Interview with Gerardo Bianchi

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Interview with Gerardo Bianchi

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L’intervistato è Gerardo Bianchi, nato a Pistoia il 14 dicembre 1905, professore di economia e deputato della Democrazia Cristiana. L’intervista è condotta da Claudio Rosati presso la sua abitazione a Pistoia, il 19 agosto 1983. Quando c’è stato il primo bombardamento di Pistoia, Gerardo Bianchi si trovava sfollato con la moglie a Campiglio di Tizzana e ricorda il gran numero di aerei che sorvolarono la città. La mattina seguente si recò in città per capire l’entità dei danni: Via dei Gelli fu una delle strade più colpite e lì morirono cinque dei dieci figli della famiglia Zanzotto; anche nella zona di San Vitale ci furono delle vittime, tra cui il professore Giuseppe Camposampiero. Fino ai primi mesi del 1944, al suono degli allarmi antiaerei scappava nella campagna verso Sant’Agostino, vicino al cimitero, e si riparava nei fossi insieme ad altre persone. Ricorda la permanenza del comandante Kesselring sia alla Villa agli Imbarcati sia alla Grotta Giusti e la dislocazione di alcuni uffici delle Officine San Giorgio in Viale Pacinotti, presso cui era impiegato.

The interviewee is Gerardo Bianchi, born in Pistoia the 14 December 1905, Professor of economics and Member of Parliament (lower house) with the ‘Democrazia Cristiana’ party. The interview was conducted by Claudio Rosati in his house in Pistoia, on 19 August 1983.

When Pistoia was bombed for the first time, Gerardo Bianchi was evacuated to Campiglio di Tizzana and remembers the many aircraft flying over the place. The following morning, he went back to Pistoia to get a sense of damage: Via dei Gelli was severely hit, among the ten children of the Zanzotto family, five died; people were killed in the San Vitale area, including Professor Giuseppe Camposampiero.

Until early 1944, the air-raid siren spurred people to run into the countryside at Sant’Agostino, near the cemetery, huddling in ditches. Gerardo mentions seeing Commander Albert Kesselring at Villa agli Imbarcati and at Grotta Giusti; he tells how some offices of the Officine San Giorgio (his employer) were relocated to Viale Pacinotti.

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Date

1983-08-19

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00:25:46 audio recording

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Identifier

MB CR 2 A

Transcription

GB: Sì, il primo bombardamento è un – è un fatto che non si può dimenticare molto facilmente, perché è stato fra l’altro il più grosso dei bombardamenti fatti su Pistoia, quello che ha provocato alla città tanti morti e tanti danni nelle abitazioni. Personalmente io – personalmente io ero sfollato con mia moglie a Campiglio di Tizzana, ma qui a casa, nella mia casa dove ancora sono, c’era mio padre, mia madre e mia sorella, che era impiegata in banca e fino a quel giorno eran passati gli aerei su Pistoia e s’era sentito l’allarme, ma eran passati fino a quel giorno senza bombardamenti perché andavano in altre zone d’Italia. Io personalmente, forse – e senza forse, sbagliando, mi ero illuso – siccome il primo bombardamento è avvenuto nella notte fra il 23 e il 24 d’ottobre del ‘43, io – cioè dopo che l’Italia aveva firmato l’Armistizio –
CR: Dopo l’8 settembre.
GB: Dopo l’8 settembre del ‘43, io mi ero illuso, la speranza, il desiderio che Pistoia fosse esonerata da questi bombardamenti, che cioè i bombardamenti in Italia, non solo Pistoia quindi, sarebbero stati ridotti ad alcuni punti dove c’erano i tedeschi e basta, ma invece, come tutti sappiamo, dopo l’8 settembre il – dopo gli avvenimenti che sono avvenuti, il Re che era andato via, il comando dei tedeschi, la formazione del repubblichino, del Partito repubblichino e tutto il resto, ha portato che in Italia è continuata la guerra, è continuata e sono avvenuti questi tragici fatti di cui appunto Pistoia ha avuto questa dolorosa realtà. Io ho detto ero in campagna e allora c’era il coprifuoco, i tedeschi che erano quelli che comandavano –
CR: Occupavano [?]
GB: [incomprensibile] la sera a una cert’ora, io non ricordo quale ora era, che s’era nell’autunno, fino alla mattina, mi pare alle cinque, non si poteva andare in giro, chi trovava [incomprensibile] in quel modo veniva fucilato, questa era l’esposizione. Quella notte a un certo momento si cominciò a sentire l’allarme e come avviene in campagna ci affacciammo lì, eravamo in casa dallo zio di mia moglie a Campiglio, ci affacciammo per vedere che cosa succedeva, perché era una grande quantità di aerei, ci fece impressione anche il numero, il rombo, via, del –
CR: [incomprensibile].
GB: Degli aeroplani, erano tanti e a un certo momento – questo era notte già, non so, sarà stato mezzanotte, insomma, nella nottata, forse anche dopo – si incominciò a sentire cascare le bombe, a vedere delle fiammate su Pistoia, intorno Pistoia e si pensò che allora Pistoia sarebbe stata bombardata, colpita per via della San Giorgio, per via della stazione, il nodo ferroviario e quindi, sa’, forse sarà stato delle truppe tedesche ecco, queste cose noi – e questo bombardamento durò piuttosto – parecchio tempo ecco.
CR: Quanto? Se tu dovessi dire un’ora –
GB: Non si può dire, non si può dire. Posso dire delle ore, ma è certo che si sentiva giù, poi un po’ una [incomprensibile] all’angoscia che si crea, tutto questo fatto e naturalmente noi fummo subito in angoscia e preoccupati perché si pensava ai pistoiesi e io pensavo alla mia famiglia e poi c’erano i parenti, gli amici, ‘Allora come si fa? Andiamo a casa, andiamo c’è il coprifuoco’, così, insomma. Dopo un po’ noi venimmo a Pistoia la mattina e naturalmente non trovammo nessuno per la strada, venimmo giù presto, la mattina prestissimo, era l’alba neanche e io venni subito a casa e c’erano i miei genitori e mia sorella, erano qua, naturalmente non si sta a dire in che stato d’animo erano, fortunatamente però loro erano sani e salvi, non avevano avuto nessun danno, allora mi misi a andare a vedere nei punti più colpiti e il primo che vidi fu quello in una delle strade più colpite, in Via dei Gelli –
CR: Non la conosco.
GB: Cioè, lì vicino alla Santissima Annunziata, tra Vicolo dell’Arcadia a Piazza d’Armi si diceva, s’andò – andai a vedere, c’era – ci stava di casa un amico, Livio Zanzotto, il quale aveva dieci figlioli, però in quel bombardamento la casa distrutta e cinque figlioli sono morti, sono stati ammazzati –
CR: E gli altri cinque si salvarono?
GB: Gli altri cinque si salvarono, tra i cinque salvati ce n’era uno che era mio figlioccio, il mio figlioccio è ancora vivo, sì, Carlo [?] Zanzotto. Ora il mio figlioccio sta a Roma, sta nella campagna romana, un paesetto dove è impiegato lì, lui e la moglie e i figli e c’ha due figli mi pare e sicché s’andò lì e si cercò di – di aiutarlo, di – di confortarlo, si prese qualcuno di loro e lo portai a casa mia e si fece quello che [ride] qualunque persona, capito, con un minimo di senso umano e cristiano avrebbe fatto e si fece quel che era possibile. Così andai anche a girare da altre parti e per esempio siamo andati a vedere, camminando come si poteva camminare, perché c’era i mattoni, le macerie per le strade di Pistoia, in tanti posti, s’andò anche vicino a San Vitale, dove c’era il palazzo – dove c’era il –
CR: Quello –
GB: [incomprensibile] Sì, che in quel palazzo lì ci furono diversi morti, due signore erano in casa e fra questi diversi morti c’era un altro amico che era professore di liceo, il professor Giuseppe Camposampiero, che credo molti pistoiesi che hanno fatto il liceo in quegli anni ricorderanno perché era un uomo giovane, che era intelligente e giovane, ma una grande intelligenza e di un grande cuore, una grande bontà, tant’è vero è venuto a Pistoia avea subito partecipato alla messa del povero. Le domeniche mattine allora c’erano a San – allo Spirito Santo la messa del povero, che era particolarmente curata da Vittorio Brachi.
CR: Ah, ho capito.
GB: Un mio amico, dalla moglie di Vittorio Brachi, la Edi Nardini e da altri signorine, da altri giovanotti e c’era anche – partecipava – aveva partecipato per diverse volte il professor Camposampiero, dicevo, uomo di grande cuore e di grande generosità, tant’è vero che lui di famiglia nobile, benestante veneta, la sua proprietà terriera era stata lasciata per fondare un’opera per ragazzi, per orfani, per poveri qui a Pistoia e non so quanti saranno questi che lo sanno ma alle Fornaci c’è stato per tanti anni – c’è ancora, anche se l’evoluzione ha fatto cambiare tante cose, c’era l’opera Camposampiero. Di questa opera Camposampiero, anzi, desidero dire che c’è stata per diversi anni, per tantissimi anni presidente una collega, una professoressa, collega di Camposampiero, cioè la professoressa Angela Borgioli e è stata fino al giorno della morte la presidente, quella che in un certo senso aveva proseguito quest’opera spirituale prima, ma dire anche economica e morale, facendo questa – dirigendo questa opera qui veramente benefica ecco, veramente utile, perché in quei primi tempi c’erano dei ragazzi che erano rimasti orfani, sbandati e si sapeva che questi ragazzi furono raccolti lì, diversi, perché poi non eran solamente raccolti per dare da mangiare, gli davano – gli insegnavano –
CR: [incomprensibile].
GB: Capito, erano [incomprensibile] –
CR: [incomprensibile]
GB: Con pochino [?] facevano scuola, [incomprensibile] cercavano di dargli un mestiere come si suol dire, ecco.
CR: Ecco, ma dopo il primo bombardamento si avvertiva l’angoscia della gente? Cioè, la gente viveva con la paura [incomprensibile] oppure erano abituati?
GB: No, no, c’era, c’era, c’era la paura e quando si sentiva – e siccome mi – mi pare Pistoia sia stata bombardata cinque volte, mi pare, non vorre – da lì fino ai primi del ‘44, poi Pistoia non fu più bombardata, ma in queste diverse volte, anche durante l’inverno, durante i primissimi del ‘44 [incomprensibile] appena si sentiva si scappava, si scappava in periferia, si scappava nei campi, s’andava verso Sant’Agostino e ci si metteva nelle fosse perché si guardava se c’era l’acqua e non c’era, la pelle che premeva [?] e allora che cosa voleva dire, io – si potrebbero raccontare delle cose che qualcuno può anche –
CR: [incomprensibile]
GB: Non dico sorridere ma –
CR: [incomprensibile]
GB: Sono aspetti diversi: uno, per esempio, quando io scappavo con mio padre, perché allora non c’era qui né mia madre né mia sorella né mia moglie, eran già andate via, andate – mia moglie era a Campiglio e mia sorella e mia madre erano a San Michele a Agliana dal fratello di mio padre [incomprensibile] sacerdote, dallo zio prete si diceva noi e quando si restava qui e lui – e si andava laggiù e mio padre diceva ‘Povera mia casa, povera mia casa’ perché era il suo desiderio di avere – per tanti anni, aveva lavorato per tanti anni per avere quattro stanze, di dire ‘Io sono – questa casa è mia’, il senso della proprietà, non della grande – la casa –
CR: Di avere un tetto.
GB: D’avere un tetto che era mio e di fatti la casa che lui aveva fatto – tant’è vero che poi quando noi figlioli – che lui è diventato anziano, camminava un po’ male – s’era detto ‘Vediamo un po’ se si può rifare qui vicino una casetta modesta’ che si lavorava tutt’e due, se c’era da fa’ dei debiti in qualche modo si guarda di pagarlo, vender questo [incomprensibile], ‘No, no, qui, voglio morire qui, quando sono morto fate i [incomprensibile]’, questo diceva, per dire come teneva ad avere la sua casa, ma c’era un’altra cosina anche che – che vuol dire nella vita, lasciamelo ricordare, tante volte s’andava là e naturalmente non eravamo lì soli rimpiattati, c’era tanta gente che veniva da San Marco, dalle [incomprensibile] –
CR: Dov’eravate? Lì a Sant’Agostino?
GB: Sì, a Sant’Agostino [incomprensibile] –
CR: [incomprensibile]
GB: S’entrava di qui, andava lì dentro, là dai cimiteri, si pensava che forse – siccome dice ‘Gli americani lo sapranno, non butteranno mica le bombe sui cimiteri’ –
CR: E eravate dentro al cimitero –
GB: No, noi fuori, di là –
CR: [incomprensibile]
GB: Di là dal cimitero, si diceva – di là dal cimitero e allora c’era campi e basta, c’era campagna, non c’era [incomprensibile] –
CR: [incomprensibile]
GB: [incomprensibile] significato, poi c’era questa, diciamo in un certo senso, intercapedine del cimitero, quindi neanche vicino [incomprensibile] bene, si vedeva tanta gente che veniva là dentro e quando s’era là dentro, per esempio, che dicessi [?] ‘Madonnina santa, aiutatemi, Signore salvaci’ non fa meraviglia a uno come me –
CR: Sì.
GB: Ma queste frasi io le sentivo dire anche a gente di Porta San Marco che certamente – no, certamente no – ma certamente non so se si ricordavano di essere mai stati in chiesa e d’aver mai sentito rammentare il nome del Padre eterno, ‘Gesù mio salvaci, Signore aiutaci’.
[parlano contemporaneamente]
CR: Quindi questo era indice di grossa paura.
GB: Per me poi è un concetto che risponde ad una mia convinzione, ma questi che almeno apparentemente sono o erano lontani da ogni convinzione religiosa, in quel momento veniva la cosa, è così, poi ho detto ‘Si sorride’, ma bisogna pensarci che rappresentava davvero eventualmente la morte, più che –
CR: Quei minuti poi devono essere lunghissimi, non so, quando si sentono passare questi aerei e s’aspetta dove va –
GB: [imita il rumore del bombardamento aereo] Una volta, tant’è vero, un bombardamento – ci fu una bomba che cascò dietro alla Santissima Annunziata, vicino – c’era un’officinetta, ora lì non ricordo come si chiama, in fondo agli orti, ai vivai della ditta Fedi e una scheggia venne qui vicino a casa mia, allora qui non c’era niente, naturalmente erano tutti vivai, lì in Viale Arcadia fino alla zona [incomprensibile] era tutto un vivaio Fedi Pastacaldi, quindi non c’era niente.
CR: E finito il bombardamento c’era un senso di sollievo?
GB: Sì, ‘Anch’oggi s’è scampata, speriamo bene, che non vengano’ e via e si riandava a coso, questo era – effettivamente poi c’è da dire di diversi aspetti che a Pistoia poi sono interessati, i bombardamenti cascati a Pistoia – c’è stato un tale che io ho conosciuto e quello fu veramente un miracolo, dalla barriera andava alla stazione in bicicletta e lui cominciò a scappare, non so se andava verso la stazione in quel momento – perché era un ferroviere di quelli in [incomprensibile] e il fatto è che andava e dopo pochi secondi che era passato di lì ci cascava la bomba, due o tre bombe –
[parlano contemporaneamente]
GB: Lui era, come dire, perseguitato dalla bomba ma credo che riuscisse a salvar la pelle, lui non so se andava da qualche parte –
CR: Ma la gente cosa avvertiva? Che volevano colpire gli obiettivi militari o che volevano terrorizzare la popolazione?
GB: No, più che altro che c’era qualche cosa di militare da –
CR: La gente lo sapeva che non era –
GB: Sì, tant’è vero che per esempio le bombe che cascavano vicino a San Domenico – perché vicino a San Domenico c’è cascato le bombe, perché si diceva che sotto le piante, c’era dei grandi platani mi pare lì a San Domenico, c’erano dei camion carichi di tedeschi o di munizioni.
CR: Ma quello che gli alleati buttavano – questo non sono mai riuscito a sapere se era vero o no, o è propaganda – dicevano che gli alleati buttavano penne stilografiche esplosive, in modo che quando poi uno le raccoglieva esplodevano, era una cosa vera?
GB: Ma, ecco, l’ho sentito dire anch’io, ma a me non è risultato, l’ho sentito dire [incomprensibile]
[parlano contemporaneamente]
GB: Questa può anche esser stata propaganda –
CR: Però l’ha sentito dire.
GB: L’ho sentito dire a quell’epoca, però dico la verità, a me nessuno m’ha detto a me –
CR: Quindi non ha verificato?
GB: No, questo – devo dire la verità, ecco, queste cose qui le [incomprensibile] poi nelle – questo era – ecco, ho detto, questi bombardamenti avvenivano in questo modo, successivamente c’eran parecchie volte che si vedevano gli aerei, ma era via via – la battaglia proseguiva, cioè che i tedeschi si ritiravano e per esempio qui nella nostra zona ci venivan spesso degli altissimi ufficiali tedeschi. Kesselring è stato a dormire alla Villa agli Imbarcati, è stato a dormire alla Villa alla Grotta Giusti, è stato a dormire in diverse zone, ma quest’uomo era, non direi perseguitato, era seguito dagli aerei americani, alleati americani per bombardarlo, sicché lui più di una notte in un posto non ci stava a dormire, perché i servizi alleati erano informati via via che magari stasera, non so, veniva alla Villa Imbarcati poi andava via [incomprensibile] non sapevano dove andava, capitava alla Villa Giusti, magari invece che alla Villa Giusti poteva apparire e andare da un’altra parte, ma è certo che lui era sempre segnalato da tutte le parti e [incomprensibile] sarebbe stato un colpo grosso pigliare il cervello, perché –
CR: Dal punto di vista propagandistico –
[parlano contemporaneamente
CR: A un certo punto il fascismo credette di riprendere e riacquistare consenso con il fatto di questi bombardamenti, cioè che la gente la prendesse, diciamo, contro gli alleati perché bombardavano, è vero o no? C’era questo –?
GB: No, no, ci si lamentava evidentemente –
CR: Qual era l’atteggiamento politico verso chi bombardava?
GB: Verso chi bombardava era il dispiacere, prima ancora del bombardamento, ma allo stesso tempo il desiderio che finisse questa guerra e s’appigliavano [?] contro i tedeschi e eran quelli che provocavano la venuta degli alleati, ecco, per questo, perché insomma noi –
CR: Quindi si ritornava sempre a dare la colpa ai tedeschi –
[parlano contemporaneamente]
GB: No, era questo, allora questa domanda mi ricorda un altro episodio: che la San Giorgio aveva, come dire, dislocato, aveva trasferito la propria amministrazione, la propria contabilità eccetera lì dall’officina dov’era in Viale Pacinotti. L’aveva trasferita sopra la Chiesa Nuova, c’erano dei fabbricati così, molto semplici, ma insomma avea trasferito lì la contabilità, l’ufficio tecnico eccetera, in officina purtroppo un c’erano le macchine, c’eran rimasti soltanto gli operai, anche lì facevano in un certo modo per ridurre il rischio del bombardamento il meno possibile, ma insomma [incomprensibile] però, la parte diciamo impiegatizia o la parte tecnica o la parte che si poteva spostare era stata spostata là e io ero andato lassù. In un certo momento, proprio un giorno durante – ci si portava il pentolino per mangiare perché naturalmente non c’era le mense, nell’ora di intervallo che s’era fatto s’andava di dove s’era sfollati tutti, s’andava lì a lavorare la mattina e poi stava lì, un’ora di intervallo, s’andava via la sera e si tornava alle nostre – ai nostri rifugi. Beh, un giorno mi ricordo sempre che c’era stato appunto un bombardamento, era passato di là e si vedevano di lì facilmente, si vedeva bene che c’era banalmente le Svolte e i ponti di Piteccio che erano altri due punti presi di mira dagli aerei alleati, qui venne fatto – io sentii c’eran diversi operai, qualcuno lo conoscevo di San Marco e dissero delle frasi quasi – ma, insomma, dice –
[parlano contemporaneamente]
GB: Io lì per lì sa’, non si sa mai in questi ambienti [incomprensibile] una frase scherzosa come a dire ‘Speriamo di un ci rimette’ la pelle’ dice ‘S’aspetta tutti, anche lei l’aspetta’ mi fece questo, sapeva come la pensavo io –
[parlano contemporaneamente]
GB: ‘Ragazzi’, dico ‘bisogna pensa’ alla pelle’ e così – perché era il periodo in cui c’era poi i repubblichini e ce n’era di quelli anche là dentro, capito come –
CR: Quindi nel bombardamento c’era anche questa attesa, appunto, di pulizia generale –
GB: Sì, anche.
[parlano contemporaneamente]
GB: Ecco, come bombardamenti si può ricordare questi. Ecco, certamente il primo è stato quello che ha causato parecchi danni.
CR: Comunque Pistoia fu abbastanza colpita –
GB: Più del cinquanta percento delle abitazioni era o distrutta o resa quasi inabitabile, era una percentuale rilevante e i morti furono parecchi, ora io il numero qui non ce l’ho –
CR: Non si sono mai saputi, però, mi sembra, vero?
GB: Sì, il numero preciso no, perché non si sapeva chi era scappato, chi era fuori e quello a un certo momento qualcuno magari può essere andato ma è morto poi da un’altra parte, capito, questa è la situazione.

Citation

Claudio Rosati, “Interview with Gerardo Bianchi,” IBCC Digital Archive, accessed April 25, 2024, https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/collections/document/38718.

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