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https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/files/original/59/519/AAn00659-160808.2.mp3
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Dublin Core
The Dublin Core metadata element set is common to all Omeka records, including items, files, and collections. For more information see, http://dublincore.org/documents/dces/.
Title
A name given to the resource
A survivor of the Karigador bombing
Identifier
An unambiguous reference to the resource within a given context
An00659
Description
An account of the resource
One oral history interview with an informant who recollects his wartime experiences in the Verteneglio Brtonigla area.
The collection was catalogued by IBCC Digital Archive staff.
Publisher
An entity responsible for making the resource available
IBCC Digital Archive
Rights
Information about rights held in and over the resource
This content is available under a CC BY-NC 4.0 International license (Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0). It has been published ‘as is’ and may contain inaccuracies or culturally inappropriate references that do not necessarily reflect the official policy or position of the University of Lincoln or the International Bomber Command Centre. For more information, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/ and https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/legal.
Date
A point or period of time associated with an event in the lifecycle of the resource
2016-08-08
Transcribed audio recording
A resource consisting primarily of recorded human voice.
Transcription
Text transcribed from audio recording or document
Pietro Commisso: Sono Pietro Comisso e sto per intervistare [omitted] per l’archivio dell’International Bomber Command Centre. Siamo a Monfalcone, è il 08 08 2016. Grazie [omitted] per aver permesso questa intervista. Sono presenti Pietro Commisso e [omitted]. Prima di cominciare, vorrei farle alcune domande per essere sicuro che questa intervista venga registrata come desidera. È d’accordo che la sua intervista venga conservata presso l’Università di Lincoln, esclusivamente per scopi non commerciali, che l’università di Lincoln ne abbia il copyright e infine essere liberamente accessibile in qualsiasi formato per mostre, attività di ricerca, istruzione, e come risorsa online?
Bombing survivor: Sì
PC: È d’accordo che il suo nome venga pubblicamente associato all’intervista?
BS: No
PC: È d’accordo di essere fotografato per l’archivio digitale dell’International Bomber Command Centre?
BS: No, no, no.
PC: Ehm, mi dica qual è il suo ricordo più vecchio riguardante i bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale.
BS: Dunque, sé una mattina, ‘desso non me ricordo proprio il giorno naturalmente, sarà stà aprile, penso così, circa no, eh [pause] mio zio coso mi ha detto che giù, in Carigador si chiama il posto, ghe sé una nave tedesca che sé piena di de robe dentro, de mangiare, de letti, tavole, e materas, di tutte le cose immaginabili, era dento di tutto insomma. Poi, sono ‘ndato giù in strada, era un mio cugino, li ho detto se mi porta giù con la bicicleta, perché io non, per forza non avevo la bicicleta [laughs], me ga portà giù, se vemo trovado là, eh, via le scarpe, i pantal, le braghe insomma, i pantaloni, semo ‘ndati a portar fora la roba di, tutte le robe, però era un pericolo [emphasis] naturalmente che venivi i apparecchi, esatto. Abbiamo messo due mie cugine di, come se disi, se le vedi magari i apparechi che vien lì: tut un momento le comincia a ziga’: ‘Aiuto, apparechi, apparechi!’. Scampa fori naturalmente de coso che era l’omo là per portar fora le cose, no, dunque, vignindo fora me son messo un bel ciodo sul, sul coso che era una tavola, che era una tavola, dà un scosson, e siamo ‘ndat, era un mio amico, ‘desso non me ricordo gnanca il nome, e siamo ‘ndati una siepe, semo nascosti là; passa il primo, era quatro, quatro caccia naturalmente, l’ha comincià a bombardar, bombardar e mitragliar, naturalmente no; te digo come te disevo prima anche, a non so, due, tre metri via de noi, era ste bombe che, che passava, iera, i fazeva dei solchi veramente, guarda, de veder, sì sì iera pericoloso veramente. Bon, finito il tutto [pause], siamo ‘ndati a per portar via non so, mi pare le scarpe, i pantaloni, le bombe sono cascate non sulla bar, sulla nave, sul, sul, come si disi?
PC: Bagnasciuga.
BS: Sul bagnasciuga no, pantaloni, no sé scarpe, no sé niente, tutto perso [laughs], e dopo siamo ‘ndati via naturalmente, che sé vegnudi, poco via che iera, che iera i frati ‘ndai da là, di Carigador, sé vignudi là a veder se sé qualcuno ferìo, morti naturalmente per, nissuno, tutto a posto, e te digo, el primo, el primo coso, bombardier, gà comincià: ‘Booom!’, bombe, te schizzava, te vedevi tutto, e mitragliava naturalmente; il secondo pure, il terzo uguale, il quarto uguale. Il quarto, i sé ‘ndadi via, basta, finito tutto. Dopo cossa volessi dir ‘ncora?
PC: Quale potrebbe essere la sua esperienza in quanto bambino, ragazzo?
BS: Sì bambino, tredici anni, cosa vuoi.
PC: La sua, la sua esperienza, anche con i suoi coetanei, lei mi diceva che, c’era la vedetta, c’era, riguardo i bombardamenti c’è anche altri ricordi? Come l’ha, come l’ha vissuta, la, la, questo pericolo dei bombardamenti?
BS: L’ho vissuta male, guarda veramente male, perché era il periodo che era, de note iera [pause], come se ciama?
PC: I partigiani.
BS: I partigiani, naturalmente, e di giorno i tedeschi e coso, ma gavemo passà guarda [sigh]. Ho pasado male, veramente, iera stai bruti quei anni là, ma molto bruti, molto molto, eh sì [pause]. Cosa dovessi dir ancora?
PC: Durante gli allarmi cosa succedeva?
BS: Dunque, guarda, come allarmi là da noi no esisteva perché iera il paese piccolo che si chiama Fiorini, che son nato in Fiorini io, allarmi no i ‘iera. Iera altri, me ricordo bene anche un altro coso, che poco via da ‘ndo che son nato mi, anche i ga butà giù i tedeschi un apparechio, inglese naturalmente, semo ‘ndati là a veder se era bulloni de coso, a veder, iera morto il pilota che iera, coso [unclear], un periodo molto brutto, eh!
PC: Fasso un’ultima domanda: dopo tutti questi anni che sé passadi, come la se pone nei confronti de, questi fatti insomma, questo pericolo che veniva dal cielo? Nel fatto de esser l’obbiettivo, esser stado l’obbiettivo de un, de un attacco aereo proprio.
BS: [sigh] Cossa devo dir?
PC: Come che la sé, cossa che la pensa de questo fatto?
BS: Bah, il fatto iera che iera molto brutto quei anni là, molto brutti, perché de giorno, ripeto, iera i tedeschi, il periodo ’40, ’41, ’42, ’43, coso, de noto, e de note i, i partigiani.
PC: Go capìo.
BS: Che i sé vignudi anche a casa mia, se pol dir, posso dir questo?
PC: Sì.
BS: Alora, spetta, sé una sera, ‘na note, sé vignudi i partigiani naturalmente, a casa mia. Batti la porta, ‘Chi sé?’, ‘Partigiani’, mia mama sé ‘ndada a aprir naturalmente, perché se no, ehi. Dise ‘Qua sé gente, dove sé i omeni?’, ‘ E perché?’ la ghe dise, ‘Perché i deve vignir con noi.’, ‘Mah, guardi, i omeni no i sé parché de giorno i sé i tedeschi che i ga fatto restrell, restrellamento, i se ga sconto; eh, no savemo n’altri dove che i sé’; perché mio papà, mio zio e un altro signor iera sconti in un, fa conto una parete così, da l’altra parte g’era l’altra familia, iera fatto un coso, così un, come se disi, come, grande come l’assensor dentro…
PC: Un nascondiglio.
BS: Esatto, un nascondiglio, te capissi però ‘l nascondiglio iera basso no, e iera mess un casson di farina, paria che roba; alora, sé vignui dentro, me ricordo benissimo, sé vignudi in camera mia, che mi dormivo con mio nono, sé vignudi, bon, butar via le coperte naturalmente visto che son fioi, mio nono vecchio naturalmente, sé andai in un’altra camera, ‘Dove i sé i omeni?’, ‘No i sé’ ghe ga dito mia moglie, ga dito, cioè la prima camera iera un mio zio, ghe ha dito ‘No sé meio che no ‘ndedi dentro perché ‘l sé un pochetin matto, sé meio’, che no iera vero niente, fortuna che no i sé ‘ndadi dentro, bon: ga visità dapertuto, i sé ‘ndadi , in soffitta coso, una casa grande de tre piani, ga visità de tuto, i sé ‘ndai in soffitta e dentro i ga trovà giacchettoni, roba, i ga portà via tutto, giacche, camice, tut i ga portado via. Quei iera, Madonna! Eh sì!
PC: D’accordo, io la ringrazio e, per la testimonianza.
BS: Quei tempi de coso, te digo mi, guarda che iera, iera molto brutti! Cos’ che me ga tocà a mi. Quasi meio che me ne stago zito, no digo niente.
PC: La ringrazio.
BS: Sì.
PC: La ringrazio per l’intervista.
Dublin Core
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Title
A name given to the resource
Interview with a survivor of the Karigador bombing
Subject
The topic of the resource
World War (1939-1945)
Bombing, Aerial
Description
An account of the resource
The informant recalls the day when he and his cousin plundered a ship with a cargo of furniture, clothing and foodstuffs, which was moored at Karigador. He describes how the harbour was suddenly bombed and strafed. Remembers how they hid behind a hedge and realised that the bombs didn’t hit the ship but the shoreline, leaving a large hole in the sand. Mentions nuns from a nearby convent looking for wounded or dead people.
Mentions a group of partisans showing up at his home, asking aggressively for men ready to join the resistance movement. Describes how his father, his uncle and a friend remained hidden, while the partisans ransacked the house for items of clothing.
Creator
An entity primarily responsible for making the resource
Pietro Commisso
Contributor
An entity responsible for making contributions to the resource
Marco Dalla Bona
Format
The file format, physical medium, or dimensions of the resource
00:09:53 audio recording
Language
A language of the resource
ita
Spatial Coverage
Spatial characteristics of the resource.
Croatia
Identifier
An unambiguous reference to the resource within a given context
AAn00659-160808
Publisher
An entity responsible for making the resource available
IBCC Digital Archive
Date
A point or period of time associated with an event in the lifecycle of the resource
2016-08-08
Rights
Information about rights held in and over the resource
This content is available under a CC BY-NC 4.0 International license (Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0). It has been published ‘as is’ and may contain inaccuracies or culturally inappropriate references that do not necessarily reflect the official policy or position of the University of Lincoln or the International Bomber Command Centre. For more information, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/ and https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/legal.
Type
The nature or genre of the resource
Sound
Coverage
The spatial or temporal topic of the resource, the spatial applicability of the resource, or the jurisdiction under which the resource is relevant
Civilian
bombing
childhood in wartime
home front
Resistance
strafing
-
https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/files/original/37/265/PRighiF1601.1.jpg
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https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/files/original/37/265/ARighiF161207.1.mp3
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Dublin Core
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Title
A name given to the resource
Righi, Ferdi
Ferdinando Righi
F Righi
Description
An account of the resource
One oral history interview with Ferdi Righi who recollects his wartime experiences in Monfalcone.
The collection was catalogued by IBCC Digital Archive staff.
Rights
Information about rights held in and over the resource
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Identifier
An unambiguous reference to the resource within a given context
Righi, F
Date
A point or period of time associated with an event in the lifecycle of the resource
2016-12-07
Transcribed audio recording
A resource consisting primarily of recorded human voice.
Transcription
Text transcribed from audio recording or document
PC: Dunque Ferdi, eeh se io le parlo dei bombardamenti aerei a Monfalcone nella seconda guerra mondiale, cosa le viene in mente, qual è il primo ricordo che le suscita questa domanda?
FR: Mah io mi ricordo che abitavo a Monfalcone in via dei Rettori, una casa che è vicina al monumento ai caduti che era l’ex Venica, sotto c’era una grande osteria, abitavo all’ultimo piano, ero ragazzino avevo quattro anni, eeh mio padre era nella Marina Militare coi sommergibili ed era sempre in giro a fare la guerra purtroppo, ed io mia madre mi metteva in una coperta quando suonava l’allarme e mi portava di corsa nel rifugio che c’era in piazza. C’era questo grande rifugio che si trovava sotto alla salita proprio della piazza che c’è una salita e lì dentro arrivavano di tutto e di più: bambini donne, vecchi anziani e tutti e aspettavamo che passi questo benedetto bombardamento perché ci creava molto disagio, anche da bambino, anche se ero piccolo, so che quando suonava ero già vestito pronto per scappare con mia madre.
PC: Quindi diciamo che la vita era condizionata da questi bombardamenti aerei.
FR: Sì, sì era condizionata perché c’era un rifugio antiaereo, ma che antiaereo non c’era niente, che era il Passo del Torrione, in via Sant’Ambrogio. C’era un altro piccolo rifugio ma conteneva tre persone di fronte la Casa del Fascio che si trovava in via Rosselli, quella volta aveva un altro nome. E basta, bisognava tutti correre in questa benedetta grotta chiamiamola, no? Perché noi da bambini piccoli ci sembrava una grotta, non ci sembrava un tunnel quella roba lì, per cercare di, bombardamenti purtroppo ce n’erano uno al mattino e uno al pomeriggio, però arrivavano improvvisamente. Allora qualche volta magari suonava l’allarme, passavano gli aerei ma andavano in Jugoslavia a bombardare, non qui, e allora respiravi in maniera diversa, e invece delle volte sembrava che vadano via e bombardavano. L’ultimo che è stato, il più grosso che ha creato anche tanti morti, è stato quello ha bombardato la via Randaccio, cioè la via che va verso la stazione ferroviaria, la via Toti, la via Marzio Moro, tutte le vie che si trovano a ridosso della stazione ferroviaria, la via Romana eccetera. È successo perché, perché era un nodo la stazione ferroviaria di Monfalcone tra l’Italia e la Jugoslavia, dunque lì passavano tutti i treni che andavano sia con le truppe in Germania che con le truppe chiamiamole repubblichine a combattere sui vari fronti, no? Eeeh quelli son stati bombardamenti duri, dove la gente veramente tanti hanno perso la vita e di questi bombardamenti io da ragazzino ero piccolo, ma mi ricordo una cosa eccezionale, la vedo sempre davanti agli occhi tante volte. Mi ricordo che quando è finito il bombardamento, non mi ricordo se era il ’44 o il ’43, la fine del ’43 o la fine del ’44, siamo usciti dal tunnel e c’era un cavallo bianco con gli zoccoli neri, quello me lo ricordo ancora, che impazzito dalle, dai botti delle bombe correva come un pazzo attorno a piazza della Repubblica di Monfalcone che non era come oggi, e praticamente al livello della strada perciò tutto uguale, era segnata da un’eclisse, un’ellisse in cui attorno si poteva anche andare con le macchine e questo cavallo correva, correva, correva, e nessuno riusciva a fermarlo perché era impazzito. A un certo momento sono arrivati quelli della protezione territoriale che era l’UNPA e sono arrivati con una una, una specie di fuori strada, si son messi in ginocchio e coi fucili 91 gli han sparato, l’hanno ammazzato e hanno legato mi ricordo ancora le gambe di dietro ad una corda, l’hanno legato dietro alla macchina e l’hanno portato via. Questo è stato il primo impatto che ho avuto. Il secondo è stato quando hanno cominciato a portare giù tutti i feriti e mezzo moribondi che erano rimasti sotto ai bombardamenti che erano stati in via Romana, Randaccio, Toti eccetera e della zona stazione e c’era tanta gente che gridava, urlava piangeva e tutti pieni di calcinacci, di bianco cioè praticamente i soffitti che erano crollati eccetera. Anche quello mi ha lasciato molto dentro che oggi ancora oggi non riesco delle volte quando penso e vado per quelle vie dov’erano avvenuti i bombardamenti che alcune case non sono state mai più ricostruite ma son diventati parcheggi per automobili i posti lasciati liberi dalle case distrutte mi lascia così, non perplesso, con una parola molto semplice: ma la guerra per cosa la facciamo?
PC: Ancora una domanda ehm Ferdi, eeh lei era un ragazzino di quattro anni.
FR: Sì quattro anni, quattro anni e mezzo.
PC: E cosa faceva quando era nella galleria rifugio?
FR: Ah c’erano altri tanti ragazzini, ci mettevamo in un angolo e c’erano delle maestre elementari o delle maestre d’asilo che erano scappate anche loro è logico, le quali, non avevamo giocattoli non avevamo niente, però ci intrattenevano raccontandoci qualche qualche fiaba, qualche fatto vecchio e facendoci fare, magari con dei pezzi di legno dei segnetti su, perché la galleria non era asfaltata non era neanche, come si può dire, c’era terra per terra, allora tu potevi fare come sulla sabbia no? delle stupidaggini per passare il tempo, ecco questo facevano, anche per tenerci più calmi, perché i bambini quando sentivano i botti tutti piangevano, avevano tanta paura, tanta.
PC: Eeeh pensando eeh anche ai tuoi genitori e al fatto che eeeh mi dicevi che tuo padre era in guerra e tua madre come, come si comportava nei, in quei momenti lì?
FR: Mia madre era una donna, è morta a cento anni ti dico subito, era una donna molto dinamica, non aveva paura di nessuno e neanche dei tedeschi, di nessuno [emphasis] assolutamente. Eeeh lei era, quando cominciavano a suonare l’allarme diceva ‘State buoni ancora mezz’ora perché suona mezz’ora prima intanto, state buoni’ a me e a qualche altro ragazzino che era lì nella casa ‘E dopo andiamo tutti quanti in rifugio’, preparava qualcosa al forno, che di solito le cose erano poche, non so un po’ di pane con un po’ di zucchero, ecco così i bambini avevano qualcosa da mangiare anche no? Perché non potevi sapere quante ore dovevi stare eh, questi, i bombardamenti potevano durare cinque minuti, tre minuti, due minuti ma forse anche se erano a ondate anche ore, eh questa era la realtà e allora dovevi portarti dietro qualcosa, portava via una borsa con dentro delle coperte, eeh qualche vestito, se succedeva qualcosa perché erano tanti bambini piccoli anche, ecco era tutto qua. Mia madre però posso dire, mio padre in quel momento neanche non lo pensava proprio che chissà dov’era, perché lui era sommergibilista della Marina Militare, della Regia Marina, perché lui è rimasto sempre nella Regia Marina, era un graduato e ancora, è morto dopo tanti anni però non c’entra la guerra lì, però ha fatto ventisei anni da sommergibilista, dunque era sempre in giro coi sommergibili, coi MAS con tutte quelle, quelle cose che servivano per affondare le le flotte nemiche.
PC: Eeh un’ultima domanda, eeh di quei momenti, del momento dell’allarme.
FR: Sì.
PC: Del momento in cui tu eri avvolto nella coperta e venivi eeeh diciamo portato, cosa ti ricordi? Ricordi qualche, qualche sensazione? O anche magari non ricordi nulla.
FR: No, eh la paura, la paura [pause] la paura, la paura solo la paura e nient’altro, la paura di non arrivare in tempo, perché tutti correvano, tutti gridavano per strada ‘Corri, corri, corri va dentro il rifugio! Vai dentro’. Tutti si, si accalcavano anche no per entrare, di fatti in un bombardamento che è avvenuto alcune persone sono morte davanti al rifugio, perché nel trambusto di entrare, di entrare tutti qualcuno è caduto e gli altri gli son passati sopra no, lo hanno calpestato, non mi ricordo se erano due o tre morti, dovrei andare a vedere un po’ sui libri di quell’epoca, no? Ecco questo era il problema, il problema era molto ansioso che tu lo porti avanti dopo per due o tre anni, perché io l’ho cominciato a perdere quel problema lì, perché dopo qui c’è stata anche, son venuti eeh quelli della federativa, son venuti gli americani, cioè i neozelandesi, che ci hanno liberato eccetera però ti rimane sempre quel groppo in gola, quell’ansia, no? ‘Cosa succederà? Chi sono questi? Cosa faranno?’. E allora ci volevano anni, tanti anni, ormai penso di averlo superato almeno al 50%.
PC: Ti ringrazio Ferdi di questa intervista.
FR: Grazie a voi.
PC: È stata interessantissima e bellissima e buon proseguimento.
FR: Grazie.
Dublin Core
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Title
A name given to the resource
Interview with Ferdi Righi
Subject
The topic of the resource
World War (1939-1945)
Bombing, Aerial
Description
An account of the resource
Ferdinando Righi recalls his early life in Monfalcone, brought up by his mother while his father served as a submariner. Describes daily life in wartime: how he used to sleep fully clothed, waiting for the air raid siren. His mother would put some food and spare clothing in a case, wrap him in a blanket and rush to the underground shelter. He remembers how he and other children used the unpaved surface of the shelter as a sandbox, while schoolteachers resorted to storytelling to keep them calm. Relates wartime stories: a shell-shocked horse being put-down; dying victims covered in dust being evacuated and panic stricken townsfolk afraid that they would not reach the shelter in time. He comments on how the anxiety lasted for years and has lessened only recently, and describes how wartime memories still haunt him when he walks past bomb-site areas that have never been rebuilt.
Creator
An entity primarily responsible for making the resource
Pietro Commisso
Publisher
An entity responsible for making the resource available
IBCC Digital Archive
Date
A point or period of time associated with an event in the lifecycle of the resource
2016-12-07
Contributor
An entity responsible for making contributions to the resource
Francesca Campani
Format
The file format, physical medium, or dimensions of the resource
00:09:59 audio recording
Language
A language of the resource
ita
Identifier
An unambiguous reference to the resource within a given context
ARighiF161207
Spatial Coverage
Spatial characteristics of the resource.
Italy
Italy--Monfalcone
Rights
Information about rights held in and over the resource
This content is available under a CC BY-NC 4.0 International license (Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0). It has been published ‘as is’ and may contain inaccuracies or culturally inappropriate references that do not necessarily reflect the official policy or position of the University of Lincoln or the International Bomber Command Centre. For more information, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/ and https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/legal.
Type
The nature or genre of the resource
Sound
Coverage
The spatial or temporal topic of the resource, the spatial applicability of the resource, or the jurisdiction under which the resource is relevant
Civilian
animal
bombing
childhood in wartime
civil defence
fear
home front
perception of bombing war
shelter
-
https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/files/original/51/403/ARapozziF-MG161019.1.mp3
7e45776083afba080a859f7ab3d5e18c
Dublin Core
The Dublin Core metadata element set is common to all Omeka records, including items, files, and collections. For more information see, http://dublincore.org/documents/dces/.
Title
A name given to the resource
Rapozzi, Francesco and Maria Gigliola
Francesco and Maria Gigliola Rapozzi
F and M G Rapozzi
Description
An account of the resource
One oral history interview with Francesco and Maria Gigliola Rapozzi who recollects their wartime experiences in Monfalcone and surrounding areas.
The collection was catalogued by IBCC Digital Archive staff.
Publisher
An entity responsible for making the resource available
IBCC Digital Archive
Rights
Information about rights held in and over the resource
This content is available under a CC BY-NC 4.0 International license (Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0). It has been published ‘as is’ and may contain inaccuracies or culturally inappropriate references that do not necessarily reflect the official policy or position of the University of Lincoln or the International Bomber Command Centre. For more information, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/ and https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/legal.
Identifier
An unambiguous reference to the resource within a given context
Rapozzi, F-MG
Date
A point or period of time associated with an event in the lifecycle of the resource
2016-10-19
Transcribed audio recording
A resource consisting primarily of recorded human voice.
Transcription
Text transcribed from audio recording or document
PC: Sono Pietro Commisso e sto per intervistare Rapozzi Francesco e Rapozzi Maria Gigliola. Siamo a Monfalcone, è il 19 ottobre 2016. Grazie Francesco e Maria Gigliola per aver permesso questa intervista. Sono inoltre presenti all’intervista Gianmaria Bugato. La sua intervista registrata diventerà parte dell’archivio digitale dell’International Bomber Command Centre, gestito dall’Università di Lincoln e finanziato dall’Heritage Lottery Fund. Prima di cominciare, la prego di rispondere alle seguenti domande, in modo da essere certi che questa intervista venga registrata secondo i suoi desideri nonché in accordo con le condizioni poste dai nostri finanziatori. È d’accordo che la sua intervista sia conservata in perpetuo come documento liberamente accessibile al pubblico da usarsi per mostre, attività di ricerca, istruzione, nonché come risorsa online?
FR: D’accordo.
MGR: D’accordo.
PC: Sia resa possibile, sia resa disponibile al pubblico mediante una licenza Creative Commons attribuzione non commerciale, indicata come CC-BY-NC il che significa che non potrà essere usata a scopi commerciali?
FR: Sempre d’accordo.
MGR: Sì.
PC: Sia attribuita a lei?
FR: Sì.
MGR: Sì.
PC: Acconsente a concedere all’università il copyright del suo contributo per l’impiego sotto qualsiasi forma ed è consapevole che ciò non preclude il suo diritto morale ad essere identificato come esecutore ai sensi del copyright, design and patents act del 1988?
FR: Non coscrisco la domanda ma sono d’accordo.
MGR: [laughs] Anch’io.
PC: Acconsente di essere fotografato per il Bomber Command Digital Archive?
FR: Grazie, no.
MGR: No, no, che no I se spaventi [laughs].
PC: Grazie possiamo cominciare. Allora, se vi parlo dei bombardamenti aerei di Monfalcone, qual è il ricordo che vi suscita questa domanda?
FR: La fotografia più importante?
PC: Il primo, il primo ricordo.
FR: Mmh. Dunque, noi abitavamo dentro l’attuale recinto del cantiere, mio padre era medico di fabbrica eccetera, ci siamo spostati prima dei bombardamenti, e la casa in cui abitavamo, una gran, c’erano tre palazzi praticamente, il secondo era il nostro, in frazione del palazzo, è saltato, quindi noi non abbiamo perso assolutamente niente, ci siamo trasferiti più distanti, vicino all’albergo impiegati. Una delle fotografie de tre che mi restano e che è il primo bombardamento, [pause] noi abitavamo a cento metri dal, dall’anticrollo dell’albergo praticamente: sentito l’allarme, alzati, rappezzati eccetera, siamo andati nel, nell’anticrollo; le due femmine, mia madre e la Lilli sono passate, io e mio padre eravamo più indietro e siamo passati attraverso la vetrata dell’albergo che saltava. Quindi l’unico ricordo importante, diciamo, è questo. Quindi, poi, niente, dopo successi, non c’erano rifugi ancora praticamente, dopo avevano fatto quei rifugi a cupola, no, quello in cui andavamo noi era davanti al vecchio cimitero, e in un bombardamento x poi sono arrivati tanti feriti dentro, ecco, e io ero ragazzino, queste cose le ricordi. Questo, terza fotografia, dopo un bombardamento, siamo andati in valle, viale San Marco a vedere [laughs], curiosi, e c’era, avevano colpito il cantiere ovvi, era quello lo scopo chiaramente, e c’erano delle fiamme enormi coi gabbiani che vol, che giravano, no, sono quelle cose che ti restano fotografate, e qui finisce praticamente [laughs].
MGR: A proposito delle fiamme.
FR: [unclear], no.
MGR: No, no, decisamente no.
FR: Mi e mio padre sicuramente sì.
MGR: Sì, ma, mio ricordo che i tedeschi prima di andar via avevano bruciato tutte le o navi, o che avevano in porto.
FR: Motozattere.
MGR: E siamo andati su in terrazza, su, a vedere, e le fiamme che ricordo io sono.
FR: Ecco, Via Bolo, Via Bologna dove abitavamo dopo, sì, vicino all’albergo impiegati, aveva una terrazza in alto, ecco, sì ma non c’entrano i bombardamenti, e io da su ho visto nel, penso sia stato il 1° maggio, comunque il 30 aprile, un treno che andava verso Gorizia e che veniva bombardato dai mortai probabilmente, no, e si è fermato, quindi i tedeschi che andavano via si sono fermati, basta.
MGR: Noi poi siamo.
FR: Ma non c’entra niente coi bombardamenti questo chiaramente.
MGR: No no, ma noi siamo ‘ndati sfollati all’Isola Morosini fino.
FR: [unclear].
MGR: Fino al 1943. L’8 settembre, guerra finita [laughs], torniamo a casa; torniamo a casa e sul ponte di Pieri c’è stato quell’episodio che eravamo noi col carro che faceva un rumore terribile perché c’eran quei san pietrini, soli, è venuto questo aereo così, l’han colpito, io ho visto, lui non ha visto, e i paracadutisti che si son buttati e l’aereo che è cascato nell’Isonzo, che era quasi asciutto; quando siamo arrivati in fondo i tedeschi hanno preso me [ghigno], ‘l carro, e c’hanno messo nella casetta da dove bomb, tiravano, come si chiama? Contraerea, della contraerea, ecco. E quindi dopo siamo arrivati a casa e ci siamo fatti tutti i bombardamenti che han fatto, là non c’era niente [laughs] da Isola Morosini, no, eh.
PC: Francesco, tu, quando abbiamo parlato assieme prima, mi raccontavi del, dei giochi che facevate, del fatto che quasi ti eri divertito durante i.
FR: Sì, sì beh avevo tredici anni, quindi è un’età, ho visto morire un tedesco, faceva la curva davanti l’albergo impiegati in moto, è andato contro il recinto, sì stupidaggini, ecco, no, che non c’entrano niente coi. Ah, un’altra cosa forse, così, che c’entra coi, relativamente coi bombardamenti, da Isola Morosini venivo in bicicletta a Monfalcone, tredici anni, e c’erano quei buchi, quei anti, gli antischegge dei tedeschi, no, due metri circa, profondo uno, largo cinquanta centimetri, passava un aeroplano, mi son messo lì, ed è caduto giù il serbatoio ausiliario, no, che quando cade non sai cosa succe, è caduto a pochi centinaio di metri, ecco, ma quando vedi sta roba che vien giù, sì [laughs].
MGR: [laughs] Si è divertito un poco meno [laughs].
FR: Ho apprezzato il fatto ecco, diciamo così.
MGR: E tu, e lui si ricorda del, del, come si si, sotto così, era sotto una cantina, sotto all’albergo mio.
FR: ‘ndati in cantina, un anticrollo, no.
MGR: Un anticrollo.
FR: [unclear].
PC: Com’era, com’era allestito dentro? Cosa c’era nel rifugio anticrollo?
FR: Niente: una stanza con un, con degli, con dei sostegni per il tetto, qualche panca.
MGR: Ma papà gaveva fat anche a casa, in cantina.
FR: No.
MGR: Aveva messo pali, qualcosa.
FR: No.
MGR: No?
FR: In Via Roman no, sicuram.
MGR: No, no in Via Roman.
FR: Ma dall’altra parte forse, ma in Via Roman no, certamente no, proprio perché avevamo sto, possibilità vicina.
MGR: Sì, sì, vicino.
PC: Ma comunque vi portavate dietro dei.
MGR: Mah.
PC: La coperta, qualcosa?
MGR e FR: No, no.
MGR: E però il papà che non aveva le, le chiavi, c’aveva le chiavi del portone, ma la prima notte, prima notte che l’allarme era sul bar impiegati quindi era come averlo in casa, non trovava, e c’erano i, quelle, come si.
FR: Bengala.
MGR: Bengala, ecco, che venivano giù [laughs] e ti sembrava di essere proprio sotto ai [laughs], co’ ste luci, co’ la pila.
FR: No, ecco, per dire che erano molto attenti , no, perché prima di bombardare illuminavano tutto, quindi, sì, facevano le cose.
MGR: E noi eravamo lì che ci si, almeno io.
FR: Seriamente, seriamente mi sembrava.
MGR: Mi sentivo proprio presa di mezzo perché papà co’ la pila [divertita], che cercava la chiave del portone, e questi ‘ti ti ti ti’, sembrava.
FR: Un po’, un po’ d’emozione nel mezzo sicuramente.
MGR: Sì, sì, ecco.
FR: Chiaro.
MGR: Perché non trovava ‘l, e dopo andavamo dove c’era l’alber, proprio di fronte al cimitero, dove ci son le scuole medie adesso, c’era questo bunker e io ho vissuto parte [laughs] della mia vita lì dentro, perché suonava qualche volta suonava l’allarme, poi c’era il cessato allarme e venivi a casa eccetera, ma comunque d’estate [unclear]
FR: Ah ecco, grato, grato ai tedeschi, eheh tedeschi, agli inglesi, io facevo, dunque nel ’44, facevo le scuole medie non so se, no, sì le medie, no so se la terza o la seconda, è stato un lungo periodo tutta l’estate, sì primavera, in cui andavamo a scuola un giorno a settimana e alle nove di mattina di solito suonava l’allarme.
FR e MGR: [laughs]
FR: Meraviglioso! Ecco, uno dei ricordi felici. [laughs]
MGR: No, io ero in terza elementare e si andava a scuola così, anche a giorni alterni quando capitava, però sì, non ero [laughs] tanto che andavo volentieri, ecco, non facevo, lui era il più grande [laughs].
FR: No, guarda, mi la scuola la sé sempre stada contraria.
MGR: Sì ecco, mi son diventada maestra però [laughs].
FR: Mi go comincià ad odiar le monighe del asilo, quindi te ga voia.
MGR: Sé morta.
FR: Ben fatta! [laughs].
MGR: [laughs] L’Alma Fides sé morta.
PC: Una domanda per Maria, mi raccontava del, del bombardamento di, del mago Delfo.
MGR: Sì, ecco, c’è di domenica, era proprio per i bambini, naturalmente ‘vevo sette anni io, accompagnati, a me aveva accompagnato la ragazza che avevamo, e a un dato momento si è sentito ‘Vuoo vuoo’, che era un rumore che quando ancora passavano quelli aerei che andavano a bombardare in Jugoslavia, [laughs] ti ricorda sto rumore, e son sal, son ‘ndata fuori, son passata tra le gambe e ho cominciato a guardare sti aerei, e loro ‘Uh, caccia, caccia! Uh non c’è pericolo’, e son partita: son arrivata prima in un bunker che era quasi vuoto, dove c’eran due feriti con schegge, tutti sporchi di sangue e non so la, la gravità ma comunque da vedere per me è stata.
FR: Beh ma se i sé arrivai fin in rifugio.
MGR: No ma iera seduti su, distesi su le panchette che iera lì. E dopo ho tagliato da, vicino, perché ‘l , per arrivare verso ‘l pol, ‘l campo sportivo son arrivata nel bunker dove c’era la mamma, papà era dentro in cantiere, e noi andavamo sem, perché c’era una parte sopra e una parte sotto, sopra non c’era più posto e son ‘ndata sotto, sicché mia mama non sapeva che io ero lì, era un po’ in pensiero e ‘l papà anche, ecco. E questo è un ricordo, e l’altro, quello del primo bombardamento, che è caduto proprio di fronte, dove ci sono le scuole “Sauro” adesso, in un campo di patate, e siccome l’entrata del bunker, un corridoio così, poi c’era, andava da fuori a dentro, poi c’era una porta che entravi proprio, venivan tutto lì.
FR: I sé vicini, no, no i sé entrate con.
MGR: Questo faceva ‘l giro d’aria, e dopo veniva dentro, quando siamo usciti nel corridoio, e c’eran tutte patate [emphasis and laugh], perché è cascata la bomba in un campo, tutto patate e terra, mi ricordo. E poi, il papà, uscendo proprio non so in che occasione, e gli è arrivata davanti, così era, che ‘l gaveva sul caminetto, una specie di, pff, mezza bomba, no so.
FR: ‘Na spoletta.
MGR: ‘Na spoletta forsi, che gli è caduta proprio davanti e che l’ha messa [laughs], mi ricordo, lì per dire quel.
FR: Se sé l’ogiva [unclear] la spoletta.
MGR: Sì, ‘se mi cascava in testa’.
FR: No, non sapevo questa.
MGR: No? Ah sì.
FR: Non apprezata.
MGR: La iera, la iera sul cainetto verde, ‘n entrata là.
FR: Quella iera tedesca allora che ‘l tirava su?
MGR: Eh sì, probabile, sì. E poi ‘n’altra cosa che ricordo, che Capodanno bisognava, perché come i tedeschi tiravano verso le finestre, e noi camminavamo sotto così, piccolini, con le luci, sempre con le finestre con la carta blu, e dopo quando sono arrivati gli americani noi ci siamo trovati.
FR: Neozelandesi.
MGR: Neozelandesi primi, sì, e anche indiani.
FR: Sì.
MGR: Perché avevano la cucina da una parte di casa nostra e nel campetto di fronte, dove c’è una scuola, un asilo, la mattina si ci siam svegliati e c’eran tutti questi coi carri. E anche la liberazione dei gli ugo[unclear].
FR: Sì, beh.
MGR: Coi carretti.
FR: Nel campo davanti appunto c’erano tre o quattro quadricanne, no, quelli da venti millimetri tedesche, tiravano da bassi.
MGR: Sì, sì.
FR: Perché non andavano da alti, ‘ndavano da bassi, relativamente bassi.
MGR: Sì, sì.
PC: Avrei ancora una domanda per Maria, sempre riguardo il bombardamento di Delfo: mi parlavi dei tuoi compagni di classe.
MGR: Sì, sono morti due, ecco, e una era proprio amica, abitava di fronte alle case nostre, è morta lei e la mamma, perché la mamma l’aveva accompagnata; dopo siamo andati a scuola un paio di giorni dopo, e abbiamo messo i fioretti sul banco, e sono i primi due morti che ho visto io; sta bambina era vestita col vestito da comunione, presumo, perché , e la mamma aveva un abito lungo celeste che, sono ‘ndata dentro e sono venuti fuori, perché non era proprio uno spettacolo [laughs]. Ma tanti [emphasis] bambini sono morti, sì, arrivavano proprio perché. Questo era nella sede dell’albergo operai, sotto nel salone dell’albergo operai, quindi papà era vicino, eh sì.
PC: Ancora una domanda per Francesco, riguardo, sempre riguardo al rifugio: mi parlavi di giochi che facevate dentro, che scherzavate, ridevate, che, che?
FR: Solite stupidaggini dei bambini, ecco, niente di, la pallina tirarsi addosso, cose del genere, niente di particolare.
PC: Ho capito. D’accordo, avete qualche altra, qualche altro ricordo che.
FR e MGR: No.
FR: Ecco, no. Notizia: che a un certo momento verso l’ultimo, penultimo bombardamento, tanti cantierini sono andati verso la pista, c’era la pista davanti alla vela praticamente, no, e ne sono morti parecchi, ma non visti, sentito dire, ecco.
MGR: Sì, sì perché prima [unclear].
FR: Sbagliata la direzione diciamo.
PC: Ancora una domanda per Maria: mi parlavi dell’aereo caduto nell’Isonzo.
MGR: [together] Quello di. Sì, sì. Io no, l’ho visto ma ci è passato proprio sopra eh, perché sarà cadu, è caduto tra, tra ‘l ponte della strada a quello della ferrovia, quindi in uno spazio relativamente.
FR: Ah fra i due ponti?
MGR: Sì. Relativamente bre. Fatto ‘boom’, il suo solito tiro, e dopo di qua son venuti dalla parte verso il paese, son venuti giù questi due.
FR: [unclear].
MGR: Però no, io non li ho visto, e non so che gli avessero sparato addosso o robe del genere, no. Perché poi quando siamo arrivati in fondo lui è saltato per conto suo, a me mi ha preso, [laughs] ficcato dentro la, non mi ricordo altro. Però lo era, eravamo e c’han detto se siamo matti, perché questo signore, la mamma ha detto ‘Ma cosa fa? Si fermi!’ ‘Ehhh se mi fermo è ancora peggio perché siamo sul ponte, via avanti’ [laughs].
FR: Sì fermarsi in mezzo no iera una bona idea.
MGR: No.
FR: [laughs].
MGR: Sì, perché faceva un rumore, iera, c’eran quei san pietrini e poi avevamo le, io e la mamma eravamo davanti.
FR: Iera probabilmente i carri co’ le rode de ferro.
MGR: Co’ le rode de ferro, sì.
FR: E io co, col.
MGR: Col cerchio, sì, e conigli. Tutti immobili però, perché avevamo masserizie varie [laughs], e siamo arrivati a casa tutti contenti che eravamo ‘rivati a casa [laughs]. E poi mi ricordo un’altra cosa, quando eravamo nella casa dentro al cantiere, che loro sono andati al rifugio, perché iera qualche rifugio vicin el teatro. Sì ecco.
FR: Sì, no me ricordo.
MGR: L’ubicazione, perché eravam piccoli. E io, papà e l’infermier Battilana, che era col papà, siamo andati nella garitta, che c’era proprio attaccata nell’infermeria, e là eravamo in tre [laughs]; loro eran tranquilli.
FR: Dio bon, iera quattro posti nella garitta, non di più.
MGR: Sì, sì, ecco. Coper, con le coperte perché avevo la febbre.
FR: Vista, vista [unclear]co’ ‘e garitte, sé ancora che gira, no?
PC: Una è ancora.
FR: Sì.
PC: In via Bonavia proprio.
MGR: Sì, sì. La, quela di notte, naturalmente di notte perché [laughs].
FR: No, gli inglesi iera sempre vegnui de notte.
MGR: E Pippo poi, e Pippo che c’era, c’era questa ragazza che avevamo, che era friulana, e non sapeva né leggere né scrivere, e dormiva sulla cameretta su, e questo Pippo lo sentiva da su [laughs], che passava, [laughs] correva giù come una matta, perché era sempre presagio brutto quello di vedere, perché venivano, non so se uno ‘veva idee che non so qualcuno ha detto quel signore che c’eran tre, quattro Pippi, non so, ma venivano sempre a dare uno sguardo prima di bombardare, no, e quindi il giorno dopo, due giorni dopo, ci si poteva aspettare le bombe, sì. E proprio lei era qua quando ha fatto quello, quello delle patate, e non sapeva leggere e c’era scritto ‘Gesù mio, Misericordia’ e lei ha detto ‘Oddio’, ha imparato a leggere [laughs], non potevo capire come avesse detto sta roba che era scritta là.
PC: Signori Rapozzi io vi ringrazio per l’intervista, grazie mille.
FR: Bon finito perché i ricordi erano proprio.
PC: No no erano interessantissimi.
FR: Minimi.
PC: Interessantissimi, grazie mille.
MGR: Posso offrirte un caffè? Qualcosa?
PC: Va ben d’accordo.
MGR: Ecco. E ti te bevi caffè?
FR: No, no, non m’interessa grazie.
MGR: Ti te bevi caffè?
Dublin Core
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Title
A name given to the resource
Interview with Francesco and Maria Gigliola Rapozzi
Subject
The topic of the resource
World War (1939-1945)
Bombing, Aerial
Description
An account of the resource
Francesco and Maria Gigliola Rapozzi remember wartime life in Monfalcone. They recollect the day the shipyard was engulfed in flames after a severe bombing raid and mentions the high number of casualties among civilians. They remember various stories: their life as evacuees, an aircraft hit by anti-aircraft fire, an aircraft falling into the Isonzo river after the crew had bailed out, and the frightening presence of "Pippo". They recall the day when, just as a magician's show was about to commence, a bombing raid started and people dashed to the shelter,Two of the victims of this event were acquaintances. They recall a bombing raid when they couldn’t find the house keys and saw target indicators falling on the town. They remember the Germans retreating at the end of the war, having completely destroyed the shipyard.
Date
A point or period of time associated with an event in the lifecycle of the resource
2016-10-19
Contributor
An entity responsible for making contributions to the resource
Marco Dalla Bona
Format
The file format, physical medium, or dimensions of the resource
00:18:57 audio recording
Language
A language of the resource
ita
Spatial Coverage
Spatial characteristics of the resource.
Italy
Italy--Monfalcone
Identifier
An unambiguous reference to the resource within a given context
ARapozziF-MG161019
Publisher
An entity responsible for making the resource available
IBCC Digital Archive
Creator
An entity primarily responsible for making the resource
Pietro Commisso
Rights
Information about rights held in and over the resource
This content is available under a CC BY-NC 4.0 International license (Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0). It has been published ‘as is’ and may contain inaccuracies or culturally inappropriate references that do not necessarily reflect the official policy or position of the University of Lincoln or the International Bomber Command Centre. For more information, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/ and https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/legal.
Type
The nature or genre of the resource
Sound
Coverage
The spatial or temporal topic of the resource, the spatial applicability of the resource, or the jurisdiction under which the resource is relevant
Civilian
Temporal Coverage
Temporal characteristics of the resource.
1943-09-08
anti-aircraft fire
bale out
bombing
childhood in wartime
civil defence
evacuation
fear
Pippo
shelter
shot down
target indicator
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Dublin Core
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Title
A name given to the resource
Cosolo, Gualtiero Silvio
Gualtiero Silvio Cosolo
G S Cosolo
Description
An account of the resource
One oral history interview with Gualtiero Silvio Cosolo who recollects his wartime experiences in Monfalcone and in the surrounding areas.
The collection was catalogued by IBCC Digital Archive staff.
Publisher
An entity responsible for making the resource available
IBCC Digital Archive
Rights
Information about rights held in and over the resource
This content is available under a CC BY-NC 4.0 International license (Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0). It has been published ‘as is’ and may contain inaccuracies or culturally inappropriate references that do not necessarily reflect the official policy or position of the University of Lincoln or the International Bomber Command Centre. For more information, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/ and https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/legal.
Identifier
An unambiguous reference to the resource within a given context
Cosolo, GS
Transcribed audio recording
A resource consisting primarily of recorded human voice.
Transcription
Text transcribed from audio recording or document
PC: Sono Pietro Comisso e sto per intervistare Gualtiero Silvio Cosolo per l’archivio dell’International Bomber Command Centre. Siamo a Turriaco, Gorizia, è il 26 08 2016. Grazie Silvio per aver permesso questa intervista. Prima di cominciare, vorrei farle alcune domande per essere sicuro che questa intervista venga registrata come desidera. È d’accordo che la sua intervista venga conservata presso l’Università di Lincoln, esclusivamente per scopi non commerciali, che l’università di Lincoln ne abbia il copyright e infine essere liberamente accessibile in qualsiasi formato per mostra, attività di ricerca, istruzione, come risorsa online?
GSC: Sì, vi do il consenso, molto volentieri.
PC: È d’accordo che il suo nome venga pubblicamente associato all’intervista?
GSC: Non ho nessuna contrarietà.
PC: È d’accordo di essere fotografato per l’archivio digitale dell’International Bomber Command Centre?
GSC: Sì, anche se non vengo bene perché ho le rughe ma a ottantaquattro anni non posso pretendere di più. E vorrei, se possibile, che mi faccia una bella fotografia.
PC: Grazie Silvio, possiamo cominciare. Allora, Silvio, mi dica qual’è il suo più vecchio ricordo a riguardo dei bombardamenti aerei della Seconda Guerra Mondiale.
GSC: Eh, questo qua è veramente un fatto singolare perché la prima esperienza che ho avuto, adesso io ho letto in qua e in là so che il bombardamento è stato effettuato il 17 marzo o giù di lì insomma del 1944 tra, il primo. Io mi son trovato proprio al centro di questo fatto perché frequentavo la scuola Ceriani, l’avviamento Ceriani di Monfalcone e quando è cominciato il, i bombardamenti naturalmente veniva suonata la sirena d’allarme e noi scappavamo tutti quanti perché ogni mattina succedeva questo, che passavano gli aerei che andavano a bombardare e suonava la sirena e noi scappavamo via con tutti i mezzi che avevamo. E non conoscendo la città di Monfalcone io distrattamente ho, credevo di far bene scappare verso la chiesa, verso il cantiere, così.
PC: Chiesa di Sant’Ambrogio?
GSC: No. Oh, perbacco. Verso l’Hannibal per esempio. La chiesa che finisce…
PC: Marcelliana.
GSC: Marcelliana, che era una chiesa dove si andava a fare le rogazioni cioè andavamo in processione da Turriaco a piedi naturalmente per le stradine per ogni anno si faceva questo voto. Io con la mia bicicletta mi trovai proprio nel momento che bombardavano il cantiere. E, o lo spostamento d’aria o la mia volontà di sopravvivenza, sono caduto nel fosso che era attorno il cimitero di Monfalcone ormai dismesso adesso e addirittura quando hanno cominciato mi cascava qualche pezzo di terra, qualcosa e sono stato testimone, mio malgrado, dei primi morti che hanno portato lì alla Marcelliana. Che l’impressione mi è durata per tantissimi anni, a veder questa carneficina, questi operai che venivano a brandelli, insomma è stato una, credo sia stato il più tremendo dei bombardamenti che aveva subìto e vedere tutto questo sangue, tutto questo, questi pezzi di, mi ha fatto almeno per dieci, quindici anni, ho avuto sempre questa impressione. E io mi son trovato proprio in questo frangente. Fortunatamente mi sono limitato a darmi una spolverata però ho visto quello che un ragazzo di dodici anni non avrebbe mai dovuto assistere. Ecco questa qua è stata la mia prima esperienza dopodichè non mi ricordo quanti altre volte hanno bombardato il cantiere, ma insomma a me era sufficiente aver assistito la prima volta. Questo è quanto. Le interessava di sapere qualcosa altro?
PC: Riguardo ai bombardamenti, quando avvenivano lei andava in rifugio antiaereo? Aveva un luogo preciso dove andava a rifugiarsi?
GSC: Allora questo qua anche che qualche tempo fa ho cercato di andare sul posto dov’era l’entrata della galleria, cioè l’uscita nella galleria che partiva dalla Piazza della Repubblica o come si chiama di fianco alla farmacia. C’era questo buco, questo bucone che non ho mai saputo per quale motivo era stata costruita, se durante la prima guerra mondiale o per la seconda. So che dopo questo bombardamento noi, specialmente delle scuole, correvamo sempre a rifugiarci dentro con biciclette tutto quanto dentro a questo. E mi ricordo questo posto che le prime volte mi faceva impressione perche c’era una farmacia dentro o qualche pronto soccorso poi c’era qualcosa che per dissetare quelli che avevano, no, niente di speciale. Ma adesso che rivivo in pratica questi momenti avrei piacere di visitarla a fondo perché mi è stato promesso. Quando ho fatto la mostra lì alla mutuo soccorso, c’era un responsabile, tra l’altro sarà anche suo amico perche s’interessava anche di reperti raccolti nella galleria, no, e mi aveva promesso che quando sarà mi inviterà a vedere e mi farebbe molto, molto piacere. Comunque eh quello che mi viene in mente quando mi prendevo questi appunti, potrei dare un suggerimento, se fosse necessario, a sollecitare chi di dovere cioè le autorità. Perché non valorizzare questo reperto storico per creare una galleria vera e propria. Potrebbe essere una galleria d’arte, si potrebbe trasformare in altre attività perché il posto anche sicuramente, anche se non è tanto accogliente però si può fare. Io, nel mio libro se posso parlare di questo, addirittura sfrutto le gallerie del Klondike, dell’Alaska e Siberia per, perché stanno realizzando un progetto della costruzione di una città che puo’ ospitare novecentomila, un milione di persone per sopravvivere alla futura e prossima fine del mondo. E se lo fanno loro e lo spiego anche perché usufruendo di qualche condotto che proviene del nucleo della Terra che ha seimila metri, un ingegnere italiano ha scoperto la maniera di usufruire di questa energia per creare l’acqua, l’aria e tutto ciò che occorre per fare, per dare la sopravvivenza a questo popolo. È un progetto futuribile naturalmente e naturalmente come tutte le novità, come tutte le cose anormali, sarà messo in forte discussione, sarà contraddetto magari, che non si può così non si può colà. Io nel, in questo libro spiego tutte queste cose e può darsi che mi diano anche del pazzo.
PC: Una domanda mi veniva in mente. Lei praticamente era un ragazzino esposto a questa esperienza drammatica dei bombardamenti aerei. Nel tunnel, visto che mi raccontava che c’andavate con tutti gli altri ragazzini della scuola, cosa facevate mentre eravate lì dentro?
GSC: Eh, sicuramente quella volta non si diceva casino, perché era una parola troppo grossa, però cagnara sì. Facevamo cagnara perché per noi dato che… Forse sono stato l’unico a avere un’esperienza diretta del primo bombardamento, li altri ridevano, la raccontavano, spintoni. Noi, specialmente i bisiacchi, che provenivano dai paesi della Bisiacaria, Turriaco, Pieris, San Canzian, non eravamo ben accolti dai monfalconesi, che erano, i monfalconesi erano sempre ben vestiti, fighetti, e quando che arrivava i bisiacchi, noi eravamo [background noise] o le papuze o i socui se posso dirlo e come vivavamo a casa così portavamo avanti il dialetto che avevamo imparato dai nostri anziani, dai nonni. E quando arrivavamo in classe, ‘oh, xe rivà, ga dit, ga ciot, ga fat,’ come che parlavasi quella volta. E c’era questo contrasto e i ne cioleva un pochetin pel fioco proprio perché parlavisi il bisiacco. Adesso magari tutti quanti vorrebbero essere bisiacchi, tutti quanti vogliono avere la radice bisiacca come fosse un marchio di fabbrica. E invece io sono testimone del contrario, che invece c’era un certo disprezzo come una razza inferiore ecco i bisiacchi. Non parlo di più perche’ ho tantissimi amici di Monfalcone, eh, con cui ho avuto e ho rapporti amichevoli e così, non voglio tradire questa mia amicizia, questa ammirazione che ho per loro.
PC: Dunque lei mi parla della gente di Monfalcone. Le persone di Monfalcone invece? Voi eravate ragazzini ma gli abitanti civili, le donne, gli uomini che erano rifugiati lì dentro invece cosa facevano nelle ore di attesa?
GSC: Diciamo che tutti quanti erano preoccupati, contrariamente a come si comportavano i ragazzi. Perché avevano della gente forse esposta, paura dei bombardamenti, specialmente quelli che lavoravano, era il 90% che lavorava in cantiere e naturalmente i genitori, i vecchi genitori erano preoccupati di altri bombardamenti, altre cose, perché anche la via romana, mi sembra è stato bombardato e mi ricordo la salita, della salita per andare alla stazione, sempre mi ricordo di un palazzo che è stato bombardato e c’erano stati anche dei morti. Eh, si volevo aggiungere una cosa, mi son dimenticato prima che noi ragazzi per frequentare la scuola dovevamo, se c’erano i bombardamenti o le, scappavamo via quando erano le sirene d’allarme dovevamo frequentare per recuperare le ore che perdevamo alla mattina, dovevamo tornare e il pomeriggio. Allora in questi casi qua dovevamo preparare il vasetto della pasta, della minestra da casa, e dove si fa sulla strada, no. Allora attraversavamo la galleria, andavamo su per il colle della Rocca, su due tre pietre facevamo un po’ di fuoco e mettevamo il vasetto della minestra per scaldare e approfittando di quella oretta che ci rimaneva al riparo delle pietre, di qualche pietra, di qualche coso, si ripassava le lezioni. Faccio per non è per un vanto però per far sapere ai nostri ragazzi che si lamentano sempre, e perche la, e la corriera e l’autobus e tutte queste cose qua, invece noi dovevamo adattarci a questo, a questo genere di cose per la sopravvivenza naturalmente e la scuola ne soffriva perché quello che io ho imparato è forse zero rispetto a quello che ho imparato dopo da solo con la mia volontà, leggere e frequentare corsi e tutto quanto, beh per recuperare quello che non avevo imparato a scuola. Naturalmente erano i tempi che erano. Perché quando ci portavamo a Monfalcone con il carro bestiame, coi operai andavamo fino al cantiere, dal cantiere a piedi fino a scuola. E dopo si finiva a mezzogiorno e dovevamo tornare a casa nei vari paesi a piedi e dov’era eh lungo la ferrovia, lungo la ferrovia e per venire a casa da Monfalcone ci volevano due ore almeno. E figurarsi in strada noi giocavamo anche perché i ragazzi malgrado tutte le condizioni avverse, rimangono sempre ragazzi con voglia di divertirsi e di scherzare.
PC: Quindi lei mi diceva, ma mi faccia capire bene, com’era effettivamente viaggiare con il pericolo di, che ci possa essere sempre un attacco aereo, lo spostarsi in quegli anni lì? C’era tensione, c’era paura? C’erano degli ovvi disagi?
GSC: Il disagio era proprio costituito dal fatto che bisognava tornare a casa a piedi e non era sempre tanto piacevole, specialmente d’inverno o con la pioggia, con tutti i tempi. Una cosa che invece era faticoso perché anche viaggiare sa, anche un treno anche se era merci ma in dieci minuti, un quarto d’ora arrivavamo a Monfalcone e non erano grandi viaggi, dove che, sì, poteva, poteva esserci questi fatti di bombardamenti. Ci si sbrigava subito. Quello che era invece più faticoso era andare con la bicicletta che siccome che mancavano le gomme, i copertoni delle biciclette, avevamo delle, dei tubi del vino, le canne da vino a mo’ di copertoni. Per cui era come le biciclette di Enrico Toti, non so se ha idea di, e la fatica era tantissima, specialmente in febbraio quando c’era il vento che durava un mese anche e noi andavamo sul crocevia di Begliano a aspettare la fila degli operai che si recavano al cantiere, e per attaccarsi alla coda perché davanti c’era sempre il più muscoloso che portava avanti la fila, come si vede adesso anche nelle gare ciclistiche c’è sempre uno che si alterna, che tira la coda. Noi facevamo lo stesso là però tutto ciò la fatica era enorme perché per ragazzi di undici, dodici anni, sa, maneggiare queste biciclette era un po’ difficile. Ma pericoli, pericoli, no, però s’incontravano delle scene naturalmente crude, nel senso che una volta proprio sul crocevia di Begliano c’era un rallentamento anche nella fila degli operai perché sulla strada erano quattro morti, quattro partigiani morti, che li avevano uccisi a mitraglia, a mitragliate, i repubblichini e li avevano lasciati lì. Mi ricordo tutti questi cadaveri, tutto l’asfalto pieno di sangue e anche quello è stato un fatto doloroso. Questi qua erano partigiani che li avevano imprigionati prima alle prigioni di Pieris e poi durante la notte li hanno liberati però c’era qualcuno che li aspettava per fucilarli. Questo qua è stato forse la cosa più brutta che mi è successo. E poi si vedevano delle camionette bruciate perché i partigiani quella volta erano molto attivi e non è che attaccavano le caserme però facevano azione di disturbo, come mettere qualche, far saltare obiettivi che erano importanti per i tedeschi e infatti sono delle cose che succedevano molto di frequente fino alla grande battaglia di Gorizia che è stato così, se posso raccontare?
PC: Mammamia!
GSC: L’8 settembre del ’43 mio padre che era in cantiere è stato avvertito insieme a altri compagni, sono riusciti a scappare dal retro del cantiere perché li hanno avvertiti che fuori c’erano dei camion che caricavano tutti gli operai che uscivano dal cantiere per portarli in Germania, così com’erano, in tuta o con abiti da lavoro e mio padre con altri sette, otto, sono riusciti a scappare e sono arrivati fino a Selz con la bicicletta e poi sono andati su in montagna, sono andati verso i paesi della Slovenia, della Yugoslavia quella volta, però Opacchiasella, mi raccontava questi particolari mio padre. Sai, tutti quei paesini lì e lì hanno combattuto ma non battaglie di grosse perché loro facevano azione di disturbo, nelle stazioni disturbavano i telefoni e le linee, azione più che altro di disturbo. E quando si preannunciava la grande offensiva dei tedeschi, tutta la gente dei nostri paesi era preoccupata perché si sentivano i rumori dei carri armati, di tutte le armi, cannoni, tutti quanti, si sentiva per tutta la notte che andavano sù. Risultato che seimila tedeschi armati fino ai denti si portavano verso le montagne per scatenare l’offensiva contro questi partigiani, che non erano tanti ma però davano disturbo. E c’è stato un fatto che mi ha addolorato e cioè mia madre che piangeva tutto il giorno perché si rendeva conto della gravità della situazione. Fortunatamente i capi dei partigiani, quella volta di buon senso, hanno avvertito tutti i capi famiglia, gli uomini che avevano famiglie e figli, li mandavano a casa, e difatti una sera e cioè la vigilia proprio della grande battaglia mio padre è venuto a casa e starei qua delle ore per raccontare quello che era successo ma naturalmente si può immaginare in che stato si trovava quest’uomo, in quali condizioni, magro, con la barba lunga, pieno di pidocchi, vestiti alla meglio come si poteva, con scarpe piene di paglia per poterli indossare. E dopo naturalmente viveva in, da clandestino e a casa mia avevano trovato saltuariamente un posto dove riunire il gruppo di partigiani cioè quelli che operavano per reperire viveri, armi e tutto quanto per mandare su. Per cui erano cinque o sei persone che si riunivano a volte in una casa una volta in un’altra e la mia casa che si trovava su questa strada, la via principale, e mi mandavano a stare dentro e avvertire se venivano, se passavano camion di tedeschi perché quasi ogni giorno c’era il rastrellamento, arrivavano due o tre camion in piazza, saltavano giù i tedeschi e i repubblichini coi mitra spianati e facevano ognuno una via e prendevano sempre qualcuno perché qua erano quasi tutti i ragazzi partigiani. E io facevo da vendetta. Non sapevo l’importanza però oggi mi rendo conto che anch’io ho contribuito in qualche maniera perché mi davano dei bigliettini da portare a Tizio, Caio, Sempronio, che erano partigiani che facenti parte del Comitato di Liberazione e mi rendo conto che anch’io ho portato il mio granellino sul mucchio della libertà e sono fiero di aver partecipato. Quello che si fa è naturalmente a fin di bene.
PC: Volevo farle ancora una domanda per ritornare alla guerra aerea. Lei mi ha raccontato di questa esperienza terribile di vedere queste scene dei, gli operai del cantiere smembrati, portati. Cosa pensa, adesso dopo tutti questi anni, dei bombardamenti aerei? Cosa le è rimasto? Prova un senso di rabbia o di, per chi li provocava o magari ha capito quello che poteva essere lo scopo di quegli atti anche così violenti e brutali come potevano essere i bombardamenti aerei?
GSC: [sigh] Naturalmente la guerra è una cosa che non porta sicuramente dei benefici. Cioè forse sbaglio. I benefici ce li hanno chi costruisce le bombe, chi costruisce le armi, è un business, e quando le guerre non ci sono, le inventano, perché proprio è un business. In fatto di paura naturalmente nel nostro paese qua esistevano, esistono ancora ma sono inglobate nelle case che sono state costruite dopo, delle trincee, delle grandi trincee che erano state costruite durante la guerra del ’15-’18 e avevano degli stanzoni grandi dove qualcuno s’era [pause] aveva creduto opportuno per salvare i bambini dai bombardamenti, di farli dormire in queste trincee e noi avevamo qua vicino al campo sportivo una trincea che si prestava benissimo per cui stavano 25, 30 bambini, in qualche maniera, e noi bambini e i vecchi andavamo ogni sera lì a dormire in questa, in questi stanzoni. Proprio la preoccupazione era di Pippo si chiamava, noi l’avevamo battezzato Pippo, che era un aereo da bombardamento che passava su tutti i paesi, ma girava proprio tutta la notte e dove vedeva delle luci buttava giù i spezzoni, naturalmente qua a Begliano nelle casette avevano buttato e era morta una ragazza di diciotto anni e quello ci ha fatto tanta impressione. Proprio da lì era scaturita questa idea di farci dormire nelle trincee, perché anche durante la notte era pericolo, gli operai che andavano o che venivano a casa avevano i fanali coperti da un pezzo di carta di giornale con un buchino giusto che passava un lumicino di luce per poter, e anche queste qua, questi fatti naturalmente comportava dei pericoli, perché io non so come riuscivano a individuare delle piccole luci da mille metri non so appunto, viaggiava questo apparecchio, questo Pippo. E però faceva paura, guai aprire la finestra, guai aprire la porta, guai fuori perché c’era sempre questo star sul chi va là delle bombe. Altri fatti, non so, da menzionare, così come, non so, l’uccisione per esempio, ma quello forse è un’altra cosa. Avevano ucciso per vendette perché non lo voglio dire perché potrebbe essere interpretato nella maniera sbagliata, però succedeva anche nei paesi. Per esempio, questo lo posso dire, un certo Walter, che era una spia dei nazisti, dei repubblichini che erano quelli dell’esercito del duce dopo l’8 settembre. Quello è stato ucciso in ospedale, cioè gli hanno sparato in ospedale e visto che non era ancora morto l’hanno ucciso, sono andati là i partigiani e l’hanno ucciso e mi sembra di ricordare che hanno ucciso anche sua madre che lo assisteva. Walter, Walter si chiamava. È una cosa che ti faceva non piacere ma era come un senso di giustizia dato che questo Walter, questo famigerato Walter era uno spione e tutti quanti applaudirono a questo fatto perché era come Zorro che difendeva i più deboli e per noi era stato un fatto molto grave.
PC: D’accordo. Silvio, la ringrazio infinitamente, se ha qualche altro.
GSC: Forse ho chiacchierato più del.
PC: No, ma va molto bene. Io la ringrazio della, dell’intervista e grazie di nuovo, anche a nome della Lincoln.
GSC: Non è facile naturalmente, parlare, descrivere con, perché se uno legge qualcosa di preparato è difficile io ritengo.
PC: Andava benissimo.
GSP: Ritengo.
PC: Andava benissimo.
GSC: Io ho questo, ma forse non interessa. Io ho cominciato avere i ricordi della mia vita quando avevo due anni e mezzo. Qua ho cominciato con i primi ricordi, e sono andato avanti descrivendo un po’ quello che succedeva nei paesi, quello che succedeva nella mia famiglia, sono anche storie personali, ma posso tranquillamente vantarmi perché non c’è qualcosa di offensivo per nessuno. Sono arrivato fino al, non è la conclusione perché qua ho messo continua però sono arrivato fino al ’45, concludendo che la guerra aveva provocato 40 milioni di morti. Se lei ha.
PC: Con molto piacere, con molto piacere.
GSC: Un quarto d’ora, venti minuti.
PC: Sicuramente.
GSC: Da leggere.
PC: La ringrazio infinitamente.
GSC: Puo darsi che trovi qualche spunto per continuare il suo lavoro.
PC: Grazie mille.
Dublin Core
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Title
A name given to the resource
Interview with Gualtiero Silvio Cosolo
Subject
The topic of the resource
World War (1939-1945)
Bombing, Aerial
Description
An account of the resource
Gualtiero Silvio Cosolo recalls attending the Ceriani vocational school in Monfalcone, at this time the air raid siren went off every day and the children would run to the nearest shelter. Describes the 7 March 1944 bombing and the gruesome sight of dead shipyard workers, an event which scared him for years to come. Remembers the sense of oppression when he first went to a public shelter. Contrasted the behaviour of boys laughing out loudly and messing around, and the composure of adults who looked worried and thoughtful. Recalls the rivalries among boys from different towns and neighbourhoods and describes the blackout precautions of the dockyard workers. Recounts memories of his dad and friends who evaded roundup and managed to escape to Slovenia and later took part in the Battle of Gorizia, a series of actions between Germans and partisans. Recounted acting as a lookout when partisans used his home as a meeting place.
Creator
An entity primarily responsible for making the resource
Pietro Commisso
Date
A point or period of time associated with an event in the lifecycle of the resource
2016-08-26
Contributor
An entity responsible for making contributions to the resource
Peter Schulze
Format
The file format, physical medium, or dimensions of the resource
00:34:54 audio recording
Language
A language of the resource
ita
Identifier
An unambiguous reference to the resource within a given context
ACosoloGS160826
Spatial Coverage
Spatial characteristics of the resource.
Italy
Italy--Monfalcone
Temporal Coverage
Temporal characteristics of the resource.
1944-03-07
1943-09-08
Publisher
An entity responsible for making the resource available
IBCC Digital Archive
Rights
Information about rights held in and over the resource
This content is available under a CC BY-NC 4.0 International license (Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0). It has been published ‘as is’ and may contain inaccuracies or culturally inappropriate references that do not necessarily reflect the official policy or position of the University of Lincoln or the International Bomber Command Centre. For more information, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/ and https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/legal.
Type
The nature or genre of the resource
Sound
Coverage
The spatial or temporal topic of the resource, the spatial applicability of the resource, or the jurisdiction under which the resource is relevant
Civilian
bombing
childhood in wartime
civil defence
home front
Pippo
Resistance
round-up
shelter
-
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Dublin Core
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Title
A name given to the resource
Di Blas, Guido and Bolletti, Ilario
Description
An account of the resource
This collection consists of a dual oral history interview with Guido Di Blas and Ilario Bolletti who recollects their wartime experiences in Monfalcone and surrounding areas.
The collection was catalogued by IBCC Digital Archive staff.
Publisher
An entity responsible for making the resource available
IBCC Digital Archive
Identifier
An unambiguous reference to the resource within a given context
Bolletti, I
diBlas, G
Date
A point or period of time associated with an event in the lifecycle of the resource
2016-08-26
Rights
Information about rights held in and over the resource
This content is available under a CC BY-NC 4.0 International license (Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0). It has been published ‘as is’ and may contain inaccuracies or culturally inappropriate references that do not necessarily reflect the official policy or position of the University of Lincoln or the International Bomber Command Centre. For more information, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/ and https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/legal.
Transcribed audio recording
A resource consisting primarily of recorded human voice.
Transcription
Text transcribed from audio recording or document
PC: Sono Pietro Comisso e sto per intervistare Di Blas Guido e Bolletti Ilario, per l’archivio digitale dell’International Bomber Command Center. Siamo a Monfalcone, è il 26 8 2016. Grazie Ilario e Guido per aver permesso questa intervista. Prima di cominciare vorrei farle alcune domande per essere sicuro che questa intervista venga registrata come desidera. Ilario, è d’accordo che la sua intervista venga conservata presso dall’Università di Lincoln, esclusivamente per scopi non commerciali, che l’Università di Lincoln ne abbia il copyright e infine essere liberamente accessibile in qualsiasi formato per mostre, attività di ricerca, istruzione e come risorsa online?
IB: Va bene.
PC: È d’accordo che il suo nome venga pubblicamente associato all’intervista?
IB: Va bene.
PC: È d’accordo ad essere fotografato per l’Archivio Digitale dell’International Bomber Command Center?
IB: Va bene.
PC: E Guido: è d’accordo che la sua intervista venga conservata presso dall’Università di Lincoln?
GDB: Sì, sì.
PC: È d’accordo che il suo nome venga pubblicamente associato all’intervista?
GDB: Sì, sì, sì.
PC: È d’accordo ad essere fotografato?
GDB: Sì, sì.
PC: Bene, possiamo cominciare. Raccontatemi il vostro più vecchio ricordo riguardante i bombardamenti aerei su Monfalcone? Comincia chi vuole, chi preferisce.
IB: Posso parlare?
PC: Prego, prego.
IB: Io ero a vedere di Delfo, non c’ho la data, si era a, ci hanno preso con una, detti di andare a questa festa invece doveva essere un, i fascisti facevano un, sì che era Delfo ma non era solo Delfo, dovevano fare.
GDB: Manifestazione.
IB: Una manifestazione sua, e in quell’epoca è venuto un bombardamento e spessonamento, dove eravamo lì e si scappava dove si poteva e io ho preso un, un legno in testa che sono corso fin a Monfalcone da una zia che aveva una cantina e fin a lì, fin a poi passato il bombardamento, e ho saputo dopo che erano più morti, basta.
PC: Mi diceva di una bambina, mi raccontava.
IB: Sì. Ero con, su un bunker chiuso che non, non era aperto, eravamo lì e era anche un tedesco, e una bambina ferita alla testa con, che dopo ho saputo che è morta [pause] questo tedesco l’ha, è andata a prendere e portarla sotto lì, dopo no ho saputo più niente perché siamo scappati via e così è finita questa cosa qua. Cosa vuoi sapere altro?
PC: Parli pur liberamente di quello che si ricorda, qualsiasi cosa.
IB: Eh. E della guerra che, una volta per esempio i pescatori, mia nonna vendeva pesse in piassa per pre, quando era la mafia del pesse, non poteva venderlo come lo vendi oggi, e veniva spartito mezzo chilo di sardine facendo la fila in mercato, non era come oggi che puoi andar comprare la, il pane con la tessera, tutte quelle cose lì. Ecco, basta. Guido, parla ti!
GDB: Allora, mi ricordo el bombardamento di San Giuseppe nel ’44, quando abitavamo sempre lì su per Borgo San Michele, questa casa popolare con cinquantasei famiglie, io avevo nove anni e mio fratello ne aveva due anni più di me, due anni e mezzo più di me, Mario che adesso è morto, con una gamba poliomelitica, e quando abbiamo sentito tutt’un momento di scoppi tremendi e siamo usciti da casa scappando via, il cielo era illuminato coi bengala come a giorno, un spettacolo che mi è rimasto impresso che no mai dimenticherò, ma una scena apocalittica: le fiamme e i scoppi delle bombe del cantiere, una cosa, una cosa, un bambino di nove anni vede così, mio fratello; allora mia mamma, siamo scappati lungo il canale, l’argine e ‘ndavamo verso il monte verso, verso
IB: ‘Ndo che iera le grotte.
GDB: Dove c’erano le queste nostre grotte, ‘vevamo scavato un paio di grotte lì, per nascondersi; e ‘lora mio fratello e mia madre ‘Forsa Mario corri, corri’, lui non poteva, lui rimaneva dietro e noi, mia mama, ‘na cosa, ‘na cosa tremenda, lui faceva fatica a correre, no, lui aveva undici anni, e insomma siamo arrivati a lì, ma, ma questa scena apocalittica che ho visto io mi rimarà sempre nel, nel mie occhi. Ecco ‘l bombardamento, e poi mi ricordo che era venuto anche mio nono del Friuli di Terzo d’Aquileia, era venuto vedere dopo, l’indomani, anche cos’è succeso, quanti morti, e mi ricordo che siamo ‘ndati in cantiere e nel vecchio teatrino della Marcelliana, io ho sbirciato, mio nonno è andato dentro, era ancora tutte le, i morti messi lungo per terra là erano così, una scena anche da non vedere, ma ho visto dalla porta così, no, e mio nonno è andato a vedere. Ecco, questo è un ricordo brutto. Un altro ricordo è lo scoppio, lo scoppio della galleria, anche quella volta mi sembra fosse stata l’alba, perché abbiamo sentito questo tremendo scoppio, noi abitavamo, ‘vevamo la camera dietro verso la ferrovia, de questo grande caseggiato, case popolare, e io mi sono affacciato alla finestra e ho visto queste fiamme di fuoco che uscivano dalla galleria, no, ma anche di quella scena mi è rimasta una scena tremenda. Un altro [sic] immagine tremenda che mi è rimasta scolpita come, come ragazzo, non a Monfalcone, ma a Terzo d’Aquileia, ‘na stazione dove abitavano i miei nonni materni. A Terzo d’Aquileia io e mio fratello sempre andavamo là per motivi anche di, per mangiare roba non, un po’ di terra così, e avevano lungo la ferrovia da Cervignano a Belvedere, i tedeschi da Cervignano portavano dei vagoni anche, deposito di benzina qualche volta, facevano queste piccole stazioni fuori, no, da Cervignano, ecco, e mi è capitato che io e mio fratello ecco, anche in estate, l’estate del ’44, anche questo fatto qui, sono una squadriglia di caccia inglesi Spitfire, quelli che, veloci.
IB: Mitragliaven, cacciabombardieri.
GDB: Ecco e son capitati io, io, sulla ferrovia che raccoglieva, c’era un piccolo fosso dall’altra lato, tre binari, e io ero in mezzo lì, e un operaio che lavorava nella ferrovia, e son capitati questi caccia in picchiata, e io ho visto il pilota con gli occhiali, no, che venivano giù in picchiata e mitragliava e lanciava queste bombe, 500 libbre mi sembra che erano, o 1000 libbre, e una è rimasta anche inesplosa che l’ho vista, e son cadute nel campo di mio nonno, vicino lì, che ha fatto queste buche. Ecco io mi domando perché, vedere noi, due bambini lì, questi piloti inglesi accanirsi a mitragliare. Ma cosa mitragliavano? Io ho visto il pilota sa’, gli Spitfire e [makes a wooshing sound]
IB: Eh ma la guerra era guerra.
GDB: Tremendo, tremendo! [emphasis] Sono quelle scene che adesso io immagino chi va coi bambini che vedono la guerra, oggigiorno, capisco cosa vuol dire. E prima di questo era successo sempre lì, ‘na notte, il famoso Pippo, ha sentito parlare di Pippo?
IB: Sì, sì.
GDB: Il bimotore che girava.
IB: Iera qua.
GDB: Io dormivo nella camera e ha lanciato sempre sulla stazione un paio, due bombe che sono esplose, che la camera, i vetri son saltati, [emphasis] ma un spavento, un spavento impressionante, ecco. Son quelle cose che non vanno via, che son, colpiscono e ti rendono la vita, capisci ‘desso cosa vuol dire quanta fatica questi bambini per arrivare adulti quante prove che la vita ci provoca, no.
IB: Quel del treno blindato.
GDB: E poi anche a casa mia, non era a casa mia mama.
IB: Sì.
GDB: Subito verso, verso la fine de la guera.
IB: [unclear] La fine de la guera, no, i giorni prima.
GDB: No, è passato un treno blindato, sempre una ferrovia lì, dalla rotta.
IB: I gà sparà verso de noi.
GDB: Ecco, e ha mitragliato anche la nostra casa lì.
IB: Sì, sì!
GDB: Hanno forato il muro.
IB: Mi, mi un scuro caduto giù e lui ha cacciato tutto dentro e ha preso il contatore de l’acqua.
GDB: De l’acqua.
IB: E l’è esploso nell’attacco fuori [unclear].
GDB: Il treno blindato che è passato è andato via fuori da lì, no. Poi altri ricordi, dei flash, le dico solo dei flash della mia, siccome che lì dov’è l’ospedale adesso c’erano sei, otto, batterie antiaeree tedesche erano lì.
IB: Sì, lì che sé l’ospedal.
GDB: E lì, ecco, lì.
IB: Sì. I gà tirà lì quei li, lui iera via, ier ‘ndati i sfolati lori.
GDB: In Friuli, ma ogni tanto venivo giù.
IB: E invece noi siamo stati lì noi, no gavemo né parenti né niente.
GDB: E quegli anni là, quando passavano ma centinaia di aerei, i B-29, formazione che ‘ndavano a bombardare in Germania, erano alti.
IB: I gà tirà giorno e notte.
GDB: E lori tiravano queste nuvolette, [mimics anti-aircraf fire].
IB: I ultimi tempi proprio.
GDB: Cadevano giù le schegge anche là da noi lì.
IB: Iera proprio i [unclear].
GDB: Ma ecco, anche quei lì, quante fortezze volanti che son passate là, e una volta una è stata colpita.
IB: Sì, e i paracadutisti i sé cascadi qua, no i sé ‘rivadi [unclear].
GDB: Un aereo tentava di atterrare là dei partigiani.
IB: [unclear] L’ha cercà ‘ndar là dei partigiani. Invece no i ga arivai, li gà ciapadi i tedeschi e i fassisti.
GDB: I mitragliava, mitragliava.
IB: I fassisti che iera coi tedeschi, no, parché dopo.
GDB: I repubblichini.
IB: Sì, i repu, i repubblicani. E iera un prete che ga ciapà, iera anche un nero, che noi no lo gavemo mai visto un nero, no.
GDB: Ecco quei ricordi, quei ricordi, sì, de, che dopo altre c, altre cose lì, era un misto, sempre [unclear], al paese di mio nonno, sempre verso la fine dela guera, che i tedeschi prima di fuggire son passati di San Martino, no, ‘l paese di San Martino, dopo Terzo lì, e lì son stati attaccati, hanno ‘vuto un attacco, lì qualcosa, gli hanno sparato, e loro per rappresaglia hanno tirato su un, anche ragazzi de sedici anni.
IB: Era un treno blindato lì?
GDB: No no, lì li hanno presi per queste, e li hanno fatto rappresaglia e li hanno portati sul fiume, l’argine, andando a Terzo si vede ancora la lapide, e li hanno uccisi lì, ecco. E io ho visto passare, dopo, l’indomani, su un carro coperto col fieno, e li portavano verso il cimitero queste salme mon, sul carro, ecco. Vedi, quelle scene così.
IB: Sì.
GDB: Ecco. Tutto questo da bambino, da bambino, ecco. Altre cose Ilario?
IB: Ehh no so.
PC: Ho la domanda per Ilario: si ricorda un po’ com’è stato questo spettacolo del mago Delfo? Che ne ho sentito parlare, mi interessa saperlo questo.
IB: Sì, sì sì, semo ‘ndai là ma no go mio rivudo a vedere gnente, parché sé vignuo subito, semo scampadi via mi con me fradel, g’avevo un fradel più piccolo che sé morto [background noise], e semo scampadi via subito parché bombe, roba, de tut no sé stae niente.
GDB: In mezo al bombardamento.
IB: Ierimo ‘ndadi là con quela de veder, e ierimo tutti muli l’è, za dodici, tredici anni, quattordici anni, credemo che sia chissà cossa.
PC: Guido, prima me parlava de, dela galleria-rigufio; la me racconti quello che succedeva dentro la galleria-rifugio.
GDB: Ehh, tutti, tutti quei che abitavamo non la galleria grande, quelle piccole che ‘vemo noi, quelli de l’accasamento cinquantasei famiglie, che ‘raamo lì e ‘ndavamo su queste piccole.
IB: Quando che iera la guera e sonava l’allarme se scappava, sì.
GDB: E allora lì, una aveva vicina, perché un vecchio, un signore che ‘veva fatto la guerra del ’15-’18.
IB: Sì la g’emo scavada noi sotto.
GDB: Ha detto ‘Qui dev’esser una’, e c’era una grande busata sotto lì, e abbiamo, era pulita e ‘nsomma era la più vicina che era lì ‘nsomma, no, era abbastanza lunga come da qua a là, no Ilario, così lunga iera.
IB: Ehhla iera bela e granda, iera due entrate, cussì, no.
GDB: Perché sotto l’Austria, fatte sotto l’Austria quelle lì.
IB: Sì, iera dela guera del ’15-’18, lu ‘l se ga ricordà che iera sotto lì e g’amo scavà, parché lì vicin iera anche la cusìna, se ricorde che iera quel calabusata là, quando che sogaimo lì che iera.
GDB: Sì, sì, sì.
IB: Parché iera in tera.
GDB: E dopo ‘l nostro, dighe come che te faseimo risolver ‘l problema della fame, ‘ndaimo in cerca de pani.
IB: ‘Ndaimo a balini, ‘ndaimo.
GDB: Schegge, balini, su per i monti, purtroppo la nostra infanzia è vissuta in mezzo a tanti pericoli, ecco.
IB: Tanta miseria.
PC: Te me parlavi de questa foto qua che, recuperavisi le muizioni epoi ‘ndavisi a vender.
IB: Sì, sì.
PC: Conteme de questa.
IB: Ah ecco, poi, ‘pena finì la guera qua metevimo, una sotto cussì e meteimo la, la granata di là, qua [unclear] cussì, e qua la vigniva zo coi ditti neri [laugh], parché la granata che iera davanti, no, [unclear].
GDB: [unclear].
IB: Iera da drìo, no, meteva tal canon e i la tirava, no, e meteimo una cussì e la, e la ve dopo andavimo a scola e vendeimo la balistite, ghe disemo ‘Pol impisar al fogo’, invesse i feva.
GDB: Sa cosa facevo lui a Checco, coi vasi del Sidol, c’erano gli spaghetti, i famosi spaghetti là, li metteva dentro e dopo gli dava fuoco co’ la miccia e li lanciava, abbiamo inventato i missili, vai là, li lanciavo [makes whoosing sound], spettacolo, ai ai ai, sempre in pericolo lui, lui scop, dighe co’ te scoppiavi.
IB: No ma quan, no iero mi, poi ga fat lori ma mi no saveo niente, i g’aveva mes un, un tubo, carico de balistite, ma i ga sbaglià, i ga mes fulminante, no, e invece de scoppiar pian.
GDB: Metter la miccia?
IB: L’è soppià subito.
GDB: Ecco.
IB: Mi come che ‘ndavo fora ‘vevo giusto la man fora.
GDB: Ecco.
IB: Un mese de ospedal ho fatto, ma i te tignìa.
GDB: E poi cosa si faceva anche, Iaio ? Quando io ‘ndavo a pescar el pesse sul canal.
IB: Cu l’eletrico, butaimo su che sé l’alta tension, e gaveimo i fili che i tedeschi gaveva lassà.
GDB: Dei rodoli.
IB: Dei telefoni, no, telefonici, e mettemo ‘na ncorretta e tiraimo su oltre, e dopo tiraimo il filo e restava ciapà.
GDB: Sull’alta tension tra l’altro.
IB: Sì ma alta tension, e tal canal cu la voliga.
GDB: Una voliga, poi i pessi.
IB: Poi i pessi, vigniva, poi insomma, l’è restà morteggià, e ne trovo su.
GDB: E lù che ‘l me fa [unclear] [laughs].
IB: No [laughs], che mona, al sé ‘nda par cior el pesse, no, fortuna che ghe go tirà.
GDB: Ciapà ‘na scarica eletrica.
IB: No, ghe go tirà via el filo, al se ga distacà, i la gà risparmiada perché, bagnada e quela corente là, no iera a ven, a duecento.
GDB: Lungo il canale dell’ospedale lì, no, fino a Ponte Bianco, là così, tutta ‘na percorso di fili, alta tensione, e loro, un gruppo di giovani nuotavano su in alto [unclear].
IB: E una volta i tedeschi i se ha ribaltà, parché lì i muli, sa, i ‘ndav co’ sti gommoni no
[background noise]
PC: Tornando sempre al discorso della galleria-rifugio, che me disessi, voi me g’avè dito che sé stadi dentro due o tre volte durante la guerra proprio.
IB: Sì.
GDB: Quando l’era l’allarme, l’allarme.
IB: Sì.
PC: Ve ricordé cosa faseva le persone che iera dentro, proprio fisicamente dentro nella galleria?
IB: Eh i stava lì, i spettava, perché tante volte vigniva il bombardamento, tante volte no, ma l’allarme sonava e dopo sonava el cessato allarme.
GDB: L’alarme e il cessato alarme, sì sonava.
PC: Perché la domanda che mi me fasso, un momento de grande tension comunque perché no te sa se la casa.
IB: No te sa come che sé, cossa che l’è sta fora, o, quando che te sé dentro là, là te spetave.
GDB: Eh l’era un brusio de rumori, così, certa gente che fiadava, e iera eh, immagini del flash della galleria, sì mi quele quatro volte che ‘ndava, che me trovavo vissin Monfalcon ‘ndavo lì, ma se no ‘ndaimo sempre sul nostro, su le nostre piccole grotte che veimo qua, no, verso lì, ecco.
IB: Sì, se se trovave là te dove corer dove che iera, siccome che mi g’avevo la nonna che vendeva pesse in piassa sercavo de ‘ndar a ciapar un do pessi; i sé restadi anca schisadi un due.
PC: Te me racconti de questo fatto?
IB: Parché iera dei, i meteva dele trave, perciò che no posse un andar davanti dei altri, no, e la fila iera cussi’, pien de gente, no, pa’ ‘ndar a cior al pesse, e quel pesse che iera fin a col iera dava un po’ par’omo, e i ne dava fora cussì, iera l’ammasso per il pesse, no, i doveva portarlo tutti là, e dopo i ghe dava quel che ghe lo pagò, come che i ghe lo pagava, ma la gente ‘lmeno magnava.
PC: Perché lei la me ga contado anche che nella galleria-rifugio sé stada gente che se ga schisado durante un’allarme.
IB: Sì, sì, ma no iero là eh, noi staimo qua ma, dopo il gorno, quando che te sa subito, no, che i sé stai morti, par scampar dentro, iera ‘l bombardamento, parché se sé l’allarme ti va dentro pian, ma se sé bombardamento chi pol più, pianse meno, no i se, e par ‘ndar dentro sull’imbocco i se ga copà, che dev’esse’ ‘na brutta roba.
PC: Sì, sì, sì g’avemo trovado.
IB: Ma no so quanti, no me ricordo.
GDB: Dighe, dighe quando che i vigniva i tedeschi a far rastrellamento in casa mia, anche lì.
IB: I vigniva spesso perché iera tanti giovani che.
GDB: Partigiani.
IB: Tutti ‘ndadi coi partigiani, di fatti coi dovea sal, far saltar al ponte là, iera stadi i nostri de qua, del casamento lì, parché iera Renso, Santo; e una volta i sé vignui far rastrellamento e lu ‘l sé corso a casa San, Renso Bevilacqua, dopo i sé.
GDB: Tanti i ‘ndava sotto, sotto sui casamenti, sotto, te ricorditu?
IB: Sì, sotto de un casamento g’avemo,.
GDB: Fondamenta.
IB: Quando che iera rastrellamenti, quei che i era a casa, parché se no i li portava in Germania, i scampava sotto in cantina, ma iera la cantina bassa cussì.
GDB: Iera una portisela.
IB: Iera una portela e i ‘ndava dentro, e i ‘ndava in fondo là, e g’avea fat par fin a, serà che i ‘ndava anca de sora da sotto; per esempio Lino,.
GDB: Sì, sì.
IB: Lino proprio quel che sé morto lo, alla.
PC: A Ornella.
IB: Sì a Ornella, al g’avea fat sotto.
GDB: Una botola, sì.
IB: Sotto, sotto.
GDB: La casa.
IB: La casa, quando iera i rastrellamenti i ‘ndava sotto, gavav ‘l cappello.
GDB: Ecco, tutte robe.
IB: Ehh.
PC: E quindi per finire il discorso della galleria-rifugio, dopo sé stada questa famosa esplosion.
IB: Sì.
PC: Racconteme cosa che sé successo, se conosseve.
IB: Ehh i ‘ndava dentro par cior sti bossoli de otton, e i sé ‘ndadi dentro, i era dentro cu’ le candele, cun roba cussì e sé sta, sfilse, iera batterie, roba cussì, no sarìa sta quel che l’è vignù.
GDB: So che i ‘ndava, i sé’ndai più de ‘na volta dentro là.
IB: Sì.
GDB: Che i ghe ‘ndava [unclear].
IB: Ehh i g’aveva ferai, de nume, de roba, o che se ga rot qualcossa, parché nissun no sa, parché no sé sta, quei che i iera fora no ga rivà.
GDB: Perché ‘l cugin de tuo papà doveva esser responsabile.
IB: Sì, parché ‘l cugin de mio papà iera una guardia comunale, e lu no’l doveva lassa ‘ndar dentro ma, par la pecunia.
GDB: Ecco.
IB: Sé sta cussì, quei anni iera altri anni, de miserie, i g’veva fioi.
PC: E che voi ricordé anca alcuni nomi de queste persone, magari.
GDB: Due mi conossevo: quel lì de Ornella, Lino.
IB: Sì.
GDB: Che abitavimo assieme lì.
IB: E mi quel puntignì (?).
GDB: E quel Bolletti lì, che sé, sé la fìa ancora qua, che l’è infermiera [unclear].
IB: Sì, do casa qua, proprio qua da drìo.
GDB: Ecco.
IB: Una, una sorella sé morta, una sé viva, le iera tre, e quella muta.
GDB: Ecco, però, però, sì, mi no, mi no me lo ricordo quel Bolletti lì, nome lo ricordo.
IB: Ma anca mi.
GDB: [unclear] i ga lassà tutto.
IB: Sì, so moglie, sì che somo sempre, ierimo insieme. Anca quei iera vignui qua, no zera stai caquella volta?
GDB: Dopo, dopo, sì; mi, mi son de origine proprio monfalconesi, e noi, che noi staimo al baracche (?) de [unclear].
IB: Mi go i miei bisnonni tutti morti qua.
GDB: Dopo sé baracche(?) de [unclear], che iera vissin l’ospedal vecio, dove poi.
IB: ‘Pena finia la guera, ussio da me mama (?).
GDB: Dopo che sé tornadi indrìo tutti i profughi, i ha delle baracche fatte, no.
IB: Sì le baracche [unclear] staimo tutti e due.
PC: De là del canal iera?
GDB: Verso Via Buonarrotti.
PC: Mmmm.
IB: La Via Buonarrotti, là che iera l’ospedal vecio, vicin.
GDB: L’Ostaria del Placido, i carboneri iera.
IB: Sì.
GDB: Ecco, e dopo de lì, noi del ’38 semo ‘ndai a abitar.
IB: Lì.
GDB: Su sto palazzo grande ‘ga fatto in memoria del Duce. Mi no go conossuo mio nonno paterno, mio nonno paterno iera Capo della Finanza sotto l’Austria, Giuseppe se ciamava.
IB: E invesse.
GDB:... e iera, i ga dito, i ‘veva le caserme [unclear], però i zera pochi finanzieri, pochi finanzieri, e chi [unclear].
IB: E invece mi.
GDB: La giurisdizione le stada fin a Pieris di Turiacco.
IB: Me bisnonno Facchinetti, no, al iera a caccia con Francesco Giuseppe.
GDB: Ecco.
IB: Parché lori i stava a in Sdobba.
GDB: Ah ecco.
IB: I stava a Grado, i Facchinetti i è de Grado, me nonna iera Facchinetti, e la me contava de so papà mia nonna.
GDB: E mi,e so bepi sul, ‘l beche pescador là ‘l me contava de mio nono, che mi no l’ho conssuo mio nonno, iera in Afghanistan, no.
IB: Sì, sì, ma anca mi quel.
GDB: Alora ‘l passava.
IB: To nono me contava me papà.
GDB: Lungo el canal Valentinis, che era gente che la ‘ndava a pescar o tognar là, e lui ghe diseva ‘No, no se pol star qua, dové ‘ndar lavorar’, perché iera tante fabbrichette a Monfalcon, e i ‘ndava là, ‘ndava a lavo, lavorar, i li mandava a lavorar sotto l’Austria.
IB: So nono ‘l iera de Grado, fin a Duin ‘l g’era.
GDB: Sì, sì, ‘veva un bel.
IB: Tocco de, de vardar insomma.
GDB: E dopo se.
IB: In quei anni, ma era prima dela guera.
GDB: E dopo mi g’vevo dei zii, che no go cono, qualchidun zia no go conossù, e l’era anca [unclear]
IB: Sì, ma to bisnona la iera lì cun ti.
GDB: Le cose che mi ricordo di mia nona, che mi con mia nona, nel ’42, quei anni lì, andaimo, ela no la podeva caminar, ‘ndaimo co’ la carrozza ongi mese a cior la pension de l’Austria in Banca d’Italia, se ‘ndava, quei anni lì; e perché poi mandava ben l’Austria, pagava ben i suoi ex, no.
PC: Mi g’avesse ancora una domanda per lei, Guido, [background noise] come la se sente a esser stado bersaglio de qualchidun?
GDB: Scioccante, sé un trauma che l’è dificile cancelar, perché sé, sé robe, par impossibile che certa gente ga de accanirse magari anche contro dei putei giovani cussì, perché iera una, una stazion così de, de, che fossì sta in piena guera, ma mitragliar, i te vedi sti piloti che i te mitraglia co’ sti, sti.
IB: Ehh iera guera.
GDB: Ma, ma, ma, chi, chi chi.
IB: Lori no i saveva cos’ che iera.
GDB: Eh va ben, ma veder sti piloti co’ sti ociai cussì, che i vignìa zo in picchiata, e queste bocche ‘ tututututu’, e sganciava le bombe lì. Mio nono, che ha fatto un otto, dieci buse perché confinava con la ferrovia, no.
IB: Ma te vedi anche ‘desso.
GDB: Mio nono, co’ la carriola, da solo, i le ga stropade, sa?, mio nono, pian pian, pian pian, pian pian, col badil, sa?, cola pala, ecco, la grande costanza.
IB: Sì ma anca quel sarà [inclear] stropà tut.
GDB: No, no iera le ruspe quel’anno, col tut va a ciapr su che iera, ste bombe, buse de, mi me ricordo, go vue ‘nche, ecco. E i miei nonni quando che s’era in fin i ga dito che, semo rivai casa, che semo toradi de ritorno.
IB: Te sa cos’ che iera.
GDB: I pensava che ierimo tut morti, completamente morti, perché tut quel disastro che iera.
IB: Noi qua a Monfalcon anca semo vissudi un poco rubando il sal alla Solvay, o sui cari, o sui treni, che se saltava sui treni a cior carbon quando che i se fermava qua al semafero, se butava zo carbon o, se iera quei de sal, se ‘ndava su coi sacchetti, se impiniva de sal e dopo te lo vendevi, te ‘ndavi a ciapar pa’ roba, par ciò che i te dai la farina, ai contadini, qua a Monfalcon no iera niente, alora se ‘ndava in Friul, là, cul sal e te vivevi cussì, no.
GDB: Vigniva le navi de sal al porto, e rimaneva sula banchina tanto sal, e i ‘ndeva.
IB: Sì, ma anche, ma noi ‘ndeimo anca de note, de note cu’ me nono, te ghe davi ai fassisti, te ghe davi un do lire,i te lassava ‘ndar dentro, te ‘ndavi in scogliera, te impinivi un sac e te portava un, do, tre sacchi e dopo te li mettea, noi g’eimo i casoni, no, al porto qua, a Porto Rosegai.
GDB: In Friuli ifa bisogno del sal, per copar i maiali.
IB: Sì eh, lori par copar i porchi, una roba o l’altra voleva ‘l sal, iera come l’oro ‘l sal, e lori no i dava roba de magnar.
GDB: Ecco, ora contando ste robe qua, attualmente, anche mi go i nipoti, ne go un de unidici anni, un de sei, ma no ghe interessa niente, no sé più una volta ‘lora disea ‘Fin che quando i noni non raccontano, no, e i giovani non ascoltano.
IB: Cossa seo [unclear].
GDB: Termina tutta la storia, no’, per questo son triste mi anche, vedo mi ormai go quela età che go, no go nessuna ambission de viver, sa? Dopo go anche un fìo disabile che, povero, che ‘l ga cinquantaquatro anni, sa, tanti anni ad accudirlo e a farghe tutto.
IB: Finimo?
GDB: Sì, ‘peta ‘desso che te concludo ‘l mio percorso, Dio, son rivà a questa età qua, che no go nissuna più prospettiva, neanche speranza in un futuro migliore perché vedo che ‘l mondo va, sta andando a rotoli, sa, no sé nissun, nissun, sé ingestibile ‘l mondo ormai, per questo, ecco. E mi ringrazio ‘l signor Pietro Comisso.
PC: Mi ve ringrazio a voi.
GDB: Sì.
PC: Che sé stada una intervista meravigliosa.
GDB: No.
PC: Mi ve ringrazio per la testimonianza e per le tante robe che me g’avé.
GDB: Dei piccoli aneddoti flash, ecco, della vita nostra.
PC: Ve ringrazio infinitamente.
IB: Ti tira fora quel, quel che te par ben.
GDB: Ecco.
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Title
A name given to the resource
Interview with Guido Di Blas and Ilario Bolletti
Subject
The topic of the resource
World War (1939-1945)
Projectiles, Aerial
Creator
An entity primarily responsible for making the resource
Pietro Commisso
Date
A point or period of time associated with an event in the lifecycle of the resource
2016-08-26
Contributor
An entity responsible for making contributions to the resource
Marco Dalla Bona
Format
The file format, physical medium, or dimensions of the resource
00:29:08 audio recording
Language
A language of the resource
ita
Spatial Coverage
Spatial characteristics of the resource.
Italy
Italy--Monfalcone
Identifier
An unambiguous reference to the resource within a given context
ABollettiI-diBlasG160826
Publisher
An entity responsible for making the resource available
IBCC Digital Archive
Rights
Information about rights held in and over the resource
This content is available under a CC BY-NC 4.0 International license (Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0). It has been published ‘as is’ and may contain inaccuracies or culturally inappropriate references that do not necessarily reflect the official policy or position of the University of Lincoln or the International Bomber Command Centre. For more information, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/ and https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/legal.
Type
The nature or genre of the resource
Sound
Description
An account of the resource
Guido Di Blas and Ilario Bolletti recount wartime memories associated with the town of Monfalcone and the surrounding area. Describes a severe night of bombing stressing the ominous sight of target indicators and loud explosions; recalls the massive loss of life when local children who were gathered to watch a magician's show, found themselves under attack. Recounts the appalling sight of many corpses placed in improvised morgues. Describes local shelters, some being modified First World War structures. Recollects a bomber being shot down and the stir caused by the sight of a black airman; remembers the strafing of a railway station when the aircraft was so close he could clearly see the pilot. Mentions various wartime stories: conscription dodgers trying to escape roundups, reprisals, the ominous presence of "Pippo", and a German armoured train opening fire. Recollects how people tried to get by and circumvent rationing: electrical supply by tapping overhead power lines, pilfering supplies from goods trains, bribing Fascist officers to make them turn a blind eye, trading stolen salt for flour. Describes post-war hardships when they salvaged shell cases and metal splinters for their scrap value, and mentions improvised pyrotechnic devices made with explosives taken from live ammunition. Recalls people injured or killed by improper handling of live shells. Reflects on the legitimacy of attacking non-military targets and the feeling of hopelessness this created. In the photograph, Guido Di Blas is on the left and Ilario Bolletti is on the right.
Coverage
The spatial or temporal topic of the resource, the spatial applicability of the resource, or the jurisdiction under which the resource is relevant
Civilian
bombing
childhood in wartime
fear
home front
perception of bombing war
Pippo
Resistance
round-up
shelter
strafing
target indicator
-
https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/files/original/43/330/APonteL160901.1.mp3
5e47022f1e6e918b61fc5ca3e3069b19
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Title
A name given to the resource
Ponte, Livio
Description
An account of the resource
One oral history interview with Livio Ponte who recollects his wartime experiences in Monfalcone.
The collection was catalogued by IBCC Digital Archive staff.
Publisher
An entity responsible for making the resource available
IBCC Digital Archive
Rights
Information about rights held in and over the resource
This content is available under a CC BY-NC 4.0 International license (Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0). It has been published ‘as is’ and may contain inaccuracies or culturally inappropriate references that do not necessarily reflect the official policy or position of the University of Lincoln or the International Bomber Command Centre. For more information, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/ and https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/legal.
Identifier
An unambiguous reference to the resource within a given context
Ponte, L
Date
A point or period of time associated with an event in the lifecycle of the resource
2016-09-01
Transcribed audio recording
A resource consisting primarily of recorded human voice.
Transcription
Text transcribed from audio recording or document
PC: Livio mi racconti eeeh quello che è il suo primo ricordo, la prima cosa che le viene in mente se le parlo dei bombardamenti aerei.
LP: Allora la prima cosa mi ricordo il rifugio di Monfalcone che era diciamo dov’è la piazza adesso e finiva attraverso la Monte circa mezzo chilometro, non è vero? Era come dire, una grande, come una galleria che era, che era tutta in cemento armato e lì durante gli allarmi delle, delle sirene quando c’è venivano gli apparecchi o anche passavano che comunque avvisavano, no? E si andava tutti in rifugio. Oppure ero ragazzino e anche che correvo bene, e andavo sulla Monte, sulla Monte, nella Monte che poi l’avevo già esplorata prima ancora, no? Perché la conoscevo come le mie tasche, si aveva trovato lavoro [?], una caverna, bella e l’abbiamo addobbata, se così si può dire, come rifugio, e ogni volta che veniva questi allarmi io andavo con mio fratello o qualcun altro in queste grotte, no? e magari i miei genitori andavano nel rifugio, no? Che poi era vicino ma in genere si passava per il sottopassaggio che c’è ancora però dopo c’era, mi ricordo, avevano scavato una grande fossa, non è vero? E poi avevano fatto una strada che portava appunto all’uscita o all’entrata come che si vuole, di questo rifugio, che si congiungeva con questa parte qui. E praticamente io mi ricordo che ero a San Michele che giocavo e quando venivano gli allarmi anche di giorno, con la paura si andava veloci come gazzelle, non è vero? In questi rifugi, no? Già d’accordo con i miei genitori che loro pensavano a loro e io pensavo a me, non è vero? E così diverse volte, anche d’inverno, anche di notte alle volte ho voluto portare anche i miei genitori perché avevamo messo a posto la caverna, era bella anche e siccome alle volte durava, durava parecchio tempo l’allarme, si portava via qualcosa chi di leggere, se c’era una torcia oppure si parlava, si discuteva così. E poi quando era terminato freddo caldo che sia la stagione, si tornava a casa, ricordo che c’erano momenti di grande trepidazione, di grande paura perché io sono per natura sensibile e, e sono pigro e dormo molto, dormo molto, succede che suonava l’allarme in piena notte, mia moglie, mia mamma mi chiamava e io nella confusione non sapevo neanche quello, e correvo come una gazzella, la, perché mi diceva mia madre ‘Vai avanti intanto tu’ perché mia madre aveva anche una bambina piccola che doveva accudire no? E così si passava il tempo, quando andavo nella galleria guardavo, la galleria era bella eh, anche illuminata, grande, capiente e aveva dei, stanze, noi dicevamo come dei bunker no? Che vedevamo militari specie tedeschi e noi si, si stava attenti come si doveva parlare che con quelli là non si scherzava tanto, no? E lì si era accucciati alle pareti, no chi aveva qualche scanietto, secondo il momento l’ora così, e così tutti in questi anni abbiamo fatto appunto queste, queste, queste cose, no? Io ho visto alle volte ci son stati dei bombardamenti a ore abbastanza chiare e, e correvo su per il monte e dall’alto vedevo le fortezze volanti che buttavano giù delle bombe no? Però in genere qualche bomba, non so se per fatalità è caduta proprio sulla bocca, dov’è la piazza adesso no? E meno male perché il rifugio era fatto anche con intelligenza, aveva cemento armato, grande così poi spesso, non è vero? E, ed era lungo un quattro metri più o meno o cinque cioè con tutta la bocca, la bocca del rifugio, però poi aveva un secondo, secondo come dire muro di cemento armato che quello era importante perché attenuava il colpo d’aria no, e insomma eeeh o se si sentiva i, le bombe i colpi [coughs] e quand’era finito, e quand’era finito non è vero? Si venivan le sirene e si lasciava andare. Io ricordo che quando è stato quel bombardamento, il peggiore loro tendeva, tendevano a bombardare cantiere, perché in cantiere costruivano cose anche di guerra, no insomma guerra, guerra è guerra, grazie.
LP: Ecco, e dunque io ero come chierichetto non è vero? E mi chiamavano, io e anche altri ragazzini, a portare la croce la parola, non è vero? E se ci hanno portato all’albergo degli operai ed erano distrutti, quello che ha colpito che poi un po’ si rideva anche, c’era un uomo particolare che lo chiamavano adesso non so un nome un po’ spregiativo no? Eeeh che lui ubriaco fradicio non aveva bevuto niente mente i suoi compagni che erano là vicino sono quasi morti tutti perché sono stati mi pare un ventitré ventiquattro o ventinove decessi, morti, no? E dopo ci sono stati ancora non tanti bombardamenti no, però venivano spesso a, probabilmente a fotografare erano, e lo chiamavano il Pippo, Pippo non è vero? E e quando che veniva, veniva lo stesso messo l’allarme e tutti nel rifugio e io secondo i tempi, andavo sulla rocca, anche di sera perché con mio fratello, perché eravamo, conoscevamo la rocca come le nostre mani, tasche, no? Eeeh cosa devo dire molto? Poi quando quando ne [?] veniva il ricordo, c’erano i soldati che si stava attenti di evitarli possibilmente perché si aveva paura praticamente, perché c’erano i tedeschi praticamente e, e tutti e le, e questi erano severi e ricordo che quando, quando marciavano o erano in fila o erano in diverse squadre si aveva proprio un po’ di paura almeno noi ragazzini in particolare ma so che tutta la gente cercava di evitare. Praticamente si viveva un po’ con la paura e si viveva come si poteva a quei tempi. Nel frattempo anche in certi periodo specie d’estate quando avevamo le vacanze della scuola, della scuola andavo dai miei nonni perché in Friuli per essere più tranquillo ma anche là le cose non erano tanto esatte perché a Udine avevano, anche là, era un punto di osservazione, no? E, e mi ricordo che mia madre aveva affittato un appartamentino in un paesetto accanto, siccome i miei nonni erano, avevano, erano pieni di generi, cioè il figlio si sposava e portavano in casa la moglie, nascevano i figli insomma erano in tanti, erano in venti, venticinque, no? E non c’era spazio e allora aveva affittato un appartamentino e là veniva, veniva ogni tanto, non so mia madre aveva fatto conoscenza, no? Paesetto piccolo, no? Con un soldato tedesco, no? Che gentilmente ci portava qualche aiuto economico, no? Perché il mangiare era piuttosto, un po’ ridotto, no? E, e ricordo che mentre a volte parlavano mia madre si faceva delle domande a questo a questo tedesco e lui le diceva ‘Che resti fra di noi signora perché se va fuori vengo fucilato, ma Hitler non è vero? Eeeh sta rovinando la Germania’ insomma era contrario, no? Mi ricordo di questi casi qua, e poi anche là ci sono state, arrivati i tedeschi erano un po’ dappertutto erano, erano, erano anche molto attenti così, poi anche sono stato sfollato anche qui vicino a.
CB: A Muraro.
LP: Dove?
CB: Muraro.
LP: A Muraro sì. Che è vicino Gradisca, Sagrado, no Gradisca, no? E lì mi ricordo che c’erano anche lì gli allarmi e una volta hanno abbattuto l’antiaerea un apparecchio e tutti andavano a vedere dove, son andato anche io che ero ragazzino, no? E l’apparecchio, è morto il pilota, e l’apparecchio che aveva divelto dei dei dei fili dell’alta tensione, e un uomo mi ha dato un colpo in testa che mi fa ancora male e mi ha detto ‘Va via di qua, no te vedi che se te lo tocchi te resti fulminà!’. Mi ricordo, era, l’ho ringraziato e dopo via dritto, non è vero? E così man mano che dopo si avvicinava il tempo di di tornare a scuola, si tornava a scuola però in questo frattempo, no? Se eravamo a scuola o non a scuola si doveva andare il sabato fascista a fare la ginnastica, era un po’ seccante però penso che abbia fatto del bene, ecco l’unica roba. Poi si faceva gli esami della ginnastica tutti insieme in certe giornate, tutte le classi nella nella, dove si gioca a calcio, no?
PC: Ho una domanda a farle, prima mi parlava eeeh del bombardamento quello che c’è stato a Panzano che ha colpito l’albergo operai e mi parlava della croce e della processione.
LP: Si.
PC: Cosa è successo quel giorno se posso chiederle?
LP: Sì, beh piano [?], era una confusione, perché era un sacco di gente, un sacco di personalità, no? E ricordo che erano dei camion e mettevano le bare sul camion e dopo le portavano al cimitero e e qui, lì erano un andare e vieni delle autorità che guardavano il fabbricato e parlavano eh ma più di tanto, di questo, eravamo un po’ a, a, io portavo la croce, no? Mi dicevano ‘Stai fermo qua’ e io dovevo eeeh sì e poi quando c’era il funerale e allora si andava, no? E così, mi ricordo che era una valanga di gente e, ed era tutta sì un trambusto, una confusione, mi ricorda un po’ il terremoto, il terremoto, non è vero? Perché c’erano feriti, c’erano come dicevo morti, no? E anche c’era tutti questi operai anche scioccati e insomma non è che sia poco. Poi sono stati altri bombardamenti per buttare giù le gru anche, perché insomma per evitare, ci sono stati mi pare un tre, tre bombardamenti, no? Però quello che ha fatto più disastro è stato quello là, no? Dopo il resto hanno qualche bomba è caduta in periferia e come dicevo una bomba se loro dicono per sbaglio, no? È caduta lì vicino che ha fatto un un bel tiro però ha retto il muro di di difesa, no? Perché lì erano tutte villette fra cui c’era Bratina, Bratina che è morto mi ricordo da non molto, Franco, i miei amici, Valentino, no? E dopo i suoi genitori aveva una sorella e avevano una oreficeria che ce l’hanno ancora, mi pare che la gestisca la figlia, no’
PC: Avrei ancora un’ultimissima domanda proprio, eeeh sempre proprio riguardante la galleria rifugio, perché lei mi ha raccontato quando andavate nella galleria che avevate scavato voi, avevate trovato il rifugio sul Carso.
LP: Era a gomito, a gomito.
PC: Quando andavate.
LP: Io vedevo dentro portavano anche bombe, e bombe, cioè bombe, le accatastavano là, insomma si era anche un po’ preoccupati, si diceva, no? Almeno, allora dopo in seguito si vede che hanno fatto lamentela, hanno fatto, l’hanno messo in una specie di stanza così perché insomma, bombe fuori, bombe dentro, no? Non è che sia l’ideale, ecco e c’erano i tedeschi c’erano le, anche le nostre guardie però di chi sia aveva più paura e oppure si era molto attenti era per tenersi perché noi eravamo ben visti, sì, e so che puntavano a buttar giù le le quelle navi che stavano costruendo ma anche costruivano sommergibili e anche apparecchi per guerra, eeeh, eeeh.
PC: D’accordo.
LP: Eeeh altro no perché il resto si svolgeva la vita, si stava più alla larga possibile da queste cose no? Però quando capitava dovevi eri dentro, in particolare eravamo spesso disturbati dagli allarmi magari passavano, passavano sopra se li vedeva erano alti dico dicevano dieci mila metri le fortezze volanti e allora si diceva ‘Beh meno male che vanno oltre’ no? Perché e questi di giorno no? Però quando suonava l’allarme tutti si correva noi, io andavo spesso sulla rocca perché dall’alto vedevo vedevo anche il cantiere.
PC: D’accordo io la ringrazio per l’intervista.
LP: Prego, eh di cosa.
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Description
An account of the resource
Livio Ponte remembers his wartime life in Monfalcone. He describes the frightening moments when the alarm sounded, usually at night and people rushed to the shelters for safety. He mentions different attitudes: his parents going to a shelter whereas he and his brother preferred to go to the castle, where a natural cave had been adapted. He mentions pastimes and daily life under the bombs, how "Pippo" used to fly over Monfalcone and recollects people in constant fear of the Germans. He mentions a German soldier who said Hitler was a national disgrace for Germany. He describes how he used to spend school holidays at his grandparents place at Aris, a village in rural Friuli, because it was supposed to be a safer place. He describes a shot-down aircraft.
Creator
An entity primarily responsible for making the resource
Pietro Commisso
Publisher
An entity responsible for making the resource available
IBCC Digital Archive
Date
A point or period of time associated with an event in the lifecycle of the resource
2016-09-01
Contributor
An entity responsible for making contributions to the resource
Francesca Campani
Rights
Information about rights held in and over the resource
This content is available under a CC BY-NC 4.0 International license (Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0). It has been published ‘as is’ and may contain inaccuracies or culturally inappropriate references that do not necessarily reflect the official policy or position of the University of Lincoln or the International Bomber Command Centre. For more information, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/ and https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/legal.
Format
The file format, physical medium, or dimensions of the resource
00:24:34 audio recording
Language
A language of the resource
ita
Identifier
An unambiguous reference to the resource within a given context
APonteL160901
Spatial Coverage
Spatial characteristics of the resource.
Italy
Italy--Rivignano
Italy--Monfalcone
Title
A name given to the resource
Interview with Livio Ponte
Subject
The topic of the resource
World War (1939-1945)
Bombing, Aerial
Type
The nature or genre of the resource
Sound
Coverage
The spatial or temporal topic of the resource, the spatial applicability of the resource, or the jurisdiction under which the resource is relevant
Civilian
bombing
childhood in wartime
civil defence
evacuation
fear
home front
Pippo
shelter
shot down
-
https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/files/original/46/400/ACommissoM161028.2.mp3
0fd58164789c1667fe2ee2f1c970a722
Dublin Core
The Dublin Core metadata element set is common to all Omeka records, including items, files, and collections. For more information see, http://dublincore.org/documents/dces/.
Title
A name given to the resource
Commisso, Mario
Mario Commisso
M Commisso
Description
An account of the resource
One oral history interview with Mario Commisso who recollects his wartime experiences in the Codroipo area.
The collection was catalogued by IBCC Digital Archive staff.
Format
The file format, physical medium, or dimensions of the resource
This content is available under a CC BY-NC 4.0 International license (Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0). It has been published ‘as is’ and may contain inaccuracies or culturally inappropriate references that do not necessarily reflect the official policy or position of the University of Lincoln or the International Bomber Command Centre. For more information, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/ and https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/legal.
Identifier
An unambiguous reference to the resource within a given context
Commisso, M
Transcribed audio recording
A resource consisting primarily of recorded human voice.
Transcription
Text transcribed from audio recording or document
PC: Sono Pietro Comisso e sto per intervistare Mario Comisso. Siamo a Monfalcone, è il 28 ottobre 2016. Grazie Mario per aver permesso questa intervista. La sua intervista registrata diventerà parte dell’archivio digitale dell’International Bomber Command Centre, gestito dall’Università di Lincoln e finanziato dall’Heritage Lottery Fund. Prima di cominciare, la prego di rispondere alle seguenti domande, in modo da essere certi che questa intervista venga registrata secondo i suoi desideri nonché in accordo con le condizioni poste dai nostri finanziatori. È d’accordo che la sua intervista sia conservata in perpetuo come documento liberamente accessibile al pubblico da usarsi per mostre, attività di ricerca, istruzione, nonché come risorsa online?
MC: Sì.
PC: Sia resa possibile, sia resa disponibile al pubblico mediante una licenza Creative Commons attribuzione non commerciale, indicata come CC-BY-NC il che significa che non potrà essere usata a scopi commerciali?
MC: Sì.
PC: Sia attribuita a lei?
MC: Sì.
PC: Acconsente a concedere all’università il copyright del suo contributo per l’impiego sotto qualsiasi forma ed è consapevole che ciò non preclude il suo diritto morale ad essere identificato come esecutrice ai sensi del copyright, design and patents act del 1988?
MC: Va, va bene.
PC: Acconsente di essere fotografata per il Bomber Command Digital Archive?
MC: No.
PC: Bene, possiamo cominciare. Mario, se ti parlo dei bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale, qual è il primo ricordo che ti viene in mente?
MC: Il primo ricordo è quello della notte del 28 febbraio 1900 e 41, la notte in cui mio fratello è nato e il gran bombardamento alleato; l’antiaerea tedesca si batteva contro, contro gli aerei, sì, loro passavano, passavano andando forse in Germania e no, noi eravamo lì e la contraerea tedesca stavo, stava difendendosi come poteva; poi, poi altre, altri bombardamenti erano sempre quelli, che gli aerei alleati passavano sopra di noi e che andavano sempre in Germania, ed era i grandi combattimenti della Luftwaffe di Messerschmitt contro gli aerei da bombardamento alleati. Ricordo che piovevano schegge, pezzi di ferro, bossoli, robe, eccetera eccetera; poi la notte venivano bombardare la ferrovia di Codroipo, la stazione di Codroipo, la ferrovia da Codroipo a Udine; durante la notte, poi, gli operai andavano a riparare tutte queste robe; poi la notte era il famoso “Pippo”, che veniva per ricognizioni o qualche volta sganciava qualche bomba; la resistenza italiana li segnalava con i razzi: qualche volta sbagliavano il tiro e Pippo lasciava qualche bomba sul campanile o sulla chiesa della Madonna di Rivolto; poi altri bombardamenti sulla pista creata dalla Lu, dalla, dalla i tedeschi, dove ora ha sede la pattuglia acrobatica italiana. Su tutta la pista, circonvallazione della pista centrale, avevano, ‘vevano costruito i box per nascondere gli aerei, dunque: i bombardamenti a tappeto con spezzoni, attaccati a due tubi, che si trovavano poi, eccetera eccetera; durante tutto il resto della guerra son stati bombardamenti nel vicinato, aerei che non potevano, sì, aerei caccia, i caccia Spit, Spitfire, che qualche volta non potevano sganciar la bomba sulla stazione, allora cercavon da fare il loro possibile per non sganciarla sulla popolazione, ma nei campi, onde facevano buchi tremendi. Poi, gli alleati arrivarono e i tedeschi se ne sono ‘ndati, e hanno lasciato molte munizioni sulle piste, nei, nei canali, eccetera, eccetera; son stati da, noi si andava a recuperare questi, queste munizioni di, di ferro e di ottone, e poi si vendeva, era’amo bambini, gente, gente che al dopoguerra avevamo un po’ bisogno, poi, poi gli allea, gli inglesi specialmente facevan scoppiare tutte questi resti di bombe, poi pallottole mitragliatrici, pallo, pallottole da cannone, e dopo noi si andava ancora a recuperare per venderle per guadagnare qualche soldo, no. Durante tutto questo periodo noi ragazzini si dis, si doveva disimpegnare per, per raccattare un po’ di soldi per vivere insomma. Questi periodi della guerra piuttosto duri e tristi stanno rivivendo in noi ancora, se questo può fare del bene alla società e alla storia siam ben felici.
PC: Una domanda Mario.
MC: Sì.
PC: Tu praticamente vivevi.
MC: Eh.
PC: Eri un ragazzino, avevi.
PC: Undici, dodici anni.
MC: Io allora, allora avevo da, avevo dieci, undici e dodici anni, dieci, undici e dodici anni.
PC: E vivevi vicino a un grande aeroporto militare.
MC: Gran, grande aeroporto, come già detto, ora siede la Pattuglia Acrobatica Italiana, la PAM [PAN], e dunque lì i bombardamenti e le battaglie, sia alleate sia della resistenza partigiana, eccetera eccetera erano quotidiane, no, si viveva quei giorni lì così anche senza tanta paura perché eravamo troppo giovani per aver paura, no.
PC: Ma gli allarmi erano frequenti?
MC: Ehh [emphasis] gli allarmi erano specialmente la notte, sì, e poi il giorno si vedeva passare le pattuglie di, di aerei da bombardamento ‘lleati, che andavano sempre in Germania, ma insommanon bombardavano da noi, solo passavano per andare verso la Germania , no; ‘peta, sì, tutto lì, a parte i bombardamenti qualche aereo, qualche aereo, ma poca roba, che cadeva, no, sotto i colpi delle mitragliatrici dei Messerschmitt tedeschi. Dopo, poi, è stato il momento dell’armistizio, ché l’Italia ha chiesto l’armistizio. Gli alleati, allora la, i tedeschi ci hanno reso un po’ la vita difficile, lì dopo la disfatta dell’esercito italiano si trovamo munizioni dappertutto, come ripeto, e poi sono state anche casi di feriti e morti, ragazzi di dieci dodici anni, perché andavano a prendere queste munizione e poi le trattavano poco bene, insomma cercavano di smontarle, e succedevano che sono stati morti insomma, tre [emphasis], che io conosca. Altri bombardamenti: sì, hanno bombardato la stazione di Codroipo quella volta che erano, qualche, qualche ca, qualche vagone munizione, polvere eccetera, eccetera ed è stata dura, ed ha molt, ha molt, ci ha fatto molto paura perché l’esplosione erano molto dure, molto alte, molto fuoco, eccetera; e pezzi di, pezzi di ferro della stazione cadevano anche a un chilometro lontano della stazione, no, tutto questo, tutto questo ehhh, questa storia [emphasis] insomma ci rendeva un po’ la vita difficile. Poi liberazione, il mese di settembre, gli alleati sono arrivati e abbiamo avuto un po’ di pace; si cercava di disimpegnarsi guadagnando un po’ la vita col resto delle armi che avevan lasciato i tedeschi.
PC: Tu mi hai parlato della nascita di tuo fratello il giorno di un bombardamento.
MC: La notte di un grande bombardamento, sì!
PC: Cosa ricordi di quella sera?
MC: Molte, molti tuoni, molto fuoco, molt, molta paura perché era il primo, e insomma rimane come ricordo quello della nascita di mio fratello, quello dei primi bombardamenti e della contraerea tedesca, che non era distante poi, era a cinquecento metri dalla nostra abitazione, no, dunque in famiglia la paura era abbastanza grossa, ehm.
PC: Faccio ancora una domanda: sempre parlando di tutti questo grande quantitativo di materiale che si trovavano in giro, questi spezzoni che cadevano, questi.
MC: Sì, eh. Poi, poi anche munizioni che avevano lasciato l’esercito italiano, quando è stato chiesto l’armistizio tutti i soldati lasciavano le armi eccetera, no, nei campi, nelle robe, nei corsi d’acqua e anche sulla famosa pista, non la pista di lancio ma la pista di circonvallazione dove erano stati costruiti i box de, per i rifugi degli aerei tedeschi, dunque poi alla disfatta hanno lasciato tutto; anzi, avevan anche cominciato, la pista di lancio era stata minata, avevan fatto dei buchi e messo delle mine dentro, che hanno cominciato a far saltare il momento della Liberazione, quando i partigiani poi avevan preso quei quattro tedeschi che rimanevano per evitare insomma disagi alla gente, poi, abbiam anche trovato dei carri, dei carri che avevano abbandonato verso Passariano, Sede dei Do, dei Dogi, che anche lì i carristi della caserma di Codroipo li avevan lasciati e noi si andava a smontare pezzi, robe, eccetera, le bie, le sfere per giocare, eccetera eccetera, no, e poi le ruote e poi i grandi, invece loro, smontavano pezzi più grandi, più grossi, no; noi eravamo lì per prendere qualche coperta, magari qualche cappotto militare per i giovani eccetera. Si sbarcava il lunario in questa maniera, no. Tutti i ricordi della nostra gioventù.
PC: Bene Mario, io ti ringrazio moltissimo per l’intervista! Questo qui è un pezzo di storia che verrà conservato.
MC:E io, mi ha fatto molto piacere. Pietro Comisso è un caro ragazzo che merita gli elogi.
PC: Grazie.
Dublin Core
The Dublin Core metadata element set is common to all Omeka records, including items, files, and collections. For more information see, http://dublincore.org/documents/dces/.
Title
A name given to the resource
Interview with Mario Commisso
Subject
The topic of the resource
World War (1939-1945)
Bombing, Aerial
Description
An account of the resource
Mario Commisso remembers his early years when he lived in the Codroipo area, close to the Rivolto air base. Describes his brother being born on 28 February 1941 during a severe bombing raid during which the bombers were attacked by anti-aircraft fire and German fighters. Describes how "Pippo" was guided with the help of ground signals lit by the partisans, sometimes with tragic results. Describes how civilians salvaged scrap metal and mentions acquaintances who died when mishandling live ammunition. Recalls a big explosion at the Codroipo railway station and Spitfires dropping bombs on open fields, trying not to hit civilian buildings. Recalls stories about the end of the war: how the Rivolto air base had been prepared for demolition and abandoned tanks at Passariano being disassembled by adults while youngsters were salvaging clothing, blankets and ball bearings.
Creator
An entity primarily responsible for making the resource
Pietro Commisso
Date
A point or period of time associated with an event in the lifecycle of the resource
2016-10-28
Format
The file format, physical medium, or dimensions of the resource
00:12:59 audio recording
Language
A language of the resource
ita
Spatial Coverage
Spatial characteristics of the resource.
Italy--Codroipo
Italy
Temporal Coverage
Temporal characteristics of the resource.
1941-02-28
Publisher
An entity responsible for making the resource available
IBCC Digital Archive
Contributor
An entity responsible for making contributions to the resource
Marco Dalla Bona
Identifier
An unambiguous reference to the resource within a given context
ACommissoM161028
Rights
Information about rights held in and over the resource
This content is available under a CC BY-NC 4.0 International license (Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0). It has been published ‘as is’ and may contain inaccuracies or culturally inappropriate references that do not necessarily reflect the official policy or position of the University of Lincoln or the International Bomber Command Centre. For more information, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/ and https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/legal.
Type
The nature or genre of the resource
Sound
Coverage
The spatial or temporal topic of the resource, the spatial applicability of the resource, or the jurisdiction under which the resource is relevant
Civilian
anti-aircraft fire
bombing
childhood in wartime
home front
Pippo
Resistance
Spitfire
-
https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/files/original/54/414/AMiniussiM161010.1.mp3
8c273ab60ea0ab39e6313b4151d4de5c
Dublin Core
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Title
A name given to the resource
Miniussi, Mario
Mario Miniussi
M Miniussi
Description
An account of the resource
One oral history interview with Mario Miniussi, who reminisces his wartime experiences in the Monfalcone area.
The collection was catalogued by IBCC Digital Archive staff.
Publisher
An entity responsible for making the resource available
IBCC Digital Archive
Identifier
An unambiguous reference to the resource within a given context
Miniussi, M
Date
A point or period of time associated with an event in the lifecycle of the resource
2016-10-10
Rights
Information about rights held in and over the resource
This content is available under a CC BY-NC 4.0 International license (Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0). It has been published ‘as is’ and may contain inaccuracies or culturally inappropriate references that do not necessarily reflect the official policy or position of the University of Lincoln or the International Bomber Command Centre. For more information, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/ and https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/legal.
Transcribed audio recording
A resource consisting primarily of recorded human voice.
Transcription
Text transcribed from audio recording or document
PC: Sono Pietro Comisso e sto per intervistare Mario Miniussi. Siamo a Monfalcone. E’ il 10 ottobre 2016. Grazie Mario per aver permesso questa intervista. La sua intervista registrata diventerà parte dall Archivio Digitale dell’International Bomber Command Centre, gestito dall’Università di Lincoln e finanziato dall’Heritage Lottery Fund. Prima di cominciare, la prego di voler rispondere alle seguenti domande, in modo da essere certi che questa intervista venga registrata secondo i suoi desideri nonchè in accordo con le condizioni poste dai nostri finanziatori. È d’accordo che la sua intervista sia conservata in perpetuo come documento liberamente accessibile al pubblico, da usarsi per mostre, attività di ricerca, istruzione nonché come risorsa on-line?
MM: Sì
PC: Sia resa disponibile al pubblico mediante una licenza Creative Commons “Attribuzione - Non commerciale” indicata come CC BY-NC, il che significa che non potrà essere usata a scopi commerciali?
MM: Sì
PC: Sia attribuita a lei?
MM: Sì
PC: Acconsente a concedere all’Università il copyright del suo contributo per l’impiego sotto qualsiasi forma ed è consapevole che ciò non preclude il suo diritto morale ad essere identificato come esecutore ai sensi del Copyright, Design and Patents Act del 1988?
MM: Sì, accetto.
PC: Acconsente di essere fotografata/o per il Bomber Command Digital Archive?
MM: Sì
PC: Grazie, possiamo cominciare! Mario, se le parlo dei bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale, qual è la prima cosa, il primo pensiero che le viene in mente?
MM: Primo pensiero è, ho assistito al bombardamento del cantiere del 18 marzo 1941 [pause]. Certo ’41 era?
PC: ’44.
MM: ’44
PC: ’44
MM: Mi correggo, ’44.
PC: Va va benissimo.
MM: Ero giovane, avevo dieci anni quei, in quel tempo, e dopo essere stato dai nonni, perché era il giorno di San Giuseppe, e ho un nonno che si chiamava Giuseppe, sono rientrato da Fiumicello, qui vicino, e abito, abitavo a Monfalcone nei pressi del cantiere navale; sono andato a letto, con tutta la mia famiglia, e verso le dieci, così, nove e mezza, dieci, è suonato l’allarme e abbiamo cominciato a sentire dei gran botti, sono uscito, e da casa mia si vedeva, si vedevano le fiamme perché abito appunto vicino il cantiere, della zona del cantiere dove tenevano forti quantitativi di legno, e quindi c’erano delle fiamme altissime, ha illuminato tutto, tutto il cielo [pause]. Poi non, passato questo momento, siamo andati e abbiamo, finita l’allarme, finiti i botti, finito tutto quanto, siamo andati a dormire. Il giorno dopo, quando siamo, che sono uscito con i miei amici, compagni di scuola, siamo andati a vedere un po’ vicino com’era, com’erano le, le situazioni; abbian trovato, in corrispondenza della linea ferroviaria che passava davanti casa mia, una serie di fóri, perché avevano cercato di bombardare la ferrovia; erano sei, sette grandi buchi nel prato vicino, ma molto distante dai fuochi della notte. Quello, questo era un, un ricordo molto, molto forte perché uno non, non pensa di vedere un bom, di assistere a un bombardamento e vedere le conseguenze visive di un foco notturno [pause]. Poi altre, altre cose che mi ricordo dei bombardamenti, soprattutto dei, dell’allarme: quando suonava l’allarme noi eravamo a scuola, suonava, si, ci si metteva assieme e si andava sulla rocca, si assisteva alla, all, agli eventi da lontano; mi ricordo che da là abbiam visto due, tre bombardamenti, perché le volte precedenti si andava in, in una galleria, scavata sotto la rocca, assieme ai ragazzi e lì cosa facevamo? si giocava perché nove, dieci anni avevamo, quindi in gruppo si andava sempre; magari si aspettava che suonasse l’allarme, e dopo ci si metteva d’accordo, si correva in galleria e scherzosamente ci si pitturava prendendo il gesso dalla lavagna della, della classe, si, si faceva qualche disegnetto sulle, sulle mani, o qualche frasetta, qualcosa così. Andando in galleria quando c’erano delle bambine, scherzando, si dava, si segnava qualcosa sulla mano e si dava una pacca sulla spalla, sulla schiena, grande risate perché c’erano questi, restavano i calchi dei delle frasi, delle stupidaggini che si scriveva in mano. Così, per giocare, per passare il dramma della, dei eventuali bombardamenti e le eventuali difficoltà della guerra.
PC: [sighs] Lei mi, mi parla degli allarmi e della galleria, mentre i bambini giocavano all’interno, quindi c’era questa dimensione quasi inconsapevole di quello che succedeva fuori, ma, gli adulti cosa facevano all’interno della galleria-rifugio?
MM: Eh, gli adulti erano lì che chiaccheravano, il più delle volte tra loro, fra amici, fra. No facevano nessuna attività, non era che giocassero a carte o altre cose, chiacchieravano commentando le difficoltà che c’erano nel vivere, di, per vivere, perché c’era molta carestia, non c’era pane, non c’era [pause] possibilità di avere da mangiare, quindi erano pieni di problemi, mentre noi ragazzi i problemi li superavamo giocando, o facendo scherzi, o correndo, andando sui prati, andando in galleria, oppure sul monte a mangiar more. [pause]
PC: Eh, sempre riguardo ai bombardamenti, mi parlavi del bombardamento che ha subito il deposito legname, cosa ti ricordi di quel, di quel frangente lì? Del cielo? La concitazione dell’allarme. Stavate scappando? Avevate un rifugio vicino a casa?
MM: A noi, tutte le volte che suonava l’alarme che eravamo a casa si andava giù in cantina; in cantina aravamo eravamo abbastanza sicuri; venivano anche delle persone che abitavano vicino a noi, che non avevano la cantina, e quindi si andava giù in cantina soprattutto se c’era di notte, o anche di giorno; di giorno soltanto se si sentiva il rumore degli aerei o qualcosa di più pericoloso si scendeva, e se no si restava fuori. E ricordo un’altra volta che ero, così, primo pomeriggio, assieme ai miei amici, che, ragazzi che si giocava attorno, per, vicino ai prati e siamo andati verso Staranzano, verso la periferia e son venuti gli aerei e han fatto un grandissimo bombardamento: ci passavano sopra, e le batterie antiaeree sparavano alla grande contro questi aerei che passavano; e ho avuto anche un po’ di paura perché quando esplodevano le, le scariche antiaeree, e scoppiavano su in cielo, venivano giù le schegge dei proiettili che esplodevano in corrispondenza dei aerei che passavano, eh [laughs] e mi è venuta giù una scheggia a pochi centimetri, ma bella grossa, a pochi centimetri dalla gamba: ho preso un paura [emphasis], ha fatto rumore di, di, di, il fischio che arrivava, e aver questa pezzo di ferro a pochi centimetri dalla gamba, ho detto: ’Guara, mi è andata bene che se no se mi prendeva la gamba me la rompeva’. Questo è stato il punto più, più forte del pericolo che ho avuto, fisico e psicologico dei tempi dei bombardamenti, delle cose.
PC: Ehm, parlando sempre di cose, di cose psicologiche, come, com’è stato il passaggio, diciamo, da una vita quotidiana abbastanza comunque tranquilla, perché Monfalcone fino a che non ha conosciuto il bombardamento aereo la guerra l’aveva conosciuta sotto forma di razionamento del cibo, cose di questo genere, genere qui; la violenza che si è scatenata, come l’avete affrontata? Come l’hai affrontata tu, i tuoi genitori, anche gli altri bambini che conoscevi, che erano i tuoi compagni di scuole, eccetera, eccetera?
MM: Bah, sul primo momento eravamo assai impressionati, tant’è che i miei genitori mi hanno portato dai nonni, come dicevo prima che eravamo, i nonni abitavano in, lontano da Monfalcone, a San Lorenzo di Fiumicello. Ehm, mi hanno portato là per sicurezza, finché io non, non abbia da soffrire, sia la fame che ‘l pericolo dei bombardamenti, delle atrocità delle cose che venivano in Monfalcone. Eh sono stato via per, un anno, un anno e mezzo, e poi sono ritornato a casa, ma non ho patito perché, non avevo la coscienza del pericolo che c’era. Ero giovane, non avevo paura di niente, e per cui si giocava, come dicevo, quando si andava in galleria [chuckles], non era che si tremava di paura, ma si cercava di scherzare con, con le nostre ragazzine, che erano lì dei nostri anni: si scherzava, si giocava, si faceva, non a, non ho ricordo di aver patito, soltanto la paura de quella volta che ho preso questa scheggia a pochi centimetri dala gamba. Eh, il resto i nostri genitori han fatto sempre di tutto perché, per non far pesare la difficoltà economica e che avevamo tutti quanti.
PC: D’accordo Mario, ti ringrazio per la testimonianza. Grazie molte per quello che hai ricordato, che, l’aspetto giocoso, questo strano aspetto giocoso. Grazie mille per, avevi ancora qualcosa da aggiungere?
MM: No, perché dopo, quando è passato il momento dei bombardamenti, poi è finita anche la guerra e abbiamo, ho tanti ricordi di, dei momenti posteriori ai bombardamenti; quando la guerra è finita è stata forte qua l’invasione dei iugoslavi, e la liberazione delle truppe inglesi, scozzesi, e non so altri; gli americani non son venuti qua subito, son venuti dopo e son ‘ndati a Trieste.
PC: D’accordo. Grazie mille Mario!
End of transcription
Dublin Core
The Dublin Core metadata element set is common to all Omeka records, including items, files, and collections. For more information see, http://dublincore.org/documents/dces/.
Title
A name given to the resource
Interview with Mario Miniussi
Subject
The topic of the resource
World War (1939-1945)
Bombing, Aerial
Creator
An entity primarily responsible for making the resource
Pietro Commisso
Date
A point or period of time associated with an event in the lifecycle of the resource
2016-10-10
Contributor
An entity responsible for making contributions to the resource
Marco Dalla Bona
Format
The file format, physical medium, or dimensions of the resource
00:13:18 audio recording
Language
A language of the resource
ita
Identifier
An unambiguous reference to the resource within a given context
AMiniussiM161010
Spatial Coverage
Spatial characteristics of the resource.
Italy
Italy--Staranzano
Italy--Monfalcone
Temporal Coverage
Temporal characteristics of the resource.
1944-03-18
Description
An account of the resource
Mario Miniussi recalls the 18 March 1944 Monfalcone night bombing. He was sleeping when the siren sounded; then he saw the bombs falling on the shipyard among explosions and fires. Remembers how he was normally at school during alarms, so he and his schoolmates had to dash to the castle for cover. Mario describes different attitudes of civilians under the bombs: children were cheerful and played games, while adults preferred to talk. Describes the day an aircraft was hit by anti-aircraft fire and some splinters nearly injured him. Mentions how his parents eventually took him and his brother to their grandparents house at Fiumicello, where they spent one year as evacuees.
Rights
Information about rights held in and over the resource
This content is available under a CC BY-NC 4.0 International license (Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0). It has been published ‘as is’ and may contain inaccuracies or culturally inappropriate references that do not necessarily reflect the official policy or position of the University of Lincoln or the International Bomber Command Centre. For more information, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/ and https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/legal.
Publisher
An entity responsible for making the resource available
IBCC Digital Archive
Type
The nature or genre of the resource
Sound
Coverage
The spatial or temporal topic of the resource, the spatial applicability of the resource, or the jurisdiction under which the resource is relevant
Civilian
anti-aircraft fire
bombing
childhood in wartime
civil defence
evacuation
home front
shelter
shot down
-
https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/files/original/75/741/AVischiS160806.2.mp3
f146537cebbc4a26a77c5a7cf3a43149
Dublin Core
The Dublin Core metadata element set is common to all Omeka records, including items, files, and collections. For more information see, http://dublincore.org/documents/dces/.
Title
A name given to the resource
Vischi, Stefania
Description
An account of the resource
One oral history interview with Stefania Vischi who recollects wartime experiences in the Monfalcone area.
The collection was catalogued by IBCC Digital Archive staff.
Publisher
An entity responsible for making the resource available
IBCC Digital Archive
Date
A point or period of time associated with an event in the lifecycle of the resource
2016-08-06
Format
The file format, physical medium, or dimensions of the resource
This content is available under a CC BY-NC 4.0 International license (Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0). It has been published ‘as is’ and may contain inaccuracies or culturally inappropriate references that do not necessarily reflect the official policy or position of the University of Lincoln or the International Bomber Command Centre. For more information, visit https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/ and https://ibccdigitalarchive.lincoln.ac.uk/omeka/legal.
Identifier
An unambiguous reference to the resource within a given context
Vischi, S
Transcribed audio recording
A resource consisting primarily of recorded human voice.
Transcription
Text transcribed from audio recording or document
PC: Sono Pietro Comisso e sto per intervistare Vischi Silvana, per l’archivio digitale dell’International Bomber Command Center. Siamo a Monfalcone, è il 6 agosto 2016. Grazie Silvana per aver permesso questa intervista. Sono presenti all’intervista Pietro Comisso e Andrea Ferlettich. Prima di cominciare vorrei farle alcune domande per essere sicuro che questa intervista venga registrata come desidera. È d’accordo che la sua intervista venga conservata presso dall’Università di Lincoln, esclusivamente per scopi non commerciali, che l’Università di Lincoln ne abbia il copyright e infine essere liberamente accessibile in qualsiasi formato per mostre, attività di ricerca, istruzione e come risorsa online?
SV: Sì.
PC: È d’accordo che il suo nome venga pubblicamente associato all’intervista?
SV: No me ricordo più, no.
PC: No, sì, sì, sì.
SV: Sì.
PC: È d’accordo ad essere fotografato per l’Archivio Digitale dell’International Bomber Command Center?
SV: No.
PC: Bene. Grazie, possiamo cominciare.
SV: Il ricordo che più sento dentro di me è quando passava Pippo: era un aereo piccolo ma quando arrivava faceva un frastuono che tremavano i vetri, le porte, e lì veramente era una paura tremenda, sia mia che dei miei genitori. Poi quando ripartiva, che se lo sentiva passare, era tutto silenzio. È questo proprio che mie è rimasto dentro, questo terrore addirittura, perché era veramente tremendo. Poi, passando i giorni, passando il tempo, continuavano a bombardare e io andavo al rifugio, i, mio padre mi accompagnava al rifugio e per portarmi lì mi preparavano una pentola con qualcosa dentro e io rimanevo tutto il giorno lì al rifugio, da bambina perché avevo sette, otto anni più o meno, e alla sera mio padre veniva a prendermi. Comunque è stata una vita di, di paura, di tremore, non si poteva uscire, e mi ricordo che alla sera, quando ci si chiudeva dentro, bisognava spegner tutte le luci e con una piccola candela avere questa, questo era tutto, il centro di tutto, no. Ti dirò che qualche volta si mangiava qualche volta no, questo non è importante, però mi ricordo di sentire fuori dei passi pesanti, come camminasse, non so, una squadra di persone, quella volta non sapevo cos’erano, dopo l’ho saputo, comunque continuando questo sistema, questo, ho capito che erano, che li chiamavano fascisti. Poi , andando ‘vanti col tempo le cose si sono un po’ calmate, però c’era sempre quest’ansia: non potevi uscire, non potevi, stare attento a tutto, dovei stare attento. Mi ricordo che quando, vicino a casa mia c’era una specie di canale, sai, la fame è una cosa chi l’ha provata che da bambina non è facile, e io attraversavo questo canale coi piedi nell’acqua e di là della rete c’erano dei militari: io penso inglesi, però. Comunque c’era uno, due che mi chiamavano, no, ‘Vieni, vieni bambina’ mi dicevano; io mi ricordo che mi davano la cioccolata e con questa si andava avanti anche due giorni come, come mangiare, no, però mi mandavano a casa, dice ‘Via, via’, ‘Casa, casa’ dicevano, e io ritornavo a casa; sia io, mia mamma e mio papà si può dire che avevamo qualcosa da mangiare, no, anche con due cioccolate: questo non lo dimenticherò mai. Perché vedi, ci sono delle persone che fanno del male ma nel stesso gruppo ci sono anche persone che fanno del bene, e questi erano le persone che mi hanno aiutato. Poi andando avanti nel tempo si erano, eravamo tutti quanti come sottoposti a una pressione di paura e ti dico che veramente queste bombe, [mimics explosions], in continuazione, più di notte, quasi di giorno qualche volta, e questo era veramente tremendo. Quello che ricordo, il mio ricordo sono le persone, le paure, i pianti di bambini, non si può dimenticar queste cose, non è una cosa facile; poi potevi uscire pochissimo. Mi ricordo che per prendere un chilo di polenta andavo a piedi fino a Turriaco, da bambina, mandavano i bambini perché gli adulti se no. Io devo dire grazie al Signore perché non mi è mai successo niente da bambina, camminavo co’ sta roba e si mangiava quei otto, dieci giorni che c’era: non è stato facile. Ci sono tante cose che in questo momento non riesco a ricordare, blocca.
PC: Lei prima mi parlava di Pippo.
SV: Sì, hai bloccato?
PC: Mmmh.
SV: Io parlo, poi ti arrangi. Allora, cosa. Sì, questo aeroplano era, veniva come un, lo sentivi già da lontano perché era forte, era potente, non so spiegarti bene, però quando arrivava lì [mimics loud aircraft noise], sentivi proprio una cosa pazzesca, però sinceramente non ricordo bene chi era, cioè, a parte che quella volta, sette, otto anni non è che vai a leggere l’aereo che cos’è, no, però veramente spaventava tutti; ma era così potente, come te l’ho già detto, che tremavano i vetri della casa veramente forte, e questo portava veramente tanto spavento nelle persone. Però una cosa posso dirla: tra noi c’era tanta comprensione, parlo di noi di gente che incontravi al rifugio, incontravi per strada quando si poteva, c’era più unione. Eh, quello che forse adesso manca.
PC: Lei mi parlava appunto nel, del rifugio…
SV: Sì.
PC: Cosa, cosa succedeva nel rifugio?
SV: Allora, si entrava da un piccolo buco, sai già, e lì eravamo giovani, vecchi, anziani, donne, donne incinte, anzi una mi, ha partorito nel rifugio con l’aiuto di tutti; c’era tanta unità, dividevi le cose anche, no, quello che portavo io, quello che portava l’altro [background noise], però stavamo lì tutto il giorno fino a notte inoltrata, veramente. No no era, c’è il male perché la guerra è male, ma c’era anche quell’unione di bene , di volersi bene, di aiutarsi, di stare assieme; ‘l spavento più grande, te lo dico, è stato veramente i, come si chiamano, i fascisti: quanta paura c’hanno messo addosso, quanta paura! Bussavano le porte, le finestre, non si sa il perché, tiravano fuori gente da casa, io come ti dico, gli urli sentivo, non ho visto personalmente, però gli urli, quelli non li dimentico mai, difatti come sto parlando mi viene un magone, perché piccola ma ricordo queste cose, e poi. Fermiamoci un momento. E così insomma, questa è la storia. Ci sono anche altre cose che forse adesso mi, non mi riaffiorano, debbo vedere qualche foto, qualcosa, non, che non ricordo bene, ma.
PC: Faccio ancora un’ultimissima domanda.
SV: Sì, fame.
PC: Riguarda questi ricordi qua: su quegli anni lì, poi con il passare degli anni, la sua, cos’è rimasto nella sua, nella sua memoria come, quello che è più legato a quegli anni lì proprio?
SV: Sinceramente, proprio sincero: quando mi ma, mi davano la cioccolata e mi mandavano a casa, [background noise] che dovevo correre subito a casa perché non succedesse qualcosa, diciamo, so che, perché se parliamo del male te l’ho già detto sono i fascisti, quello è stato proprio veramente brutto, come bene mi ricordo quello lì e soprattutto le persone, l’amore che c’era tra uno e l’altro, non lo dimenticherò mai: giovani, vecchi, bambini, grandi e piccoli, c’era un’unione perfetta, proprio cercavi il bene, no, cercavi il bene, sì.
PC: Quindi c’era una so, un senso di solidarietà all’interno.
SV: Molto forte, molto forte, sì sì. Specialmente nel rifugio perché stavi lì tutto il giorno, con tanti problemi che c’erano perché sai, un’intera giornata fino a sera nascosta lì sentivi il tremolio anche, sai quanto buttano le bombe [mimics explosions], tremava un po’ il rifugio però reggeva bene perché è stato fatto molto bene, sì. E così, questo per il momento, non mi viene. Poi ti dirò un’altra cosa che forse non, quando verso, no alla fine del, l’ultimo giorno della guera, l’ultimissimo, io avevo, lui lo sa, Geo Gastone, il fratello di mia mamma, era un, era nel, come si dice, quello d’avan, d’assalto, che andavano avanti, come si chiama, o Signore!
PC: Battaglione d’assalto.
SV: Bravo! Grazie. Battaglione d’assalto, lui era sempre in prima fila, sia per la sua caratteristica che era sempre tutto veloce nelle sue cose, finalmente si ritorna a casa , no, come tutti, e stava attraversando la piazza, da un campanile gli hanno sparato in testa, ‘na pallottola dum dum, sai cos’è no?, e lì è morto, ventotto anni. E anche quello mi ha fatto soffrire perché vedevi i miei nonni disperati, piangere. Ehhh, così la vita, no, combatti tanto poi torni a casa e l’ultimo giorno, l’ultimo momento, era questo cecchino che l’ha, sì che forse non c’entra poi vedrai tu come aggiustare, sono affari tuoi. Per il momento è così, non saprei cosa dirti.
PC: Signora io la ringrazio, è stata un’intervista bellissima.
SV: Comunque sincera eh!
PC: La ringrazio.
SV: Tutto quello che ti ho detto è verità pura.
PC: Grazie infinitamente.
SV: Sì.
Dublin Core
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Title
A name given to the resource
Interview with Stefania Vischi
Subject
The topic of the resource
World War (1939-1945)
Bombing, Aerial
Description
An account of the resource
Stefania Vischi recalls her wartime life in the Monfalcone area. Stresses how she spent long hours alone inside a shelter, frightened by explosions and tremors. Contrasts the horror of being at the receiving end of the bombing war and the strong community spirit among the population. Mentions food shortages, the threatening presence of "Pippo" and the shock of fascists round-ups. Recalls a relative who was killed the last day of war and speaks with gratitude of Allied troops who gave her chocolate, which she shared with her malnourished family.
Creator
An entity primarily responsible for making the resource
Pietro Commisso
Contributor
An entity responsible for making contributions to the resource
Marco Dalla Bona
Format
The file format, physical medium, or dimensions of the resource
00:12:48 audio recording
Language
A language of the resource
ita
Identifier
An unambiguous reference to the resource within a given context
AvischiS160806
Spatial Coverage
Spatial characteristics of the resource.
Italy
Italy--Turriaco
Italy--Monfalcone
Date
A point or period of time associated with an event in the lifecycle of the resource
2016-08-06
Publisher
An entity responsible for making the resource available
IBCC Digital Archive
Rights
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Type
The nature or genre of the resource
Sound
Coverage
The spatial or temporal topic of the resource, the spatial applicability of the resource, or the jurisdiction under which the resource is relevant
Civilian
bombing
childhood in wartime
fear
home front
perception of bombing war
Pippo
round-up
shelter