma era brava come e nell’esame finale, per essere promosso, mi ha chiamato: ‘Nocchieri!’. Bisognava alzarsi in piedi sull’attenti perché allora che eran tutti , e ‘chi sei tu?’, eh beh non so neanche come mi e’ venuto in mente: ‘sono un italiano e amo la mia patria’, seduto, promosso. Io sono stato promosso in italiano con quella frase lì [laughs]. Per dire no, e ora c’era un maestro, un insegnante, era un prete, lo chiamavamo Bà. Bà, l’era cattivo, aveva sempra una verga in mano. Bà se non sapeva, non rispondeva, ti chiamava davanti a lui, con la verga, ti faceva mettere le mani cos’ì, no, e poi ti picchiava il Bà. Se per disgrazia tu facevi così ne prendevi dieci volte il doppio. Diventava cattivo, picchiava, però ai ragazzi, c’erano dei ragazzi che venivano dalla campagna, no, e li mandava fuori dalla scuola scavalcando un muro a prendere, farsi dare una gallina, o le uova, e quelli erano fortunati perché quelli che avevano la cascina, che avevano le galline, andavano a casa, prendevano la gallina e gliela portavano, invece io, con altri, eravamo un quattro cinque, dell’orfanotrofio, dove andavamo a prendere le galline e insomma io, alzo la mano, vado a prendere e mi ha lasciato andare io e un altro e quando siamo rimasti fuori dalla scuola, e adesso cosa facciamo, dove, come facciamo a portare una gallina, quello se, se non portiamo una gallina ci da tante di quelle botte, stiamo, e noi siamo andati a rubare le galline [laughs], beh in un pollaio abbiamo rubato le galline abbiamo, sai, le avventure della scuola. Della guerra perché quello lì si capisce che aveva sempre fame, no, e allora lo mandava, non poteva andare fuori adesso viene neanche da parlare, ma allora e vabbè, c’è chi mandava a prendere le uova o bene o male bisognava tornare indietro con qualche cosa e allora noi, per non essere interrogati o giù di lì, chiedevamo di andare fuori di scuola ma per noi era brutta perché non avevamo i genitori, la cascina, loro, bisognava andare raccontando, c’era un ragazzo che era diventato, ma quello era grande, cleptomano, tutti i giorni andava dentro in qualche negozio e rubava o un salame o delle scatole di marmellata o rubava, o lo zucchero, rubava sempre un bordello, noi lo sapevamo, quando arrivava in istituto, cioè un collegio non era un istituto, ero, , arrivava in collegio, gli buttevamo su una mantella sulla testa, gli portavamo via tutto [laughs] e lui il giorno dopo era daccapo, tanto per divertimen to, per dire! . Sì perché c’era l’orfanotrofio c’erano i maschi da una parte e le femmine dall’altra e naturalmente noi maschi quelle, [laughs] le femmine le erano un po’, su, mi spiego, e allora cercavamo di andare di nascosto dalle femmine ma c’erano sempre le suore che ci bloccavano e le studiavamo in tutti i modi per cercare di andare di là. Le avventure di istituto. E in tempo, sì in tempo di guerra lì, ecco, c’era un orto grandissimo lì dietro l’istituto in cui si erano piazzati, hann messo giù le tende tutto, gli indiani, mi viene in mente adesso, un accampamento di indiani. Dall’alto dell’istituto si vedeva questo accampamento. E noialtri, io sempre in testa perché le combinavo sempre, le tende eravamo convinti che c’era qualche cosa di buono, del cioccolato, così, e allora buttavamo giù i cuscini in quell’accampamento lì l’inizio, però per andare là bisognava passare dove c’era il reparto delle femmine, e o bene o male aspettavamo che passassero suore, c’erano delle suore un po’ anzianotte, e quando passava una suora, due o tre sotto là e zac!. E c’è stato un giorno che abbiamo portato via un sacco, no, due o tre sacchi di roba così. Eravamo convinti che era zucchero, li abbiamo portati su nelle camerate e poi quando li abbiamo aperti era tutto pepe e allora pepe dappertutto, un disastro solo, da ragazzi, mi è venuto in mente adesso. Li indiani, c’erano anche indiani in tempo di guerra, sì, sì, me lo ricordo, il pepe, lì eccetera. Avevo una bomba a mano io. C’era uno del mio paese che è stato chiamato a fare il militare e allora era stato traferito lì nella ferrovia, la stazione di dietro lì[unclear], le ferrovie insomma ecco, faceva il militare lì. Io quando ho saputo che era lì, allora andavo a trovarlo con un altro compagno così, perché ho detto, la fame non era un problema ma c’erano dei momenti che facevi la fame anche lì, no, la fame è la fame! E allora quando andavo lì a trovare questo amico, diciamo così del paese, preparava sempre qualcosa da mangiare, ci dava da mangiare sempre in due, traversavamo tutti i binari, nessuno ci diceva niente, traversavamo i binari, andavamo lì, ci dava da mangiare. E un giorno mi ha dato una bomba a mano, la Balilla, si chiamavano Balilla quelle lì, e me l’ha data lui e ero diventato il padrone dell’istituto con quella Balilla, del collegio con quella Balilla lì. Poi lo sapevano tutti che l’avevo e allora tutti avevano paura di me [laughs]. Poi un bel momento glielo data indietro perché mi aveva spiegato di non tirare questa qui, se no scoppiava e allora poi glielo data indietro. Tempo di guerra, eh. Dunque, sì poi c’era quello lì, l’ho detto, accennato, che ecco, di qui anche i ragazzi avevano paura. C’era la Villa Triste a Broni. Proprio dove c’è la piazza a Broni grande lì c’è ancora quella villa lì. Ecco, lì è dove entravano dentro e sparivano. Uccidevano eccetera, la chiamavano Villa Triste, che l’aveva in mano prima i tedeschi poi i fascisti. Eh ma, soprattutto quando l’hanno presa i fascisti, allora lì sparivano parecchie persone, anche del mio paese ne sono sparite diversi. Quelli li uccidevano o chissà ecco. Di questa qui da ragazzino, che da ragazzino avevamo paura difatti io andavo a Broni sempre mandato a prendere qualcosa dal Risù, da fare le spese e via eccetera, io poi soldi ne avevo in abbondanza perché li prendevo dove c’erano, c’era, erano nell’osteria, no, sapevo anch’io che, e c’era un cassetto con i soldi che prendevo, io ne prendevo solo una manciata, mettevo in tasca, andavo a Broni, Stradella, andavo nelle pasticcerie, a mangiare la cioccolata, i biscotti, ne facevo delle scorpacciate, ci andavo di frequente, no, per fare delle commissioni, nello stesso tempo io vedevo e questa villa qui, anch’io da ragazzo ci giravo al largo perché avevo paura, anche era entrata un po’ nella nostra mentalità, no, e allora, Villa Triste sì, c’era a Broni sì. [unclear] La Todt l’ho detto, sordomuto quello là che l’hanno ucciso, Pippo.
FA: E a Broni e Stradella invece non bombardavano?
FN: No. Sì, poteva fare disastri Pippo, perché Pippo era anche lì. Però Broni, Stradella non è mai stata bombardata, che sappia io, no, no, no. Che poi Broni e Stradella erano diventate il centro vero e proprio degli sfollati milanesi eh, perché tutti i giorni c’era la Lombarda, c’erano queste corriere lombarde, tre, quattro, a volte sei, tutte in fila e si scaricavano tutte a Broni e a Stradella. Poi andavano su nelle colline ma tutto il giorno era una fiumana di persone, però il paese così, Broni e Stradella, le ferrovie, no, non è mai stata, anche l’industria che c’era, le robe via, la Gea, tutte quelle ditte lì grosse abbastanza ma non sono mai state bombardate quelle zone lì, che sappia io. Allora, fate domande e io vi rispondo.
FA: Va bene.
FN: [unclear]
FA: Vuole dirci qualcos’altro?
FN: No, [unclear] sono magari dopo quando siete andati via mi viene in mente delle altre. Tedeschi ubriachi, le fucilazioni, testimoni, sono cose vere queste eh, che ho raccontato, mica le invento eh. Società, avevo dimenticato società la Lombarda, la Lombarda la chiamavano, biblioteca, giovanotti, tedeschi ritirata, , amico maciullato, non mi ricordo più il nome, era un ragazzino, aveva la mia età, funerale, anche qua hanno mitragliato, la Todt, la Todt anche quella lì, faceva, che poi era il disastro quando c’era il Po in piena, con tutto l’argine bucato perché c’è stato una volta che poi il Po era arrivato fino a Campospinoso Albaredo, sì, me li ricordo un anno e appunto perché l’argine era bucato e l’acqua, era bucato da queste trincee che facevano, no, era bucato e fino a Campospinoso Albaredo una volta è arrivato il Po, anche lì c’era un bel, era un bel disastro eh, e allora e poi finita la guerra allora andavamo a prendere le lepri, correvamo dietro le lepri perché non c’era più il divieto di caccia perché in quel paese lì, Campospinoso Albaredo era il paese, era un padrone solo, gli Arnaboldi, e ho conosciuto Arnaboldi, proprio il figlio, la madre, la figlia, era un padrone solo, terreni e tutto.
CI: Era ricco.
FN: Eh?
CI: Era ricco.
FN: Era Arnaboldi. Adesso tant’è che c’è ancora, adesso c’è il ricovero intestato ad Arnaboldi poi quando poi è morto anche il figlio andava a cavallo non so è morto, allora il paese hann cominciato a venderlo, casa per casa, l’han venduto tutto però Arnaboldi era, conte Arnaboldi, capitava.
CI: Era una potenza.
FN: Era una potenza allora, quel paese era così e tutti, tutti, tutti lavoravano nella proprietà di questo conte. Quello di Campospinoso Albaredo che poi adesso si è allargato ma il paese era tutto su una striscia [unclear], tutti, tutti, tutti lavoravano per questo conte, la terra. E poi aveva ogni famiglia c’era la raccolta del baco da seta, ogni famiglia aveva la sua stanza del baco da seta e il conte Arnaboldi, il bozzolo così bisognava consegnarli tutti a questo conte, venivano pagato un tot ma non so era così, però era conte Arnaboldi quel paese lì, lo sapevi, lo sai adesso.
FA: Va bene. Allora la, la ringraziamo per questa intervista.
FN: No, io, non so, adesso, quello, io ho raccontato quello che mi è venuto in mente.
CI: Fuori programma.
FN: Fuori programma.
CI: Una cosa che ricordo bene di te quando eravamo là agli Artigianelli, tu sei arrivato che eri già, avevi già quattordici anni o che, io
FN: Eh sì, perché, sì, sì.
CI: Noi lì eravamo, beh
FN: Avevo finito
CI: Un collegio da preti, no, quindi c’era un certo comportamento e lui l’è rivà e l’ canteva, s’è scincà la pel del cul, Donna Vughere, Donna Vughere, s’è scincà la pel del cul, Donna Vughere fala giustà.
FN: Ero, no, io.
CI: [laughs] Te lo ricordi te?
FN: Sì. Eh, io ero ragazzino. Lo dico adesso.
CI: Era un po’ differente da tutti gli altri. Lui era venuto, gli altri sono venuti in un età un po’ meno, dopo la quinta elementare ma lui è arrivato già, sui quattordici anni, quindici, era, poi aveva subito una vita un po’ disastrosa via, cioè, era euforico, teneva allegro un po’ tutti eh, era un po’ un punto d’appoggi, da esterno diciamo, diceva delle cose che gli altri non si permettevano di dire ma lui.
FN: Ma no, è perché io, io ho avuto anche quella fortuna lì, nonostante tutto, io sono sempre stato un ragazzo buono, cioè bravo, buono ecco più che altro, mai cattivo.
CI: Sì, di animo buono.
FN: Ecco, animo buono. Però sono sempre stato uno, un tipo allegro e ne inventavo di tutti i colori. Per esempio io quando sono entrato negli Artigianelli, ero, sempre stato anche attivo, no, non so se c’entra con la guerra, però io.
CI: No, ma hai spento?
FN: E’ spento.
CI: Spento.
FN: Io però adesso tanto per andare dentro un po’ in tutto nel, quando sono venuto negli Artigianelli io sono sempre stato un tipo in movimento, non stavo fermo no e ho sempre organizzato tante cose, tant’è che poi è quello che ho raccontato adesso, devo avere anche delle fotografie lì. Tant’è che avevo preso anche una certa carica negli scout, no, hai presente che ci sei anche tu negli scout.
CI: Sì, sì negli scout eravamo.
FN: E nell’Azione Cattolica. E mi avevano messo anche, mi avevano dato degli incarichi di responsabilità. E allora nelle mie.
CI: Eri capogruppo te.
FN: Sì. E allora io organizzavo e avevo organizzato una gita in barca, che è quando è annegato [pauses] un ragazzo. Insomma, io ho, poi dopo sono andato, ho imparato, sono diventato insegnante, ho diretto un grande stabilimento ma organizzavo sempre le gite io, nelle scuole soprattutto.
CI: Aveva sempre la macchina fotografica a tracolla.
FN: Sì, io c’avevo sempre.
CI: Appassionato di macchine.
FN: Quello ormai è diventata vecchia, me la son messa qui quando.
FA: Quando è entrato nell’Azione Cattolica?
CI: No, beh, era una cosa particolare interna, ero, io ero l’unico che ero nelle, però per essere boy scout bisognava essere anche nell’azione cattolico. Io ero l’unico, ero un boy scout ma non ero iscritto all’azione cattolica.
FN: Sì, ma prima c’era l’Azione Cattolica dentro, l’Azione Cattolica era come c’era a Pavia, era un’associazione.
CI: Sì, era negli oratori no.
FN: Era un’associazione.
CI: E lì era radicata come internamente.
FN: Sì, come era negli oratori, insomma giovanotti così no, tant’è che quando siamo andati a Roma ho preso tante di quelle botte ma le ho date anche mi è, perché avevo in mano una statua di San Pietro, eh!
FA: Ma chi è che l’ha picchiata?
FN: I compagni, è per quello che poi non, i compagni mi sono sempre andati giù per traverso, no. Vabbè. Giravo per Pavia con un coltello perché c’erano i compagni, perché loro era il momento, vestiti da Boy Scout, sti uomini anche di una certa età che ti prendevano in giro, ma mica venivano vicino a me però. Gli altri scappavano ma vicino a me non ci venivano. A Roma tutti, se ti ricordi il nome perché, l’organizzazione , a Roma c’è stato, era l’organizzazione organizzato da Carlo Carretto, i baschi verdi.
CI: Carlo Carretto era il presidente dell’Azione Cattolica italiana.
FN: I baschi verdi, i giovanotti edell’Azione Cattolica li chiamavano i baschi verdi, a Roma tutti coi baschi verdi, no, che erano allora più di cinquecentomila. E noi andavamo a dormire con gli Artigianelli, col Vergari andavamo a dormire un po’ fuori Roma. C’era un capannone, c’erano delle suore lì e facendo la strada, vero, perché i compagni in quel, quando c’è stato l’incontro con il Papa, avevano paura di tutto questo baccano di questo giovanotti, allora avevano dato ordine di, tutti, di rifugiarsi loro nelle loro sedi. Senonché c’è stato un errore che quando è venuto, veniva oramai il discorso del Papa, tutti questi giovanotti se ne tornavano nei loro posti dove dovevano andare a dormire e nello stesso tempo i compagni avevano la libera uscita per uscire dalle loro sedi e ci sono stati gli scontri, ecco, e allora, il mio gruppo, vero, che poi posso farti i nomi, Barbierato, tutti quei, tu li conosci, li hai conosciuti no, eravamo tutti insieme e andavamo giù verso il [unclear] e nello stesso tempo veniva su un gruppo di uomini, maturi anche uomini maturi e lì c’è stato uno scontro, [unclear], cioè ma quelli là, noi l’avevamo presa così andavamo giù tranquilli, quelli là hanno cominciato a dare botte e tutti sti ragazzi, compagni, amici, scappare a destra e a sinistra, io sono rimasto da solo con quella statua lì, ho preso tanti di quei calci, ma ne ho dati via dove potevo e alcuni li ho feriti anche seriamente e nello stesso tempo, neanche a farlo apposta, è venuto fuori un temporale. Nello stesso tempo hanno fatto, facevano, si sono messi a fare i fuochi artificiali. Tra temporale, tuoni e fuochi artificiali è venuto fuori un bordello, hanno chiamato la croce verde, eh caro mio, non c’era mica tanto da scherzare eh, ecco. Comunque tutte le gite che io ho fatto, ho sempre avuto dei morti.
FA: E chi c’era come Papa?
FN: Pio XII.
CI: Pio XII.
FN: Era Pio, sì, Pio XII.
CI: Pio XII. Papa Pacelli.
FN: Papa Pacelli deve essere.
FA: E che anno? Più o meno?
FN: ’48, o no? ’48.
CI: ’60?
FN: No, che ’60. ’48.
CI: ’48.
FA: Va bene.
FN: No, no, no.

Collection

Citation

Filippo Andi, “Interview with Franco Nocchieri,” IBCC Digital Archive, accessed March 19, 2024, https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/collections/document/6.

Item Relations

This item has no relations.