Interview with Maria Malagni

Title

Interview with Maria Malagni

Description

Maria Malagni (b. 1921) recalls her difficult childhood and chequered schooling history. Mentions wartime anecdotes: the death of her fiancé, an airman shot down over Brindisi; fascists seizing supplies; the capture of two partisans that her father helped; the constant fear of Pippo. She remembers the bombing of Milan and how her aunt fled from the city with five of her nine children. She recollects her father having two prisoners of war working as farmhands, one of them killed by German soldiers and recalls a cousin hiding in the attic until the end of the war. Mentions head-shaved female collaborators paraded in shame at the end of hostilities.

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00:08:25 audio recording

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Contributor

Identifier

Memoro#542

Transcription

MM: Io sono nata il 2 agosto 1921 a Pradazzo, Villa Pradazzo che ora la Villa non c’è, non è più Villa Pradazzo, non so come la chiamano, però aveva un altro nome che non me lo ricordo, basta, così. Poi va beh lì sono nata e poi all’età della scuola lì in Pradazzo c’era la scuola e ho fatto fino alla terza elementare lì. Poi siamo andati via, siamo andati a, si chiamava Pellegra ma noi eravamo un po’ spostati, comunque era lì, va beh. Lì c’era anche la scuola, ho fatto lì fino alla quarta poi la quinta sono andata a Castelleone, che era il paese grande e però c’era solo fino a lì, poi c’era la sesta che io ho fatto ma mio padre a Cremona o a Crema col treno che era tempo di guerra non ci ha voluto lasciare andare, né io nessuno di noi sorelle, capito?
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MM: Vabbeh ero fidanzata con un pilota, che è stato richiamato e il, al 23 settembre era in cognizione su Brindisi, è stato, non si sa da chi, è bombardato ed è caduto, è morto, ecco. Allora naturalmente io, eravamo innamorati, ero molto disperata, e dicevo ‘Vabbeh non voglio neanche più saperne degli uomini’.
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MM: Dopo l’8 settembre son venuti i, le camicie, io dico le camicie nere, perché io mi ricordo che erano le camicie nere da mio padre a portar, e ci han portato via il grano. Allora mio padre si è ribellato e dice ‘Ma questo sacco di di grano l’ho messo da parte per la famiglia’ e uno di questi brigate, brigatisti, ci ha dato un colpo, giovane eh, ci ha dato un colpo a mio marito che, a mio papà che lo faceva cadere, e allora io mi sono arrabbiata e mi sono avvicinata per picchiare questo, questo fascistone diciamo così, ma mia mamma mi ricordo che mi ha preso e mi ha portato dentro e la roba è finita lì.
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MM: Mio padre di notte si alzava e col fagotto o di vestiti o di mangiare è andato a portare, due però ne aveva che sapeva li conosceva, e andava nei campi che sapeva dov’erano nascosti a portargli da mangiare. Poi c’è stato uno spione che non hanno mai saputo chi, l’han detto, e sono andate le brigate nere, li han presi e li han portati via, uno è finito in Inghilterra, un prigioniero fino la fine della guerra, e gli altri li hanno presi, così.
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MM: Dopo l’8 settembre che c’erano i bombardamenti mia mamma mi mandava a Milano perché mia sorella era qua sola, era sposata era qua sola ‘Vai lì e falle compagnia’. Io andavo brontolando perché dico ‘Ma allora anche a me, se ammazzano lei ammazzano anche me’. Va beh, un giorno mi sono stancata e ho detto ‘Guarda io vado a casa’ ho preso il treno pomeriggio, verso sera e quando siamo stati a un certo punto è passato il famoso Pippo, un aereo che di notte mitragliava, dove si trovava mitragliava, ha ammazzato anche tanta gente. Allora il treno si è fermato e il capotreno dice ‘Andate tutti giù perché il treno si ferma e non può più andare perché c’è Pippo. Allora io mi sono, io insieme agli altri mi sono fatta dieci, diciotto chilometri a piedi, a piedi di notte [emphasis] per tornare a casa. Allora ho una mia amica che era con me e dice ‘Ma dai non stare lì ad andare a casa devi fare altri tre chilometri a piedi, dormi con me’ a Castelleone dove lei abitava. E di fatti mi son fermata lì e il mattino dopo sono andata a casa insomma ecco.
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MM: Tutte le notti passava il Pippo noi avevamo eeeh gli scuri sulle finestre c’eran tutte le cose blu perché quello bombardava, dove passava mitragliava o bombardava, questo, non si sa se era americano o inglese, l’aereo, non si sa.
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MM: Una notte nel ’42 c’erano su a Milano i bombardamenti e noi stando alle finestre su in alto vedevamo tutto i bombardamenti, tutto il fuoco, vedevamo, e una notte sentivamo chiamare giù, era mia zia con quattro o cinque bambini, ne aveva nove eh! è scappata, son venuti da Milano a piedi, eh, di notte perché piangevano, avevano paura. Allora mio padre aveva, dall’altra parte della strada due, due locali, vuoti, dice ‘Dai stanotte state qua con noi, dormite come si può dormiamo, e domani’ e ci ha dato quel posto lì, e poi non so, ha comprato lei, non so che cosa han fatto, perché io poi ero una ragazza e son stati lì fino alla fine della guerra.
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MM: Quando c’erano che non c’era ancora la guerra e i prigionieri li davano a lavorare nei paesi, e mio papà ne aveva quattro o cinque. Uno che si chiamava Ramo, era greco, mi pare, sì, è ancora, non so adesso, adesso sarà morto, però si è sposato lì, è stato sempre lì, e lui, e uno che è scappato era serbo. Poi l’hanno preso i tedeschi per la strada e l’hanno ammazzato, tutti.
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MM: E un mio cugino, che era sul treno, i tedeschi lo stavano portando in Germania. Lui vicino lì al paese, è saltato dal treno, tutto massacrato, di notte, è venuto da noi e allora ci hanno dato una stanza sotto il tetto, che è stato lì fino alla fine della guerra, era un militare che è scappato insomma.
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MM: Quando c’è stato la fine della guerra ci avevano al radio che diceva ‘Milano liberata’ eeeh ha parlato un po’ che erano liberi e che era finita la guerra e poi hanno tolto tutto perché allora era così, non si riusciva. E allora mio cugino, Dario si chiamava, è, è sceso, è sceso dal di sopra dov’era e attraverso i campi correva correva, voleva andare a Castelleone a piedi che era lontano da dove abitavamo noi. E allora l’hanno fermato, mio papà che dice ‘Ma stai qui vedrai che poi ti portiamo noi a casa’ perché lui era felice, dice ‘Meno male sono libero, adesso non sono più nella stanzina di sopra‘ che poverino, c’è stato perché doveva.
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MM: Poi è finite, al ’45 è finita la guerra e in paese e tutte le donne fasciste erano tutte tosate a zero e le facevano camminare per il paese.
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MM: C’era la figlia di Sorini, e tutte le ricche, c’era la Iole Doneda che abitava, ma erano tutte ricche eh, figli di ricchi, erano tutte in fila, tosate, così per il paese.
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MM: Sapevo anche il nome ma non me lo ricordo, che lui andava in giro quando c’era il mercato, perché lì al mercoledì c’era il mercato, lui andava in giro, se c’era qualcuno che parlava in qualche modo li prendeva a calci, era cattivo e quando è finita la guerra, l’hanno preso l’hanno attaccato dietro a un carretto, a un carro e col cavallo via correvano e lo trascinavano, questo veterinario, basta, quello me lo ricordo, poi tante altre cose.

Citation

“Interview with Maria Malagni,” IBCC Digital Archive, accessed April 20, 2024, https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/collections/document/302.

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