Interview with Gabriella Bisio and Teresa Mascherpa

Title

Interview with Gabriella Bisio and Teresa Mascherpa

Description

Gabriella Bisio and Teresa Mascherpa recollect the bombing of Pavia and give a vivid description of its immediate aftermath. They describe food shortages, resorting to eating potatoes with milk and queuing up for a portion of salt. Gabriella tells how her father refused to join the fascist party and how the war ended the day he was about to be deported. They recount various wartime episodes; a German soldier in the act of surrendering being shot in the back by his comrades;, harrowing scenes of bodies carried away on wooden stretchers; and acts of kindness by fascist relatives. They recollect 'Pippo' bombing at night, anti-aircraft batteries positioned in the city and the accidental bombing of a church and houses near the old bridge, which was the actual target.

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Date

2017-03-08

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00:18:48 audio recording

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This content is available under a CC BY-NC 4.0 International license (Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0). It has been published ‘as is’ and may contain inaccuracies or culturally inappropriate references that do not necessarily reflect the official policy or position of the University of Lincoln or the International Bomber Command Centre. For more information, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/ and https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/legal.

Identifier

ABisioG-MascherpaT170308

Transcription

Sono Filippo Andi e sto per intervistare la signora Gabriella Bisio e la signora Teresa Mascherpa. Siamo a Pavia, è l’8 marzo 2017. Ringraziamo le signore per aver permesso quest’intervista. È inoltre presente all’intervista il signor Maggi. La sua intervista registrata diventerà parte dell’archivio digitale dell’International Bomber Command Centre, gestito dall’Università di Lincoln e finanziato dall’Heritage Lottery Fund. L’università s’impegna a preservarla, [background noise] l’Università s’impegna a preservarla e tutelarla secondo i termini stabiliti nel partnership agreement con l’International Bomber Command Centre. Signora Gabriella, vuole raccontarci la sua esperienza del periodo di guerra, insomma?
GB: Le racconto che all’età di sette, otto anni, nove, quelle che l’è, partivo da sola dalla casa perché ero terrorizzata dai bombardamenti e andavo in una cascina nei dintorni all’Acquanegra.
AM: Sì, infatti.
GB: la cascina dei grandi, partivo il mattino, tornavo la sera. Nessun sbuieva no in ca’ mia perché non si andava da nessuna parte. Niente, la fame perché ho mangiato anche il latte con le patate perché non c’era il pane, la fila per poter avere magari il pacchettino di sale perché e poi tutto quello che si vedeva perché ad esempio mio papà lavorava in una cartiera Burgo, non ha mai voluto prendere la tessera.
AM: Del fascio.
GB: dei fascisti così e combinazione vuole, doveva essere portato via, dove li portavano a. Il giorno che doveva essere portato via è stato il giorno che è finito tutto il trambusto della guerra. Spariti anche di lì. Poi mi ricordo che c’erano i tedeschi nel piazzale del borgo, Piazzale Ghinaglia e si stavano arrendendo perché oramai erano e uno della compagnia tedesca si è portato avanti con le mani alzate, è stato ucciso dai compagni dietro. Tutti ricordi non belli. Poi, non lo so, la vita [unclear] ah, non è finita lì. Ehm, cos’erano i fascisti, tedeschi, chi l’è cl’è can mis tut al rob li dentar?
TM: Quello lì era un momento.
GB: Delle guerre.
TM: Alla fine guerre quando si ritiravano i tedeschi. La mitragliatrice [unclear].
GB: Giù c’è una paninoteca, qui, qui, sempre stato e han portato tutti.
TM: Mitragliatrici qui davanti all’entrata perché passavano da là per la statale.
GB: Sì, e han messo tutti armi e bagaj per sparare se arrivavano i.
TM: Davanti a una casa.
GB: il mio suocero insomma si è fatto risenti ma niente fare, spaventi anche li. Voi dov’è che andavate a prendere il pane?
TM: A Robecco.
GB: Robecco.
TM: C’era il pane, c’era.
GB: Perché loro.
TM: In bicicletta.
GB: Erano in una situazione diversa un po’ dalla mia. [unclear] Tra le disgrazie, ma varda quas chi, ciapa da li, scapa da là. Ciumbia abbiam fatto la fame.
AM: Invece Zina cioè andava.
TM: No num ndavam [unclear].
AM: No andava da Robecco in bicicletta.
TM: In bicicletta. Per prendere il pane per una settimana. I micconi. Il pane non c’era.
GB: Poi ha nascosto anche gente, gh’era chi nascost Muzzo, tla cunüsat, tlè conosü.
AM: Nascondevano anche gente come, come quelli che la dicevano che andavano nella cascina e là loro si nascondevano.
I: [unclear]
AM: Perché allora non c’erano tutte queste case.
TM: No, no.
AM: Allora c’erano, erano in fondo al borgo c’erano.
GB: Al tempo dei partigiani.
AM: Ma quand i bumbardavan vialtar scapavat o no?
GB: [unclear] Antonio, io no. Io ero sempre in quella cascina lì. Ah no, ti dirò un’altra cosa. Che poi avevamo preso l’abitudine, quando suonava l’allarme, si andava in quel rifugio che c’è, prendeva giù dall’Acquanegra. Quel rifugio lì. Quel giorno là c’era l’esumazione di qualche parente nostro. E allora con mia mamma, Gigi e Giovanni siamo andati al cimitero. Han bombardato, proprio preso quel punto.
AM: Quella volta, che ti diceva Piero quando hanno preso la tomba che ha fatto 90 morti.
TM: Tomba [unclear]
GB: Han proprio preso quel punto lì.
TM: I bombardamenti più brutti sono stati per il ponte vecchio perché.
GB: Che sbagliavano.
TM: Il ponte della ferrovia [unclear] Due volte sono andati giù. Ma questi qui tutte le volte
AM: Sì, in più quello che diceva.
TM: E han bombardato [unclear].
GB: Sbagliavano le posizioni. E anche quella volta lì, allora c’era già la passerella. Gh’era giamò un quaicos ca’ quadreva no. Fatto sta che ricordo ancora la scena. Perché naturalmente mio papà era al lavoro. Sentendo tutto e sapendo, memore che magari si andava lì, guarda. Noi tornavamo.
TM: Quel bombardamento lì l’ha centrà e l’è ndai giù anca mes Burg.
GB: Noi tornavamo dal cimitero, ci siamo visti sul ponte, lui tornava dal borgo. Non so dirti la scena quando ci ha visti perché il pensiero da ved pü una famiglia, vedasla davanti Tu ti ricordi che.
FA: Quindi si ricorda quando hanno bombardato?
GB: Eh questo no. Quand’è che l’è stat fiöi?
TM: Hanno bombardato.
AM: No le date, cioè un mese.
GB: Sì, sì, sì. No, no, no, no. Eh, noi eravamo dalla parte opposta del cimitero.
AM: Eran dall’altra parte del Ticino.
GB: Lì è stato un disastro, che roba. Vedere portavano via i morti, i feriti, la maniera ch’ieran, con la barelle di legno. Bisognava. Scene strazianti addirittura. No, no, è stato.
AM: E vialtar quand i bumbardevan, vialtar, erano qua a duecento metri da [unclear].
GB: Sì, sì, sì.
TM: [unclear ]A guardà in alt par ved, perché per, qui c’erano i, si fermavano i pullman che con l’allarme si sono fermati qui. I bombardamenti sono andati tutti nel rifugio lì. E sono rimasti sotto.
GB: E sono rimasti sotto tutti.
AM: Comunque tu pensa che a distanza di tempo, adesso te lo dico, c’era lì della Carminuti no, che han trovato un cadavere che praticamente era stato sbalzato in aria, era caduto sopra il tetto, aveva sfondato il tetto e non se n’era accorto nessuno, dalla puzza han rinvenuto il cadavere.
GB: Un po’ dappertutto anche quei che era stai bumbardà ] non c’erano più integri, erano tutti
AM: A pezzi.
GB: Immagini. Che robe ch’è stat li.
FA: Quindi hanno bombardato un rifugio vicino al ponte?
AM: No, qua, qua avanti.
GB: A metà abbondante.
AM: Quattro, trecento metri indietro da qua, che era distante dal ponte perché avevano sbagliato.
FA: Perché avevano sbagliato, sì.
GB: A metà borgata.
TB: Siccome forse era, c’era una curva li, fasivan fatiga.
AM: Non tenevano conto del Ticino.
TM: Facevano fatica a centrarlo il ponte vecchio e l’hanno bombardato due o tre volte.
GB: E poi c’era Pippo. C’era Pippo che rompeva le scatole tutte le notti. Non so no un mo’ ades, qual’era la sua funzione, so no un mo’ ades. Tutte le notti girava.
TM: Però un paio di volte ha bombardato la cascina Lignazza li, perché ieran andai int i camp , le bombe.
AM: Lui se vedeva magari qualche movimento, qualche cosa così, lasciava una bomba.
GB: L’unica cosa è che quando si andava fuori per non essere proprio sotto le case, andavamo quei prati li sempre giù dl’Aquanegra e mia mamma, e mia mamma si portava dietro il paiolo per fare la polenta. Oh Madonna, da mettere in testa, così se magari succedeva che bombardavano, mitragliavano, almeno la testa era salva. Di quelle cose che adesso ci ride magari a raccontarle ma allora no.
FA: Quindi c’era grande, c’era forte paura insomma.
TM: Altrochè.
GB: Forte paura, altroché. Forte paura e poi c’era il terrore di tutto. Perché anche per i giovani. Perché poi io avevo due zii, fratelli di mio papà, che erano fascisti fascistoni [emphasis] proprio. Gente che facevano del bene eh. Infatti quando è finita la guerra, nessuno li ha insultati, nessuno, Perché allora loro vivevano dentro la caserma, sul viale, e davano da mangiare a tutti quelli che andavano a cercarlo. Poi avevo uno zio, fratello di mia mamma, contro completamente, Angelo. E quindi avevamo anche un po’ di.
AM: Ma Tunon l’era, Tunon.
GB: Eh.
AM: L’era parente de tu ziu.
GB: Tunon chi l’è? [unclear].
AM: Al papà ad.
GB: Manuela?
AM: No. Bosi.
GB: Quel Bosi l’era me ziu.
AM: Quel che lui l’è partì, lui è partito, era appena sposato.
GB: Sì.
AM: E sua moglie era incinta, l’han fatto prigioniero in Albania, no. Poi è andato a finire in Egitto, prigioniero in Egitto, è tornato nel ’46, che suo figlio quanti anni che aveva? Aveva sei o sette anni. Non aveva mai visto suo papà no?.
GB: No, ah, l’è, ti te dre parlà del Mino?
AM: Del Mino, sì.
GB: Ah, Tunon disevi Angelo [unclear]?
AM: No, perché al ciamevan Tunon so papà.
Gb: No è il papà del Mino.
AM: Sì, il papà del Mino se ciama.
GB: È suo sio Piero.
AM: Suo sio Piero.
GB: Tornato che era più lui, perché sentire quello che racconntava, lo mettevano su una scala ripide e po’ ag devan un punton e al la fevan borlà giù , lo faseva andar giù. Delle cose.
AM: Gli inglesi l’avevan catturato perché lui era partito addirittura prima della guerra.
GB: Sì, sì.
AM: Per la guerra d’Albania, no.
Gb: Sì, sì, è stato in Albania.
AM: E l’han fatto prigioniero in Albania. L’han fatto prigioniero in Albania, lui non è più, era il ’46, cioè non il, era il ’38, ’39, robe del genere. Lui non è più tornato, s’era perso, quando è partito era, s’era sposato da poco, no.
GB: Sì. Era partito che non era più lui. Lü giamò al la ciamevan Tunon.
AM: [unclear], perché sì.
GB. Povero.
GB: Ritorno, e poi mi ricordo un’altra scena che non so se può essere importante o no. Che un giorno hanno schierato Angelo, non ricordo il nome degli altri tre, davanti alla caserma dei carabinieri. E i fascisti dall’altra parte pronti ad ucciderli. E varda s’eri una fiületina propi giuina ca vadivi tut chi rob li. Poi non so come mai le cose son cambiate e insomma si son salvati.
FA: D’accordo.
AM: Che poi qua, diseva Piero, che chi g’era un pustament ad contraerea giù all’Acquanegra.
GB: Si altroché.
TM: Sì.
GB: Ma n’era dappertutto, Antonio. Dappertutto n’era.
AM: E sparavano ogni tant quai li?
GB: Si sentiva il botto dappertutto. Quand han trai giù, che han bombardà il ponte.
TM: Si qual li l’è stat, bombardamenti più... spaventoso.
AM: Però non sono mai sfollati perché abitavano già in fondo il borgo. Cioè scappavano nelle campagne e nelle cascine basta [unclear].
GB: Fuori che almeno le case non cadevano in testa, ecco.
FA: Eravate un po’ più lontani insomma.
GB: Ma si pensava a un fatto del genere invece. Eh lì c’è gente che han perso figli e non figli, in particolare in quel rifugio lì. Era l’unic ca’ gh’era chi in Burg in borgo.
AM: Grosso.
TM: Chi I pensavan ac l’era al püsè sicur.
Fa: E lei invece era da questa parte di qua del borgo, quando?
TM: Anche quello lì da questa parte ma è più in là, più vicino al ponte diciamo.
AM: Sì, no, le Gina quand i bumbardevan l’era da chi.
GB: Non si è mai mossa [laughs].
TM: No, ma anca li me cas fa ndevi in tla stra da la giu li nei campi.
FA: E l’ha visto? Che cosa si ricorda di quelle giornate, di quella giornata lì insomma?
GB: Eh, un trambusto che non finiva più.
TM: Mah, forse niente. Una visione che non si può descrivere.
GB: No, non si può descrivere.
TM: Perché non riesci ad abbassare la testa, guardat sempar in su , con la testa in giù guardi anca li [unclear].
GB: Vabbè che c’è gente che ha perso proprio tutta la famiglia, eh.
AM: Sì, ma le la diseva, vialtar guardevav I bomb ca’ nieva giù? .
GB: [unclear] Si s’eram propi chi, at ia vedevat a grapul chi nievan giù, proprio che scendevano [mimics sound].
TM: Mia mamma la scappava magari in casa. La gneva no föra la steva in ca’ e mi s’eri li a guardà, ne mur ne nient e specie quas chi il Ponte dell’Impero è andato giù.
AM: Ma quel che ha bombardà la tombina, vialtar iv vust la nivula, av ricurdè subit o no?
GB: Io non le ho viste perché non ero in borgo.
TM: No guardevi propi püsè in la dal pont proprio che sei in là adesso.
AM: Quindi anche loro non se ne sono resi conto subito.
[background noise]
GB: Aveva dei lati comici magari anche.
FA: Quindi insomma una grande confusione. Non si riesce a descrivere.
TM: A descrivere non riesco.
GB: No. Io l’unica cosa che mi ricordo è che tornando dal cimitero tutte sti barelle, sul coso che li portavano non si sa dove, morti, non morti.
FA: Quindi è arrivata insomma dopo che era successo, ecco.
AM: E anche lei che era qua non si è resa conto subito, vedeva venire giù le bombe.
TM: Polvere, fumo, perché po anca frequenti le bombe, una da dre a l’altra.
Gb: Un grappolo, un altro grappolo, venivan giù, me delle.
TM: Più brutto è stato questo qui, il ponte vecchio. L’altro.
GB: Ma hanno sbagliato un paio di volte a prenderlo.
TM: Oh, quas chi si.
GB: Eh! Il ponte dell’impero era più vivo, era più.
TM: Ponte delle ferrovie, il primo bombardamento.
AM: È andato giù.
TM: Quello dell’impero, due volte son venuti per.
GB: Ma chi più sè?
TM: E chi ien gni tre o quattre volte. L’ultima volta, un disastro.
GB: Disastro generale.
TM: Perché forse gh’evam un età che capivam un po’.
AM: Si capiva propi no un mo’ ben.
TM: In che manera l’era.
Gb: Ti dico che mi a vundes ann l’era finì la guerra. Unidici anni.
GB: Anche se po’ ghe gent che as ie fai i danè.
AM: [unclear]
GB: Eh?
AM: Lo diseva anche Piero [laughs].
GB: Poi c’è gente che.
TM: Quando è finita la guerra han fat i Carneval.
GB: Sì.
TM: Andà in gir con una gabbia con dentar i.
GB: La storia [clears throat] a quan ievan impost da met, i due palloni in alto.
TM: Qual li l’è prima l’è il Duce, quando l’è passà il Duce, ha fatto l’inaugurazione dela Lupa .
GB: Ah d’la casa dla Lupa . E hanno imposto a mio suocero di abbellire un po’ la casa perché passava di qua. E l’abbellimento l’è stato. Ma.
TM: C’era, era metà che sembrava un gabinetto, un servizio. Allora l’hanno dovuto allungarlo, fare una specie di terrazzo con i palloncini di sopra perché passava il Duce . Ma è prima della guerra. [pause]
GB: Avete voi qualche domanda da fare? Dai, iutes.
FA: Vabbe’ quindi allora quello è stato il primo bombardamento. Invece dei bombardamenti che sono venuti dopo? Ne avete visto qualcuno?
AM: No. Noi.
GB: Quello lì.
AM: Ma loro hanno visto quelli del ponte, scappavano poi dopo.
TM: Sì, sì, del ponte là e basta. Am ricordi nanca se ien gnu a bumbardà.
AM: No, ma quelli ien quei del ponte, po g’era Pippo, gli altri.
TM: Gh’era Pippo cl’era sempar in gir.
GB: All’inisi dal Burg a bas l’è ndai giù anca lü.
AM: Sì, sì, sì, là del teatro Bordoni, la cooperativa.
GB: Andà giù tut.
AM: Eh ma il burg, fino a quasi alla chiesa l’èra andà giù tutti, Indè ca gh’era Gavassi al gh’eva al deposit di strass che è bruciato, è andato a bruciare avanti non so per quanti giorni perché lì c’era il deposito degli stracci, c’era uno che faceva proprio la raccolta degli stracci.
GB: Inde ca gl’aviva?
AM: Li atacà ai scol
TM: Ma li l’è indè ca stava , ma lu l’era chi da Sfross.
GB: Dopu atacà.
TM: chi nde gh’era l’edicula.
Gb: Ma lè ndai subit li?
AM: No li gh’è ndai dopu, Sì perché lu andava lì dove se i scole.
TM: Ah li ghe ndai dopu la guera?
AM: I la che stava lu con la ca’ Che lì l’è andai avanti a brusa non so per quanto tempo perché alcune bombe, cioè, non è che le bombe han colpito la chiesa, sono arrivate vicino alla chiesa, perché era caduto anche un pezzo di navata della chiesa.
TM: E sempre nel bombardamento per il ponte.
AM: Sempre per il ponte. C’era, sempre una di quelle volte che hanno sbagliato a bombardare perché non hanno sbagliato, cioè hanno sbagliato diverse volte. Cioè, il massimo è stato quando hanno sbagliato che hanno preso la Tombina che proprio erano fuori però altre volte, sempre per il discorso della curva, loro sbagliavano e beccavano il borgo, le case del borgo. Una volta hanno beccato anche le case appena fuori dal ponte città vecchia. Han beccato anche lì, dove adesso c’è la cremeria e così, no. Una volta hanno sbagliato perché probabilmente sono stati più di là e hanno buttato giù le case anche di là, dove adesso hanno costruito tutte quelle case nuove.
GB: si perché il ponte lo han rifatto.
GB: Ma non come prima [unclear], Prima era più curvo e adesso.
AM: Sì, l’hanno fatto un po’ più in giù.
TM: L’han spustà, l’han spustà.
GB: Perché lì nel piazzale c’erano gli alberghi, di Ferrari, gh’era tut.
TM: Al ciclista atacà al pont.
GB: Andàt giu tut.
TM: Antonio, l’ha vüst no nanca lü [unclear].
AM: No abbiamo visto in fotografie e senti quei c’am cuntan ialtar.
GB: Antonio l’è giuin eh dai.
AM: Che me contava mio ziu, me contava mio papà.
GB: Antonio da chi a dü dì al cumpisa no ottantaquattr’anni. [laughs]
AM: [laughs]
GB: [laughs] Te capì?
AM: Sì, sì, sì.
FA: Va bene.
GB: Basta così?
FA: Va bene.
GB: Mi dispiace che forse anche un po’ l’età che non siamo più.
FA: Ci mancherebbe.
TM: Non ci ricordiamo più.
FA: Ci mancherebbe. Va bene, vi ringraziamo allora per questa intervista.
GB: Facciamo il caffé?

Citation

Filippo Andi, “Interview with Gabriella Bisio and Teresa Mascherpa,” IBCC Digital Archive, accessed December 5, 2024, https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/collections/document/736.

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