Interview with Giulio Fiorini

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Interview with Giulio Fiorini

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L’intervistato è Giulio Fiorini, nato a Pistoia il 26 novembre 1906, impiegato alle Officine San Giorgio. L’intervista è effettuata da Claudio Rosati presso la sua abitazione a Pistoia, l’11 ottobre 1983. Dopo aver vissuto il bombardamento a Milano il 24 ottobre 1942, Giulio Fiorini, esattamente un anno dopo, si trovava in Via Sant’Alessio quando Pistoia fu bombardata. Fuggì da casa e si nascose col figlio in un fiume. In città quasi nessuno si recò nei rifugi. Il secondo bombardamento colpì il campo di volo, dove lavorava alle Officine San Giorgio poiché era in obbligo di leva. Insieme ai colleghi spostò gli aerei in fondo al campo, vicino all’argine, affinché, in caso di allarme, potessero scappare subito. I tedeschi monitoravano sempre il loro lavoro. I capannoni del campo non furono mai colpiti dagli alleati, furono distrutti dai tedeschi con le mine. Aveva costruito un rifugio vicino casa e si trovava al suo interno quando il cognato più giovane rimase ferito a causa di un cannoneggiamento, morì poco dopo in ospedale.

The interviewee is Giulio Fiorini, clerical worker at Officine San Giorgio, born in Pistoia on 26 November 1906. The interview is conducted by Claudio Rosati on 11 October 1983, at his house in Pistoia.
A survivor of the 24 October 1942 Milan bombing, Giulio Fiorini was in Via Sant’Alessio when Pistoia was bombed, exactly one year later. He ran away from home and hid, with his son, in a river. Shelters in town were all but neglected by the locals. The second bombing hit the airfield near Officine San Giorgio, the military establishment Giulio was posted to. With his colleagues, he moved the aircraft at the end of the runway, close to the levee, so they could take off immediately, in case of alarm. The Germans constantly monitored their work. Hangars were never hit by the Allies but mined by Germans. Giulio Fiorini built a shelter near home: he was inside with his younger brother-in-law who was injured following artillery fire. He died in hospital shortly afterwards.

Creator

Date

1983-10-11

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Spatial Coverage

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00:26:14 audio recording

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Identifier

MB CR 6 338

Transcription

GF: Dunque, il primo bombardamento di Pistoia bisogna che spieghi un antefatto: io un anno prima, in quella data, il 24 ottobre 1942 mi trovavo a Milano per ragioni di lavoro, sempre inviato dalla ditta, e ci fu un grande bombardamento, il primo grande bombardamento su Milano.
CR: Il ‘42 [incomprensibile] –
GF: ‘42, il 24 ottobre, quindi io avevo quell’esperienza lì, l’anno dopo, proprio il 24 ottobre del ‘43 io a cena dissi ‘Quest’anno a quest’ora m’andava peggio’, perché mancava cinque minuti alle 6 e quindi il bombardamento di là – si fece l’ora d’andare a letto e improvvisamente il cielo si illuminò dei bengala e allora capii che avrei – che avrei realizzato l’anniversario con un’altra serata disastrosa, infatti fu il primo bombardamento – il primo bombardamento di Pistoia, che mi pare fu verso le 11. Così, io siccome stavo di casa in Via Sant’Alessio, mi reputavo un po’ al sicuro, però posso dire che quando venivano gli allarmi io scappavo sempre più su di Sant’Alessio, sicché quel giorno molta gente in città non scappò perché forse non credevano che bombardassero, purtroppo venne – fu una serata tremenda, disastrosa, perché io avevo tutti i parenti in città che non s’erano mossi nessuno e quindi – poi i velivoli passavano – giravano e quindi si sentiva sulla testa, si sentiva il frastono dei bombardamenti, sembrava mandassero anche lì a Sant’Alessio, sembrava bombardassero dappertutto e tutti si scappava per la campagna, io mi infilai in un fiume, nel rio che passa da Sant’Alessio, col bambino – avevo un bambino piccolino, che me lo tenevo sotto di me che così tentavo di ripararlo, casomai – e così il bombardamento – il [?] bombardamento presi la bicicletta e venni in città –
[parlano contemporaneamente]
GF: Che poi in certe strade non si poteva neanche passare perché c’eran tutte le macerie, io andai subito in Porta al Borgo dove c’avevo il fratello, la mia sorella e avevo i parenti e fortunatamente eran tutti salvi –
CR: Però giunse inatteso, vero? La gente non se l’aspettava.
[parlano contemporaneamente]
GF: Non se l’aspettava, però quando videro i bengala qualcosa doveva pensare, qualcosa doveva succedere [incomprensibile] nessuno era sfollato a Pistoia, o pochissimi. Certo, da quel giorno cominciarono a sfollare.
CR: Quindi quando si aveva notizie di altri bombardamenti di altre città non gli si dava peso, cioè non è che –
GF: Ma, io a volte gli davo peso perché avevo già subito non solo quello lì del 24, ma la sera del 24 ce ne fu un altro a Milano, poi altri giorni ce ne furono degli altri a Milano, quindi li subii un po’ tutti io, tant’è vero che scappai da Milano e andai a Cernusco, a una decina di chilometri da Milano a dormire in una camera, perché a Milano aveo paura e così poi passati dieci giorni che doveo stare a Milano poi ritornai a casa contento perché qua si viveva ancora con una certa tranquillità. Però io che lavoravo al campo di volo non ti dico gli spaventi giornalieri minuto per minuto che si subiva lì al campo di volo, che quello era un posto dove facevano [incomprensibile] e infatti il secondo bombardamento picchiaron tutti sul campo de – il campo di volo, fra le piante lì – però io aveo fatto in tempo con la bicicletta a scappare e arrivare a casa nel secondo bombardamento. Il terzo mi pare che fosse di festa, non mi ricordo bene e allora bombardarono tutto lungo la ferrovia, o fu quello di Porta al Borgo, non mi ricordo bene il terzo, che bombardarono anche Porta al Borgo, anche quel giorno lì c’aveano dato il tempo di scappare ecco, fortunatamente e questo è il fatto.
CR: Che cosa si prova in quei momenti, quando –
GF: Senti, si prova – nel momento tu ti senti le gambe diventar di piombo e un tu ti movi, poi t’entra una grande forza addosso di fa’ chissà che, tu scappi disperatamente con tutte le forze che tu hai e tu ce la metti tutta allora [enfasi], ma nel momento – che ti cada un piombo addosso [incomprensibile] l’ultimo bombardamento [incomprensibile] perché quel giorno mi ricordo che dicevano ‘Oggi bombardan Pistoia, oggi bombardan Pistoia’ –
CR: Come mai?
GF: Mah, allora dice il mi’ cognato quando mi vide che partivo e ritornavo dopo desinare al campo di volo a lavorare ‘C’arriverai laggiù?’ mi disse e dissi ‘Sai il che fo’ – dico – ‘voglio ritarda’ un’altra mezzora’ e ritardai un’altra mezzora, poi [incomprensibile] di dover andare perché dico [incomprensibile] i mi’ compagni che c’andavano e insomma andai, però arrivai al passaggio a livello e suonò l’allarme, io – un fece in tempo a far chiudere le sbarre, girai la bicicletta e a tutta carriera ritornai per tornare alle Fornaci doe stavo di casa, lì a Sant’Alessio, però quando arrivai in Piazza Mazzini che imboccai Via dei Pappagalli cominciai a senti’ l’aerei che arrivavano [imita il rumore degli aerei] ecco, le gambe mi diventarono di piombo, io con la bicicletta un mi riusciva più andare avanti e allora imboccai lì a piedi Viale Malta e mi buttai in terra e aspettai. Dopo un po’ passa uno a corsa, era il mi’ cognato, gli s’era rovinata la bicicletta e mi fa ‘Sei costì anche te disgraziato?’ [enfasi] e pensare poi che ‘sto poero mi’ cognato è stato ammazzato da una cannonata tedesca, in casa nostra proprio [voce di sottofondo]. ‘Mettiti qui’ mi disse ‘mettiti qui’ [enfasi] e mi si buttò e cominciò il bombardamento [incomprensibile] tre ondate [?], tre volte si scappava ancora però ritornavano in un’altra ondata [incomprensibile] [voce di sottofondo]. Tra l’allarme e il bombardamento ci sarà stato cinque minuti [incomprensibile] però la città era tutta deserta, quando passai il giorno per andare a lavorare un c’era un’anima viva, una città morta [incomprensibile] –
CR: Il giorno dopo il bombardamento?
GF: No, no, no, no, quando – in quello del bombardamento, quando passai attraverso la città per andare a lavorare –
CR: Ma perché la gente viveva con paura allora?
GF: È scappata tutta, a Pistoia un c’era più nessuno –
CR: Ah, erano sfollati –
GF: Tutti, un silenzio di morte, un effetto proprio angoscioso, in questa città – un filo di voce da nessuno, io attraversai la città come t’ho detto e arrivai come t’ho detto al passaggio a livello e sonò l’allarme, io girai di corsa e rifeci la stessa strada per andare a casa insomma e quella casa lì che è sull’angolo in Piazza San Francesco io c’ero passato tre o quattro o cinque minuti avanti di lì e la casa era lì, ma dopo il bombardamento quella casa lì non c’era più. Un mio amico che era scappato sul Parterre [incomprensibile] vide un gran fumo laggiù e un c’era più quella casa, lui vide proprio il bombardamento e quella giornalaia che avea il chiosco nel mezzo alla piazza era dentro – dentro il chiosco, fu buttata fori, la Lidia, che ancora c’ha la bottega di – di – di libri, lei fu portata via nel [incomprensibile] attraversò la piazza [incomprensibile] –
CR: Ma secondo te la gente s’era abituata a questo stile di vita o aveva la paura o era cambiato qualche cosa?
GF: Molti erano sfollati, se n’erano andati via, in città c’era poca gente, noi si lavorava, perché purtroppo si doveva andare perché s’avea l’obbligo delle forze armate e tutto quest’affare qui, ma con uno spavento addirittura – perché bastava – vedi, noi si lavorava, no, ci si guardava tutti, bastava – nessuno doveva correre, se si vedeva correre si scappava tutti, incominciava a corre’ tutti, poi si pensò d’andare a lavorare in fondo al campo di volo, si spostava l’aerei laggiù in fondo e s’andavano a rifinire laggiù in fondo vicino all’argine –
CR: Perché?
GF: Perché si scappava prima, capito? Si scappava con più facilità che esser lì coi capannoni, la stazione accanto, il gas [?] erano così sotto tiro completamente e tante volte son passati di sopra a ondate e un era previsto. Il primo bombardamento di Pistoia noi siamo rimasti qui giustamente a guardarlo perché un s’era fatto in tempo neanche a scappare, a guardarli così [incomprensibile] io poi scappavo un po’ da una parte, un po’ dall’altra, un po’ andavo a rifinire in Torbecchia, un po’ – a seconda di dove mi venia l’idea di scappa’ da qualche parte. Un po’ andavo a rifini’ alla Pergola, dal momento in cui – non so, questo mondo, a ripensarci oggi sembra quasi che un –
CR: Ma che sentimenti c’era mentre si bombardava? C’era odio, c’era risentimento?
GF: C’erano – c’era altrettanta paura, certo. Non che ci fossero simpatici gli americani [ride], un c’eran simpatici, certo, eran loro che bombardavano –
CR: Loro lo facevan per liberarci –
GF: Ma, liberarci, però –
CR: S’avvertiva questo o no?
GF: Però come facevano quando hanno tirato le bombe in Porta al Borgo, alla Chiesanova, da quelle parti lì, via un si pò mia sbagliare di lì alla stazione –
CR: Allora secondo voi –
GF: C’è anche un po’ di terrorismo –
CR: Ecco, secondo voi c’era questo terrorismo sulla folgorazione, così?
GF: Sì, io penso di sì perché io quando bombardavano Porta al Borgo ero arrivato a casa e aveo preso il mi’ bambino e ero scappato nella stanza vecchia [?] e allora si vedevano gli aerei. Si videro quando sganciarono, dice il mi’ bambino – era piccino [ride] – ‘Babbo, hanno buttato le bombe nei [incomprensibile]’ sai, brillavano al sole le bombe [incomprensibile] certo la prima sera stettero tanto, stettero una ventina – anche venticinque minuti grosso modo a buttare bengala [incomprensibile] la cittadinanza scappare, in molti scapparono a Monsummano.
CR: No perché dice che – insomma, leggevo che sbagliavano nel raggio di un chilometro e forse anche di più, cioè dovevan colpire la San Giorgio e ci sta che per sbaglio andassero fino a un chilometro più in là.
GF: Può darsi, perché i capannoni del campo di volo un l’hanno mai colpiti, perché quelli furon poi buttati giù dai tedeschi con le mine, quindi bastava che stessi di casa nei capannoni e un venio neanche toccato, ma chi ci stava al campo di volo [ride]?
CR: Ma si riusciva a distinguere – cioè distinguevate voi se erano americani o inglesi, o no?
GF: No, non si guardavan mia, si doveva scappare –
CR: E la gente cosa diceva, ‘Son gli americani, son gli inglesi’?
GF: No, ma si sentiva il rombo dei motori [incomprensibile] il primo bombardamento di Milano [incomprensibile] “i liberatori” li chiamai [?] da tutte le parti, lì un c’era – un c’era – un c’erano obiettivi, bombardavan da tutte le parti.
CR: In modo indiscriminato.
GF: Indiscriminato, sì, sulla stazione un c’andò neanche una bomba.
CR: Avete continuato poi in famiglia a riparlarne dei bombardamenti o no?
GF: Sì, tanto, sì perché specie quando stavo con la mi’ socera lassù eravamo tutti lì [incomprensibile] io un ero mai tranquillo, tant’è vero quando c’erano gli allarmi scappavo sempre [incomprensibile] purtroppo siamo stati sfortunati – siamo stati sfortunati dalla parte del mi’ cognato poverino perché [incomprensibile].
CR: [incomprensibile].
GF: Io ero nel rifugio, s’era fatto un rifugio lì a Sant’Alessio, ci s’avea un ciglione alto, grosso così, lì a Sant’Alessio in Via di [incomprensibile] al principio delle Fornaci. C’è questo ciglione, s’era fatto un bel rifugio, questo ragazzo quel giorno un aveano ancora bombardato, c’era un giorno di sole, c’era i contadini che – che vendemmiavano, figurati, un s’era ancora sentito un colpo di – di – di cannone e andò lì a mangia’ un fico nel primo campo e arrivò due colpi bellici, lo ferì, un l’ammazzò, lo ferì in diverse parti del corpo e noi dopo il bombardamento – dopo il cannoneggiamento si prese un barroccino e si portò all’ospedale e le bombe, le cannonate venian di qua, di là, di là e noi via per strada con questo ferito, poi gli venne l’infezione, setticemia, fu salvato varie volte, venne un parente americano e portò la penicillina, la portò lui, gli americani un ce l’aveano la penicillina e questo cugino venne quando il mi’ cognato era moribondo, sicché portò questa penicillina, gliela dettero e questo malato si riebbe, ma poi era troppo – era troppo rovinato [incomprensibile] un giorno avanti venne questa cannonata [incomprensibile] e noi s’era nel rifugio e quell’altra il giorno dopo e allora urlava ‘[incomprensibile] morto’, ‘No, un tu ti sei fatto nulla, guarda, un ti sei fatto nulla’. Noi si chiuse in casa e fori veniano le cannonate una accanto all’altra boia cane e dice a me poerino quando fu bombardato [incomprensibile] che sapea che io aveo paura ‘Giulio anche te–’ anche lui avea paura come me – ‘Anche te ora ti tocca venire all’ospedale a portarmi’, ma che dici, aveo una lingua massiccia così che un sortia neanche di bocca dalla paura, ma son contento d’esserci andato, t’immagini quanto rimorso avrei avuto. A usci’ di là sotto terra e piglia’ quello sotto le cannonate e anda’ all’ospedale mi ci volle – mi ci volle una bella forza d’animo, senza essere eroe [incomprensibile], invece il mi’ cognato quell’altro che ha fatto la guerra – avea fatto la guerra, lui stava libero di qua e di là [incomprensibile] e poi c’era il famoso bombardamento della notte [incomprensibile] quello facea più spavento, quello m’ha terrorizzato più che altro, perché tu senti sgancia’ sulla testa [?], tu lo senti arrivare, s’avvicina, s’avvicina, s’avvicina, tu avverti poi tutto finché si avvicina e finché si riallontana, finché tu sentivi l’intensità che cresceva [enfasi] che quello tirava giù una bomba per volta, due e poi andava via.
CR: Ma come mai, come –?
GF: Come mai, quando si sentiva il momento che s’allontanava ci se n’accorgea perché l’orecchio [incomprensibile].
CR: Ma chi era quello che chiamavan Pippo?
GF: Sì.
CR: Però Pippo era un nome familiare, come mai l’aveano messo –
GF: Ma, io un so, io un lo chiamavo neanche Pippo, a me mi facea un gran spavento la sera quando arrivava questo qui di notte e ci svegliava e infatti girava parecchio, poi bum [enfasi] [incomprensibile].
CR: Ma a lavoro di che cosa parlavate?
GF: Si parlava della paura [incomprensibile] perché poi ci s’avea un segnale –
CR: Se ne parlava durante il lavoro?
GF: Porca miseria, sempre se ne parlava.
CR: Era un argomento di–
GF: C’era un – perché poi c’erano i tedeschi, quando si vedea scappa’ i tedeschi allora si scappava anche noi. Tante volte siamo scappati prima dell’allarme, che loro lo sapean prima di noi, capito, e poi c’è un coso – un – una macchinina a vapore, chissà perché prima del bombardamento quella lì si mettea in moto e andava via, un so, lì dalla stazione.
CR: E allora voi avevate –
GF: E noi si stava attenti perché –
CR: Avevate messo in relazione il fatto –
GF: Sì, si stava attenti [incomprensibile] e poi ci s’avea – sa’ – noi ci s’avea i tedeschi che ci guardavan lavorare, ci s’avea dei tedeschi lì. Almeno quelli lì eran de bontemponi e un ci rompeano tanto l’anima, certo quando veniva quell’altri – una volta io m’ammalai di un’angina [?] allora il giorno i tedeschi caricaron tutti gli operai com’erano, tutti in quella maniera su du’ o tre aerei e li portaron via, madonna, impauriti, sai doe li portaron? A ripara’ degli apparecchi in altri campi di volo della Toscana, poi li riportaron qui.
CR: [incomprensibile]
GF: A me un mi toccò mai, io appunto quel mese lì mi ricordo che mi venne male alla gola e stetti a casa, sennò mi toccava anche a me a partire. Io sull’aerei un c’ho mai neanche voluto volare perché non mi piace, poteo volare anche tutti i giorni per il lavoro che si facea lì [incomprensibile] poi la paura per la mi’ famiglia, perché poi c’era i mi’ bambini [incomprensibile] avea tre anni e ‘sto bambino più di venti giorni in braccio dentro questa buca con un mantello impermeabile [incomprensibile] e un giorno – una mattina sento alla finestra parla’ tedesco, proprio alla finestra, lì [incomprensibile] ci guardavano – noi s’avea paura di loro ma quei due lì avean paura anche di noi perché eran du’ ragazzi [incomprensibile]
CR: Comunque i bombardamenti cambiarono anche il modo di vedere la guerra da parte della gente –
GF: Ma poi di bombardamenti s’è avuto altro che quelli lì, poi c’è stato il cannoneggiamento: prima il cannoneggiamento degli americani dalla parte di sotto, il primo presero un fico lì davanti a casa nostra [incomprensibile] squarciarono un fico in due, ‘Dio bono, ora arrivano anche –’ [enfasi] fu il segnale di – di – di scappa’ di casa, tiravan di laggiù, fitti fitti, un cannoneggiamento – poi incominciaron dai monti, i tedeschi tiravano, sai, quando si portò il mi’ cognato all’ospedale in Viale Malta c’era tutti i cannoni in fila, americani, tant’è vero che quando si tornò in su col barroccio ‘Via, via’ disse ‘tirare via che tra poco sparare molto [?], via, via, via’ ci dissero, ma poi avanzavano sempre coi cannoni. Oh, una notte Dio bono si sente delle cannonate, avean piazzato un cannone proprio lì vicino casa nostra, centro metri un po’ più in là, sulla strada [incomprensibile], un cannone, un coso grosso che un andai neanche a vederlo [?] c’eran tutti i bagliori illuminavan la camera [incomprensibile] si sente entra’ in ballo questo cannone vicino in quella maniera [incomprensibile]
CR: Perché c’è anche l’adattabilità della gente alla situazione?
GF: Sì [incomprensibile] ti entra dentro quasi un coraggio a un certo momento di – ti viene la mattina d’alzarti e pensare d’andare laggiù e dissi ‘Bah, si tornerà a casa’ [incomprensibile] a casa è un conto, la campagna – ma andare al campo di volo laggiù –
CR: Lavorare in obiettivo militare –
GF: Dio bono, un obiettivo di ri – e c’eran tutti – poi lì se ti tirano una bomba, con tutta la benzina che ci s’aveva [incomprensibile].

Citation

Claudio Rosati, “Interview with Giulio Fiorini,” IBCC Digital Archive, accessed March 29, 2024, https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/collections/document/38712.

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