Interview with Andreino Pagano

Title

Interview with Andreino Pagano

Description

Andreino Pagano (b. 1934) remembers his wartime experiences in the Pavia province. He explains how a parish church provided a good shelter owing to its thick walls. Recalls various stories: resorting to the black market, the bombing of the Voghera railway works, daytime strafing of a lorry delivering biscuit boxes, scattering them all over the place, the driver seeking shelter inside a vineyard cottage fireplace and afterwards being mistaken for a chimney sweep as he was covered in soot; Germans seizing his only workhorse which was later returned, being 'bobtailed'. Describes how his farmhouse was first occupied by German and then American soldiers, the latter coming with so-called ‘Mongols’. Remembers the first use of Penicillin and food being stored in a well like a larder. Mentioning 'Pippo' flying and recollecting blacked-out windows covered with blue paper. He remembers the droning noise made by the bombers and the bombs as they were falling.

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Date

2017-07-12

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00:15:58 audio recording

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Contributor

Identifier

APaganoA170712

Transcription

FA: Sono Filippo Andi e sto per intervistare il signor Andreino Pagano. Siamo a Casei Gerola, è il 12 luglio 2017. Ringraziamo il signor Pagano per aver permesso questa intervista. La sua intervista registrata diventerà parte dell’archivio digitale dell’International Bomber Command Centre, gestito dall’Università di Lincoln e finanziato dall’Heritage Lottery Fund. L’università s’impegna a preservarla e tutelarla secondo i termini stabiliti nel partnership agreement con l’International Bomber Command Centre. Signor Pagano, vuole raccontarci i suoi ricordi, le sue esperienze nei bombardamenti di Voghera?
AP: Voghera, sì, e dintorni,
FA: E dintorni.
AP: Perché io essendo un po’ distaccato da Voghera, come tu vedi, sono a quattro chilometri da Voghera, verso Casei Gerola, ho vissuto questi eventi un po’ fuori, pur essendone al corrente. Cosa ricordo io? Già dico che ricordo queste cose perché io sono della classe 1934 e a quell’epoca avevo otto, nove anni, perché siamo nel 1943, ‘44, quegli anni lì, eh. Cosa ricordo? Prima parto da Casei Girola e poi mi avvicino a Voghera. Io mi ricordo che, quando bombardavano qui nella zona io mi ricordo che mi sono rifugiato nella chiesa parrocchiale di Casei Girola perché già a quel tempo avevo capito che i muri della chiesa, spessi quasi un metro, mi difendevano da eventuali bombe o da mitragliamenti, ecco. L’altra cosa venendo in avanti che ricordo è: un giorno c’è stato in mitragliamento sulla strada provinciale Novara-Voghera, un mitragliamento ad un camion pieno di biscotti e in quell’occasione volavano scatole di biscotti dappertutto, nei campi, nei miei campi, e figuriamoci noi che, a quell’epoca avevamo fame, andare a raccogliere i biscotti da mangiare per i campi era una delizia.
FA: È certo.
AP: Boh. Altra cosa di ricordi che è un po’ più pesante è questa. Quando c’è stato il bombardamento nell’, all’officina ferroviaria di Voghera, dove lì riparavano e costruivano le vetture e i treni. Quando hanno, c’è stato quel bombardamento, io mi trovavo nelle vicinanze di Voghera, su una strada detta Capalla, che poi è quella lì che ho segnato lì, e andavo alla messa con mia nonna in bicicletta. Visti questi aerei che sganciavano bombe, che mi passavano sopra la testa, mi sono rifugiato in un casotto da vigna di campagna e mi sono infilato dentro un camino. Finito il tutto, finiti i bombardamenti, ne sono uscito, ho trovato mia nonna che era con me lì, ed ero nero e mi hanno preso per uno spazzacamino, tanto ero sporco e nero perché mi sono, intanto mi sono riparato sotto il camino. Ecco questo è un po’ il ricordo degli eventi dei bombardamenti. Altri fatti collegati a questi che ricordo sono l’occupazione della cascina mia questa da parte prima dei tedeschi e poi degli americani con i mongoli. Sono, hanno alloggiato qui con le loro truppe, cavalli, eccetera eccetera, ma di lì hanno occupato anche le nostre camere eh! Dormivano nelle nostre stanze. Niente di particolare, poi insomma. Un ricordo che mi viene e che ho ancora il segno adesso in un dito è che questi americani soldati avevano delle lattine, scatole di cioccolato, di roba, di dolciumi e io mi sono abbassato per raccogliere una scatola di questi, per mangiare i cioccolati, e mi sono tagliato un dito e ho ancora la cicatrice adesso, a distanza di 75 anni, pensa. Ricordo che mi hanno disinfettato subito e mi hanno messo su la, già la Penicillina, allora loro avevano già la penicillina, la polverina bianca, e m’hanno disinfettato, pensa, [unclear] e qui eravamo nel 1944, ecco. Ricordo un altro particolare dell’occupazione della guerra. Mi avevano, i tedeschi avevano requisito, requisivano gli animali e mi hanno requisito l’unico cavallo che c’era in cascina, che faceva i lavori agricoli, pensare il disagio, l’unico cavallo te lo portano via. Poi, per un caso di fortuna, me l’hanno rilasciato subito perché aveva la coda mozza, il mio, stava male, e allora me l’hanno
FA: L’hanno lasciato.
AP: Rilasciato. Ehm, ancora, ti posso dire, ricordare, che in quei tempi a fine la guerra o in quell’epoca lì, c’è stato, lo chiamavano un po’ il mercato nero. Venivano giù i genovesi col treno, portavano le lattine d’olio e noi gli davamo invece sacchetti di farina, lardo e salumi. Dove li avevamo noi i salumi, nascosti per non farceli rubare dai tedeschi e o, da mericani no, perché ne avevano da mangiare? Avevamo delle otri, che io ne ho ancora una lì fuori, te la faccio vedere, delle otri antiche, si mettevano dentro lardo e salumi, si facevano una buca nell’orto, si sotterrava, stava al fresco e si conservava e nessuno te la rubava. Altra cosa è questa: come si conservava le derrate alimentari. Avevamo il pozzo, profondo venti metri e calevamo con la cordicella il cestino nel pozzo con dentro il burro e altre sostanze alimentari, altre derrate, così stavano fresche. Ed era il frigorifero d’epoca, ecco, e abbastanza valido. Da ultimo, di queste cose, di questi ricordi, i quali mi meraviglio di saperli ricordare dopo tanto tempo, ghe passà settantacinc’anni, da queste cose. Che, due famiglie di operai delle officine ferroviarie di Voghera, che abitavano nei pressi di queste officine che sono state bombardate, avevano paura di dormire lì la notte. Venivano qui a dormire da noi. Abbiamo ospitato due famiglie. E dove dormivano? Nel fienile, ma erano sicuri,
FA: E certo.
AP: Almeno dai bombardamenti, e così è stato. Sono stati contenti e poi li ritrovati ancora, finita la guerra, insomma, li ho trovati, siamo sempre stati amici. Io non ricordo altro se non queste cose, o belle o brutte. Dimmi tu.
FA: Posso farle una domanda?
AP: Sì.
FA: Si ricorda mica di Pippo?
AP: Pippo, oh, sì, Pippo, oh, mi ricordo. Il lucino azzurro che girava di notte, sentivamo il rumore che , ma non faceva tanto
UI: Pippo si chiamava Pippo.
AP: Senti! Eh, questo. Questo era
UI: Ha sete?
FA: No, no grazie.
AP: Non disturbare, eh! Questo era la spia, un aereo spia americana non dei tedeschi, americana ecco. Io ricordo quell’aereo, sì.
FA: Eh girava tutte le notti.
AP: Girava tutte le notti. E la gente cosa faceva? Per non far, perché quello individuava dove c’erano delle luci. Tutti avevano fatto l’oscuramento ai vetri, le carte blu sui vetri per non fare vedere le luci.
UI: Non sparavano. Vado, vado.
AP: [unclear] Ecco poi, va’ avanti tu che sei stato disturbato adesso.
FA: Sì, beh, a parte Pippo, venivano spesso invece su Voghera? Voi da qua vedevate?
AP: Venivano spesso su Voghera e facevano il giro qui perché qui da Voghera è vicino, faceva il giro di notte ma lo si vedeva eh l’aereo, lo vedevamo. L’ho visto io, ricordo.
FA: Bombardavano di più di notte o di giorno?
AP: Di notte i bombardamenti e di giorno i mitragliamenti.
FA: Ah.
AP: Vedi, Il mitragliamento al camion dei biscotti sulla strada in pieno giorno. I bombardamenti all’officina ferroviaria di notte. Il ponte sullo Staffora a Voghera e altri che di cui ne parla anche il dottor Salerno, tutto di notte, che faceva più danno.
FA: Ho capito, va bene.
AP: Dimmi pure tu.
FA: E quindi lei da qui insomma vedeva quando bombardavano tutti i campi.
AP: Eh sì, si vedevano i, ma, non solo da qui vicino, di qui vedevamo quando sono stati fatti dei bombardamenti a Genova.
FA: Ah certo.
AP: Dei bagliori, mi ricordo io, si vedevamo da qui.
FA: E insomma, eravate preoccupati.
AP: Eh sì eh, sai, non si sa mai, se sono là, oggi sono là domani vengono qui, eravamo preoccupati. E poi, per fortuna, un bel momento, è finita.
FA: Meno male.
AP: È un po’ vedi che da quell’età lì è un po’ incosciente. Non, magari non avevo certi, certe paure. Adesso mi fai venire in mente una cosa. Quando c’erano i mitragliamenti, dove scappavamo noi qui? Qui nel confine della mia proprietà c’è un fosso, si chiama fosso di Bagnolino come, noi correvamo a rifugiarci in quel fosso lì, coricati, non un fosso, eravamo in una trincea,
FA: Certo.
AP: E io mi ricordo di aver visto le trincee fatte a zig-zag. Proprio per entrare la gente e ripararsi dalle, più dai mitragliamenti che dalle bombe.
FA: E questo a Voghera, le trincee a zig-zag.
AP: Nei, nelle periferie perché era dove c’è il terreno che hanno fatto questo, nelle periferie di Voghera, sì.
FA: Ah.
AP: Li chiamavano. Poi c’è, a Voghera c’erano dei rifugi ma quelli io non li ho mai visti perché non ci sono mai stato. Li sentivo nominare, i rifugi e suonavano gli allarmi quando arrivavano gli aerei in prossimità.
FA: E quindi voi sentivate gli allarmi di Voghera.
AP: Gli allarmi, stanno bombardando su Voghera e allora noi per precauzione ci rifugiavamo nel nostro fosso.
FA: Nel fosso.
AP: Nel fosso.
FA: Quindi era un po’ il vostro rifugio ecco.
AP: Sì, il rifugio locale era quello lì.
FA: Ho capito. Va bene. La ringrazio.
AP: Vuoi sapere d’altro? Dimmi tu, io, quello che ricordo e sono queste cose qui ecco. Ah, devo dirti anche che io ho lì un ricordo. Tu vuoi anche fotografarlo? Ti faccio vedere. E io ho un rimorchio agricolo che ha sotto quattro ruote dei Dodge americani, dei camion da guerra.
FA: Ah sì sì. Ah erano? Ah, ho capito.
AP: Ce li ho lì, e sono ancora in funzione, pensa, i gà cent’anni le robe lì.
FA: Eh sì.
AP: E sono, e li tengo perché, e li usiamo quei rimorchi lì. Eh sì, rispettandoli un po’ senza, però sono gomme da, i Dodge, famoso, e camion americani, o tedeschi, no americani
FA: Americani, americani. Va bene.
AP: Tu li vuoi fotografare? Te li faccio fotografare.
FA: No dopo, sì, dopo li, diamo un occhio.
AP: Va bene, direi che, l’intervista va benissimo.
AP: Ti piace così, ti va bene così? Se vuoi sapere qualcos’altro domandi tu.
FA: Va bene. No, direi che siamo a posto, i punti sono stati toccati. Va bene, allora.
AP: Ti posso anche far fotografare uno o due bossoli da mitraglie, da mitragliatrice antiaerea. Ne ho due io.
FA: Ah, li ha raccolti.
AP: Li ho raccolti, e c’erano anche quelli piccoli, ma quelli lì sono spariti, i bossoli così, quelli da mitragliatrice. Invece quelli da antiaerea, i bossoli sono questi, così.
FA: No ecco, adesso allora, visto che parliamo di antiaerea, lei ha visto qualche postazione di contraerea qua a Voghera?
AP: A Voghera, viste no, ne avevo sentito che c’era qualche postazione che difendevano ma facevano poco.
FA: Provavano a difendere.
AP: Provavano, sì ma ci voleva altro che delle cosine così contro quelli, i bombardieri quando. Io ricordo ancora adesso il rumore dei bombardieri, che erano terrificanti perché non era il rumore di un aereo solo, erano sette, otto, dieci bombardieri insieme, tutti insieme.
FA: Uno stormo.
AP: E ricordo anche il sibilo delle bombe, quando uscivano dall’aereo che venivano giù, fischiavano, te capì?
FA: Ho capito. Contraerea americana, ehm americana, tedesca o italiana?
AP: Dunque, la contraerea, questi che ci bombardavano noi, chi erano? Tedeschi? Adesso non mi ricordo più perché poi non, quelli là ci hanno liberati, gli americani sono venuti a liberarci e c’erano sotto i tedeschi e sì, sì, eh.
FA: Quindi italiana insomma.
AP: Sì.
Fa: Ho capito. Va bene, la ringrazio per questa intervista.
AP: Prego.

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Citation

Filippo Andi, “Interview with Andreino Pagano,” IBCC Digital Archive, accessed April 20, 2024, https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/collections/document/1171.

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